Khalid e la generazione dei ponti-mediatori
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Presidente dei Giovani Musulmani Italiani, Khalid Chaouki scuote le coscienze. Con un Manifesto pubblicato sul Corriere della Sera attacca il fondamentalismo. E promuove una società multiculturale.
Vale la pena conoscerli meglio i giovani musulmani che vivono accanto a noi. Per scoprire, forse, che l’Europa ha già al suo interno molte delle risposte che cerca alle minacce e alle sfide di oggi. Basti pensare a Khalid Chaouki, 21 anni, originario di Casablanca, tra i promotori del “Manifesto contro il terrorismo e per la vita” pubblicato il 2 settembre sul Corriere della Sera. Khalid è un figlio dei nostri tempi: come tanti suoi coetanei arriva in Italia a 9 anni per ritrovare suo padre. Nel 2000 fonda l’Associazione Giovanile Islamica “Il Mediatore”, con l’idea di creare un ponte tra la cultura islamica e l’Occidente. Nel settembre 2001 è tra i co-fondatori dell’associazione Giovani Musulmani d’Italia, che presiede dal 2003.
Lotta al terrorismo...
Khalid punta tutto sulla forza del dialogo tra culture e religioni diverse: “un dialogo che non appiattisce le differenze, non assimila le identità, ma costruisce un confronto in chiave positiva, di arricchimento per tutta la comunità”. Per questo si è schierato “in modo totale, assoluto e compatto contro il terrorismo” in un Manifesto che ha fatto grande scalpore in Italia. E che ha riunito imam, direttori di centri culturali, giornalisti, donne, giovani universitari. Tutti uniti per attaccare senza mezzi termini chi ha strumentalizzato l’Islam con “un’interpretazione estremistica e deviata, scatenando una guerra aggressiva del terrore contro il mondo intero e la comune civiltà dell’uomo”. Il contesto? Quello del sequestro in Iraq dei giornalisti francesi Georges Malbrunot e Christian Chesnot e dell’esecuzione del reporter Enzo Baldoni. Ma anche quello di una radicalizzazione crescente delle moschee italiane (solamente in quella di Roma sono stati allontanati due imam nel giro di un anno). “Diciamo in modo esplicito che le moschee d’Italia non devono in alcun modo trasformarsi in un cavallo di Troia di ideologie integraliste e di strategie internazionali volte a imporre un potere islamico teocratico e autoritario.”
...ma nessuno tocchi il velo
Quello di Khalid è il volto giovane dell’Islam moderato, che non rinuncia tuttavia a rivendicare la sua identità: per questo a Londra, il 4 settembre, c’era anche la sua adesione per l’“International Hijab Solidarity Day” a tutela del diritto delle donne musulmane di indossare il velo. Così come aveva già manifestato la sua contrarietà alla legge francese che proibisce l’ostentazione di simboli religiosi nelle scuole.
Khalid è un giovane musulmano moderato, ma si sente anche e altrettanto un giovane europeo. Pensa che l’Europa vada costruita lavorando di più sull’integrazione delle popolazioni immigrate. Un esempio? “Pensiamo alla scuola. Noi musulmani puntiamo ad essere prima di tutto cittadini. La questione religiosa è importante, ma è un fattore privato. Ci vuole una scuola laica, pubblica e pluralista” dichiara a café babel. In un’Europa che non è più solo cristiana, sarebbe utile “permettere un insegnamento pluralista della religione”. Per questo è contrario all’istituzione di classi separate per i musulmani, così come a sovvenzionare le scuole coraniche: “la scuola separata non aiuta il buon cittadino di fede islamica che deve conoscere appieno la cultura del paese in cui vive. La nostra fede ci spinge a vedere le diversità come un’opportunità, a conoscere gli altri. Non a separarci”.
Per Khalid, lavorare sull’integrazione in un continente come l’Europa, significa soprattutto riconoscere un ruolo centrale ai giovani: li chiama “ponti-mediatori” tra la cultura islamica e l’occidente, “tra i padri e i figli della nuova presenza islamica”, tra gli immigrati di prima e seconda generazione. I giovani musulmani si sentono figli dell’Europa, sono “quell’Islam di carne che oltre a pregare Allah lavora e studia al nostro fianco nel quotidiano”. Sono disponibili – ben più dei loro padri – a ricercare “un terreno comune di condivisione di valori e principi per una positiva convivenza: il rispetto della legge e la libertà, due fondamenti del nostro vivere civile”.
La mano tesa di Khalid e di tanti giovani musulmani è un’opportunità che l’Europa di Bruxelles, alle prese con la spinosa questione dell’adesione della Turchia, non può sprecare. Comunque vada, la loro voce si farà sentire lo stesso. D’altronde il motto che si sono scelti non lascia dubbi: “Protagonisti noi, con l’aiuto di Dio”.