Juste la fin du Monde - Dolan colpisce ancora
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Vincitore del Grand Prix al Festival di Cannes 2016, esce finalmente in sala Juste la fin du monde (E' solo la fine del mondo), il nuovo film del regista canadese, Xavier Dolan, ormai non più giovane promessa, ma autore affermato.
Con Juste la fin du monde, Xavier Dolan, classe 1989, esce dai panni della "promessa" e si consolida come regista di talento assoluto. Il sesto lungometraggio del regista canadese è basato sull'omonima pièce teatrale di Jean-Luc Lagarce, attore, regista e scrittore francese, scomparso nel 1995, a soli 38 anni, a causa dell'AIDS.
Un pranzo in famiglia lungo come un viaggio al centro di se stessi
Dolan torna a raccontare l'incomunicabilità scegliendo stavolta un testo che non gli appartiene, ma che riesce a fare totalmente suo. E lo fa grazie a uno stile inconfondibile che trasforma le suggestioni in frecce affilate che colpiscono, inevitabilmente, i bersagli.
Il film è un'opera forte che gioca su un tipo di tensione familiare allo spettatore, il quale sperimenta un'aggressione in prima persona.
Mettendo in scena il ritorno sofferto di Louis, che dopo 12 anni di lontananza da casa, è costretto a tornare per comunicare alla sua famiglia che è gravemente malato, Dolan ci presenta un nucleo famigliare in cui l'incapacità di capirsi spaventa più della morte.
Louis ha paura di rivivere ogni momento con loro come se nulla fosse cambiato; di ritrovarsi davanti tutto ciò che l'aveva convinto a partire. E allora la sua casa si trasforma in un palcoscenico dove gli interpreti sono afflitti dalla loro stessa distanza dalla realtà: un pranzo in famiglia diventa l'occasione per manifestare rabbia, risentimento e amore soffocante.
Ed è un pranzo di poche ore che è frammentato in una molteplicità di momenti che poco a poco decostruiscono le buone intenzioni di Louis. Le ricriminazioni dei parenti lasciano che gli affetti soccombano.
La realisticità di Xavier Dolan si contamina con il videoclip
Anche in questo film, come nei precedenti Mommy e Laurence anyways, i protagonisti di Dolan sono "tridimensionali" e tendono la mano all'esterno dello schermo; sono profondi, sfaccettati, realistici. E' difficile giudicare chi abbia torto e chi ragione, perchè ognuno ha qualcosa da dire o un punto di vista che mette in luce elementi passati inosservati precedentemente.
Louis è fuggito da una madre poco attenta, dalla rabbia trascinante del fratello più grande, ma anche dalla possibilità di conoscere meglio sua sorella più piccola o di assumersi le responsabilità di uomo adulto. Tutto è relativo ma non ambiguo, ogni cosa è così come appare, senza orpelli surreali. Gli unici momenti in cui Dolan si prende la licenza di cedere ad una personalissima visione degli eventi sono i flashback di Louis. Il primo rappresenta un viaggio nell'infanzia, il secondo nell'adolescenza. E le immagini e la musica sono così ben coniugate da illuderci che quei ricordi ci appartengano.