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"Kobane resiste, ovunque è resistenza!"

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Firenze

Negli ultimi giorni di gennaio Kobane è stata liberata dall'occupazione dell'ISIS grazie all'azione delle YPG e delle YPJ, Unità di Difesa del Popolo curdo. La città del Rojava, che si è guadagnata il soprannome di piccola Stalingrado curda, è un grande esempio di lotta per l'autodeterminazione dei popoli.Ne abbiamo parlato con la Comunità Curda Toscana. 

Kobane non è più nelle prime pagine dei giornali, ma Kobane esisteva prima che i riflettori si rivolgessero alle strade della città sconvolte dalla guerra, ed esiste anche ora che la sconfitta dell'ISIS da parte delle milizie curde non fa più notizia.

Questa città del Kurdistan del sud (Siria del nord) ha suscitato interesse a livello internazionale quando ha rischiato di essere occupata interamente dallo Stato Islamico, gruppo terrorista islamista attivo in Medio Oriente, nel settembre scorso. E' salita nuovamente alla ribalta appena qualche settimana fa, quando è stata completamente liberata dall'invasione dell'ISIS e la popolazione del luogo ha potuto riprenderne il controllo.

Nella lotta contro il terrorismo dei fondamentalisti islamici sono intervenute anche le forze occidentali, ma in questo campo i veri protagonisti sono stati - e sono - attori più "discreti" e talvolta trascurati dalla stampa occidentale: il popolo curdo, con le sue forze armate.

Il Kurdistan è una regione del Medio Oriente che, a seguito della caduta dell'Impero Ottomano, è stata divisa tra i territori della Turchia, della Siria, dell'Iran e dell'Iraq, in questo quadro di spartizioni i Curdi rivendicano da sempre la loro autonomia. Gli Stati che ufficialmente hanno sotto il loro potere le zone del Kurdistan hanno spesso vietato alla popolazione di origine curda di parlare la propria lingua o seguire le proprie tradizioni. Negli anni '70 nacque in Turchia un'organizzazione che rivendicava l'indipendenza del popolo curdo attraverso una forma di "confederalismo democratico". I primi esempi in questo senso stanno avendo luogo nel Kurdistan "siriano", nel Rojava, ossia la Regione in cui si trova Kobane. Qui le YPG, Unità del Protezione del Popolo, e le YPJ, le Unità composte interamente da donne, combattono ed hanno combattuto negli anni scorsi le forze dell'ISIS.

L'esempio del Rojava è molto importante per i curdi perché dimostra la fattibilità delle loro rivendicazioni ed in questo senso Kobane è una città-simbolo. Abbiamo decido di parlarne con Dilan Sunmez, giovane ragazza membro della Comunità Curda toscana.

Ciao Dilan, ti va di parlarci della Comunità Curda in Toscana e delle attività che svolge?

Noi abbiamo un'associazione con sede a Pontedera. Come comunità il nostro compito in Toscana è organizzare e partecipare alle iniziative, organizzare serate culturali e, ovviamente, quando succede qualcosa in Kurdistan, organizzare manifestazioni di solidarietà per il nostro popolo.

Parlando invece del Kurdistan: com'è organizzato e diviso? Quali sono le differenze tra la parte irakena, siriana, iraniana e quella turca?

Il Kurdistan è diviso in quattro parti tra Turchia, Iran, Iraq e Siria. Come popolo siamo 40 milioni di cui 20 milioni risiedono in Turchia. Le differenze tra queste parti sono soprattutto linguistiche ed il principio della nostra lotta è proprio la lingua. In Iraq esiste una vera e propria regione curda, anche se non è uno Stato, e la lingua curda non è mai stata vietata. In Siria non hanno mai avuto il problema della lingua, ma non è mai stato permesso insegnare il curdo nelle scuole: i Curdi siriani risiedono nello Stato con lo stuatus di immigrati e questo significa che hanno bisogno di un permesso di soggiorno per restare in territorio siriano. In Iran la lingua Curda è accettata, ma non l'esistenza dell'identità, mentre in Turchia non vi è alcun tipo di riconoscimento.

Dal punto di vista organizzativo un esempio importante è quello del Rojava, una Regione organizzata in base al sistema dei cantoni in seguito alla rivoluzione del 2012. La zona è divisa in tre cantoni, Cizîr, Kobanê, Efrîn, ognuno dei quali al suo interno è organizzato in Consigli del popolo. Conta la voce di tutti: in ogni paese esistono il Consiglio dei contadini, quello delle donne e così via. Questi Consigli portano le varie rivendicazioni al Parlamento e questo sistema di autogestione è il principio del confederalismo democratico. La cosa più importante del Rojava è la presenza delle donne in tutti gli ambiti della vita pubblica e privata: anche nella lotta contro l'ISIS le donne sono le figure più importanti.

A proposito della lotta contro l'ISIS: qual è il ruolo del popolo curdo e delle Unità di Difesa sia femminili che maschili nella lotta contro lo Stato islamico?                                  Nel Rojava combattono le YPG e le YPJ, entrambe formate dal popolo curdo non solo siriano e legate ideologicamente al PKK. L'ISIS è molto forte sia dal punto di vista militare che da quello comunicativo a livello globale. Il nostro obiettivo non è difendere solo i Curdi, ma l'intera umanità e per noi in questo scopo il ruolo della donna conta tanto. Come diceva Öcalan (leader del PKK n.d.a.) "La libertà della donna è la libertà del popolo". Il ruolo delle donne è fondamentale: per i terroristi dell'ISIS quando si muore per mano di una donna non è possibile andare in paradiso. In questa lotta le donne curde hanno dimostrato di essere capaci di difendere la loro terra. Loro non hanno lottato solo per la dignità del popolo curdo, ma per la dignità di tutta l'umanità. Kobane ha ricordato che le YPJ sono state istituite per eliminare la mentalità del "maschio dominante" e queste militanti ne sono il simbolo per noi donne curde e per quelle di tutto il mondo. Per la liberazione di Kobane stessa dobbiamo ringraziare proprio una di loro: Arin Mirkan Dicle, combattente delle YPJ e madre di due figli, che, con un attacco suicida, è riuscita ad aprire la strada alle nostre Unità.

Riguardo alla liberazione di Kobane: perché questa città è così importante per il Kurdistan?

Per noi in ogni parte della Regione ci sono città più attive. Non solo Kobane è una di queste, ma è anche strategicamente importante per la sua posizione: se cade Kobane tutto il Kurdistan siriano può essere occupato, poiché la città si trova proprio sul confine con la Turchia ed è molto interessante per più forze.

Che ruoli pensi abbiano invece avuto le potenze occidentali nella lotta contro l'ISIS? Cosa ne pensi del fatto che il PKK, realtà molto attiva in Kurdistan nella lotta contro lo Stato Islamico, sia annoverato tra le organizzazioni terroristiche nella lista stilata da U.S.A., UE, Turchia e Iran?

L'ISIS è un'organizzazione attiva da anni, è composta da 32-34 gruppi e molti membri sono europei o provenienti da Paesi non arabi. I Paesi occidentali sono già in ritardo ed anche quando hanno deciso di intervenire i loro bombardamenti sono stati, secondo noi, inefficaci e poco utili. Anche se formalmente gli U.S.A. e la Turchia hanno dichiarato guerra all'ISIS, noi sappiamo che negli anni passati questi gruppi terroristici sono stati appoggiati e finanziati da quegli stessi Stati che ora li bombardano. Metà degli aiuti che sono stati mandati nei momenti più tragici a Kobane sono arrivati nella mani dell'ISIS e questo evento non può essere una coincidenza o un errore.

La prima cosa che dovrebbero fare le potenze occidentali è eliminare il PKK dalla lista delle organizzazioni terroristiche! Il PKK è un protagonista fondamentale nella lotta allo Stato Islamico e il fatto che sia menzionato come organismo terroristico toglie legittimità alla sua azione così importante.

Un'ultima domanda: quanto e in che modo contano l'appoggio e la solidarietà di coloro che non appartengono al popolo Curdo? In che modo il mondo deve rivolgere la sua attenzione a questa questione?

Un esempio? Il primo novembre, quando per le strade di Firenze ha sfilato un grande corteo in solidarietà ai combattenti di Kobane. Questa manifestazione ha risollevato molto gli animi delle nostre Unità: noi non abbiamo vinto la battaglia solo combattendo con le armi... Noi non possiamo chiedere a un italiano di andare in Kurdistan a combattere con il nostro popolo, però gli possiamo chiedere di credere nella nostra lotta, di informarsi e di far sentire questa voce.

(Breve documentario sulle YPJ, Unità di Difesa del Popolo, interamente composta da donne)