Kussomaten, “vagine fotografiche”, l’ultima frontiera del femminismo nordico!
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Il “Kussomat” che, per chi non mastica il danese, suona “la cabina (fotografica) della fica”, è un progetto che sensibilizza le donne alla conoscenza del proprio corpo. Promosso dalla K. Vinders Fond, è stato presentato in occasione della festa internazionale della donna, l’8 marzo scorso, presso il Goethe institut di Copenhagen.
Da allora, il caso Kussomaten è scoppiato: in tutto e per tutto, una ficata!
Perchè mai costruire una cabina per fotografare la propria…mm…errr…Kusse? Questi danesi sono ossessionati dal sesso! In fondo non dovremmo stupirci, dato che non sono nuovi all’uso della sessualità per scopi…altri. Data 2009, l’episodio di Karen, ragazza madre che cerca il padre del suo bebé via youtube. Messaggio telematico, rivelatosi poi una trovata di marketing dell’ufficio del turismo danese. Oppure la campagna stradale del 2006, dove, per sensibilizzare gli automobilisti, furono ingaggiate belle ragazze in topless perché reggessero cartelli indicanti il limite di velocità sul ciglio della strada. Nonostante la dubbia eticità, qualcuno era convinto funzionasse. Ma il Kussomaten non ha niente a che fare con tutto questo, ci spiega Beate Detlefs, membro della K.Vinders Fond e promotrice dell’iniziativa. Tutt’altro. La cabina della vagina è un’opera costruita dalla donne, per le donne. Un progetto che aspira a promuovere la coscienza e l’accettazione del proprio corpo. Questa volta uno scopo…alto.
Cafebabel.com: Allora questo Kussomat…di cosa si tratta?
Beate Detlefs: E’ un progetto ideato dalla K.Vinders Fond, un’associazione impegnata nella sensibilizzazione e divulgazione di temi femminili. Dal 1975 l’associazione pubblica regolarmente un libro (Kvinde kende din krop) “Donna, conosci il tuo corpo”. Lo scorso anno, abbiamo deciso di proporre qualcosa di aggiuntivo al libro e ci è venuta l’idea di una cabina fotogratica per le parti intime femminili. Con questa collezione fotografica di parti intime femminili sensibilizziamo le donne alla conoscenza del proprio corpo.
Cafebabel.com: Ma nel XXI secolo c’è ancora bisogno dell’educazione sessuale?
Beate Detlefs: Nel 2010, uno studio dell’associazione di pianificazione familiare danese (Sex and Samfundet) ha rivelato che il 29% del campione di giovani donne non si sente a proprio agio col proprio corpo e soprattutto con le proprie parti intime. Molte giovani donne credono siano brutte o anormali, perché le figure di riferimento prese da internet, per esempio, sono spesso foto ritoccate o di donne che si sono già sottoposte a operazioni di chirurgia plastica. E’ stupido che una donna pensi di sottoporsi ad un intervento solo perché non ha idea di come diversificata sia la morfologia del corpo femminile. In questo senso, Kussomaten vuole mostrare alle giovani donne ciò che normalmente non si vede. Contrariamente agli uomini il cui organo maschile è più visibile, quello delle donne è più difficile da conoscere perché nascosto. Il progetto vuole promuovere la presa di coscienza della realtà del nostro sesso, che è variegata e non per questo anormale o malata. Siamo convinte che vedendo tanta diversità, le giovani donne potrebbero recuperare fiducia in se stesse e nella loro sessualità.
Cafebabel.com: Chi ha costruito il Kussomaten?
Beate Detlefs: Per la realizzazione abbiamo messo il bando del progetto “kussomat” in un project database della facoltà di ingegneria. Dopo venti minuti qualcuno si era già preso carico del progetto! Il kussomat è stato realizzato da quattro studentesse di ingegneria che, entusiaste, si sono gettate a capofitto nel progetto ed in sole tre settimane lo hanno realizzato.
Cafebabel.com: Sembrerebbe un successo, ma l'opinione pubblica come ha reagito?
Beate Detlefs: Alcuni ci hanno additato come le solite femministe che guardano con nostalgia agli inguini rigogliosi degli anni 70. Non è cosi, nella collezione del kussomaten ci sono vagine depilate e non. Il problema non è la depilazione, piuttosto le turbe psicologiche che forse derivano dalla diffusione di questa pratica. Comunque in generale la risposta è stata positiva. L’8 marzo abbiamo collezionato ben 70 fotografie, e la fila di donne venuta per dare il proprio contributo al progetto arrivava sin fuori dai locali del Goethe institut. Altre 70 fotografie sono state raccolte quando la cabina è stata spostata alla facoltà di medicina, qui a Copenahgen. Tutti i media danesi ne hanno parlato, ci hanno scherzato su, certo, ma siamo certe che il messaggio vero sia passato. Nonostante le vignette satiriche si prendevano gioco del Kussomat, il rispetto per la causa è sempre trasparso. Ora ci chiama anche la stampa estera. Non ci saremmo mai aspettati tanta popolarità.
Cafebabel.com: Visto il successo, il Kussomat andrà in tour?
Beate Detlefs: Sì e no. A giugno sarà al Roskilde Festival, ma la cabina è stata realizzata con materiali economici ed è piuttosto fragile. Non sappiamo nemmeno se reggerà la pioggia al festival. Ce l’hanno anche chiesta da San Francisco, ma far girare il Kussomat non è la nostra priorità, preferiamo usare il nostro piccolo budget per altri progetti. L’idea è lanciata, è stata ben accolta, e speriamo sia servieta, questo è l’importante. Anche lo scopo di un centinaio di fotografie che ci eravamo prefissate è stato ampiamente raggiunto. Possiamo dirci molto soddisfatte. Certi signori ci hanno addirittura chiesto di costruire una cabina simile per uomini…
Cafebabel.com: Un Pikomat, giusto?
Beate Detlefs: Si, ma noi abbiamo risposto: che se lo costruiscano da soli.
L'idea però è piaciuta al quotidiano Politiken, che ha ne ha fatto una divertente vignetta