Juliette Dragon e la maieutica del burlesque
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Il Cabaret des Filles de Joie è da dieci anni la scena principale del burlesque a Parigi. Incontro con Juliette Dragon, attrice, cantante, esplosiva performer e regina indiscussa del teatro di rivista francese, fondatrice dell'unica scuola di burlesque della capitale.
“La regina del Burlesque ha un ufficio?”, questo mi chiedono increduli in redazione alla notizia dell’intervista con Juliette Dragon, sovrana indiscussa della scena burlesque parigina, che incontro proprio nel suo ufficio nei pressi di Montreuil. Nella tranquilla rue des Vincennes, al primo piano di un placido edificio, Juliette mi aspetta dietro un computer, circondata dal suo staff nel quartier generale del Collectif Surprise Party. Altissima, senza un filo di trucco, un berretto nero calato sul volto luminoso, non indossa strass o paillettes ma solo un paio di jeans e una felpa.
La maieutica del Burlesque
“Mi è successo non poche volte di essere scambiata per un uomo in scena”, racconta, “e gli uomini vogliono assicurarsi di avere davanti una donna prima di farti un complimento”
“Ho cominciato a spogliarmi per giocare con il fuoco”, spiega sorridendo. E, fuor di metafora, è andata proprio così. Juliette si esibiva vestita degli abiti più belli, sontuose cornici di piume e merletti, e “non potevo certo bruciarli!”. Per il suo numero pirotecnico, era fondamentale cominciare con uno spogliarello preventivo e mettere al riparo i preziosi abiti di scena. Era il 1993 e la scena alternativa di Montpellier è stata il teatro delle sue prime performance, con la compagnia Glück Family. “Ho iniziato a lavorare nel burlesque ai rave nella mia città, incontrando trasformisti, artisti e cubiste”. Poi l’arrivo nella capitale, nel 1996. Con nostalgia ricorda le feste al Palace, mitica sala parigina. “Ci ho lavorato per dieci giorni prima che chiudesse”, ricorda Juliette. “Mi sono esibita a lungo da sola”, racconta, “ma dopo qualche anno ho iniziato a sentire il bisogno di confrontarmi con altre personalità, con altri corpi, che fossero diversi dal mio”.
Da qui l’idea di avvicinarsi ad altri artisti, ma non solo, di creare una scuola, che fosse soprattutto luogo di confronto, solidarietà e amicizia. Nasce così nel 2003 il Collectif Surprise Party, associazione di base a Parigi volta a sostenere e promuovere l’arte del Burlesque e del New Burlesque, che ha da poco celebrato i suoi primi 10 anni con un grande party alla Bellevilloise. E nello stesso anno prende il via anche la scuola, l’Ecole des Filles des Joie, che punta a tirare fuori l’essenza burlesque da ogni donna. “Mescoliamo gli archetipi e risvegliamo il desiderio”, ammicca Juliette che garantisce l’efficacia del suo metodo maieutico. “Il mio è un lavoro sulle apparenze”, spiega. “Mi è successo non poche volte di essere scambiata per un uomo in scena”, racconta, “nascosta sotto gli abiti e in più, con il mio fisico mascolino, non era così difficile farsi prendere per quello che non si è”, sorride. "Questa confusione spaventava non poco gli uomini, che vogliono assicurarsi di avere davanti una donna prima di fare un complimento”.
“Sentirsi più belli è importante”, spiega, "e nella mia scuola si impara a prendere confidenza con il proprio corpo, con le sue particolarità, attraverso il gioco e la danza". E soprattutto, è necessario che le donne si frequentino, imparino a conoscersi, a guardare i propri fisici. “Le mie lezioni sono aperte alle donne di ogni età”, spiega, “il più difficile è venire qui, iniziare, ma superata la prima lezione è tutto in discesa”. E così ci si diletta a svestirsi in maniera elegante, ad acconciarsi i capelli come negli anni Cinquanta, ad ancheggiare e ad attorcigliarsi a un palo. L’arte della seduzione al servizio dell’affermazione personale.
Burlesque impegnato
“Siamo un paese laico, non ha senso manifestare di fronte Notre-Dame, noi e le Femen abbiamo battaglie diverse”.
“Il femminismo degli anni ’70 ha insegnato alle donne a odiare gli uomini, io punto alla riconciliazione”, continua Juliette. “Di solito si finisce per odiare quello che non si ha”, spiega. E la conversazione scivola inevitabilmente sulle Femen, di recente installatesi nella capitale francese. “Di certo, hanno scritto una pagina del femminismo contemporaneo”, dichiara, “ma sono lontane dallo spirito che si respira qui in Francia”. “Siamo un paese laico”, continua, “non ha senso manifestare di fronte Notre-Dame, abbiamo battaglie diverse”. La stessa Juliette si è impegnata in numerose battaglie sociali. “La tradizione del burlesque francese non è schierata”, precisa, “ma la mia lo è”. L’Ecole des Filles de Joie si è, infatti, pronunciata a favore del matrimonio gay, dei diritti degli omosessuali e, di recente, anche contro le strumentalizzazioni del corpo femminile da parte della politica. “Il ventre delle donne non può diventare un laboratorio per le ideologie”.
“Adesso cerchiamo un mecenate”, sorride, “un teatro solo per noi, dove poterci esibire tutte le sere, una sorta di Moulin Rouge per tutti”, alla portata di tutte le tasche. “Non voglio essere costretta a lasciare la Francia”, continua, “ma mi batto per restare nel mio paese”. Reduce da una tournée di due mesi in California, Juliette non ha intenzione di andare via da Parigi. “Sì, non è facile”, continua, spiegando come le sovvenzioni statali siano state ancora una volta dirette ai soliti noti e alle grandi etichette, “noi ci abbiamo messo dieci anni per diventare quello che siamo oggi, ma non è una buona ragione per scoraggiarsi”. Un proposito che si scontra con l’attitudine al piagnisteo tipica degli indigeni, ma “io quelli che si lamentano li licenzio”, tronca Juliette.
L'eredità di Colette
“Ci ispiriamo alle prime figure del burlesque parigino”, precisa, raccontandomi di Blanche Cavalli e del suo Coucher d’Yvette, tra i primi spettacoli di rivista francesi, dove, sul finire dell'Ottocento, un pubblico emozionato si accontentava di guardare una fanciulla svestirsi, sbottonare il corsetto, sciogliere i capelli e prepararsi per la notte.
Essere provocanti e sovversive, ma con dolcezza e grazia, sembra essere la regola di Juliette e delle sue ragazze. “Abbiamo un precedente illustre”, conclude, citando l’impertinente Colette, accompagnata, ovunque andasse, da un dolce profumo di scandalo e imprevedibilità, come diceva di lei Jean Anouilh, “l’impudicizia più fiera, il piacere più saggio, la libertà più insolente”.
Foto: © carré. Video: © DimitriLepretre/YouTube