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JULIANA BUHRING E IL BRIVIDO DELLE SFIDE IMPOSSIBILI

Published on

Napoli

Il termine “Endurance” con il suo forte rimando al concetto di “resistenza “ comprende il senso più profondo delle gare di lunga durata.

“Ogni sfida ti cambia in qualche modo. Le mie più che prove fisiche sono delle sfide mentali. È la testa a dire al corpo cosa fare, è la determinazione che mi spinge a pensare in ogni caso lo farò. Più lontano vai, più diventi e ti senti forte”.                        ​Juliana Buhring                                                                                                                                                    C’è un interessante paragone tra l’esplorazione e gli sport estremi. Definitivamente terminata con la globalizzazione la gloriosa epoca delle esplorazioni geografiche, e non essendo ancora alla portata di tutti l’esplorazione spaziale, l’istinto d’irrequietezza che da sempre spinge gli ardimentosi a imbarcarsi verso imprese impossibili, noncuranti dei pericoli, pare sia stato egregiamente sublimato nella pratica dei cosiddetti sport estremi.  Mossi dall’insaziabile sete di avventura che muoveva gli impavidi esploratori, gli sportivi estremi tentano di andare oltre la banalità del quotidiano e ricercano strenuamente le imprese più dure e folli. Proprio in queste situazioni al limite del possibile, ci sono donne che grazie alla propria tenacia sono in grado di  conquistare   tutto,   con determinazione e senza                                                                                                       paura. 

L’emozionante storia di Juliana Buhring e del suo giro del mondo in bicicletta compiuto nel 2012, ha appassionato molte persone. Nonostante le sia stata negata la rilevanza ed il clamore mediatico dei grandi eventi,  la spontaneità e il coraggio di Juliana hanno fatto sì che una rete di solidarietà globale le permettesse di continuare la sua impresa, per lo più priva di supporto, consentendole di portare in giro la sua storia: da piccola bimba derubata della sua infanzia a giovane donna dalle sfide impossibili. 

Lo scorso luglio la Guinness World Record finalmente le attribuisce il primato e così Juliana è ufficialmente la prima donna ad aver stabilito il record di velocità di “circumnavigazione” del globo in bicicletta. La Buhring è sempre pronta a spiegare che la sua è una “fuga” per la vittoria di tanti piccoli disagiati, vittime dei perversi fondamentalismi di alcuni credi religiosi o ideologici, cui la Safe Passage Foundation, l’organizzazione benefica da lei fondata, cerca di dare una seconda opportunità.

Ad agosto Juliana Buhring è nuovamente l’unica ciclista donna a competere nella Quick Energy Transcontinental Race 2013, la più lunga ed estenuante corsa in bici europea, partita il 03 agosto da Londra sul ponte di Westminster e conclusa a Istanbul presso il Castello di Rumeli Hisari, passando per le Alpi. Senza supporto. Senza restrizioni. Senza pari. La TCR è la prima gara europea mono-tappa della categoria Endurance, una distanza minima da coprire di 3200Km con solo due checkpoint, uno nelle Fiandre e uno sulle Alpi. Per il resto l’organizzazione della gara, ideata da Mike Hall (detentore non riconosciuto dell’ultimo record maschile di giro del mondo in bici), ha lasciato ampia autonomia ai partecipanti rispetto al percorso da seguire e alla tempistica per coprirlo. Dei 31 iniziali solo 22 partecipanti sono arrivati fino in fondo, tra questi al 9° posto il 15 agosto si è piazzata Juliana. 

Qual è la differenza tra una sfida con se stessi e una con altri concorrenti? Quale ti è sembrata maggiormente motivante?

Sicuramente la TCR è stata molto più impegnativa e faticosa, sebbene di durata inferiore rispetto al bike world tour! Se il giro del mondo è stata un’avventura meravigliosa, nonostante le difficoltà, la TCR è stata fino all’ultimo solo fatica e dolore, non c’è un momento in cui sia riuscita a godermi il viaggio. Ma essere arrivata nella top ten, unica donna, una principiante con appena due anni di esperienza ciclistica, è stata una grande soddisfazione. Ho capito quanto sono forte. Scoprire i propri limiti provoca una sorta di dipendenza ed io non sono ancora riuscita a capire fin dove posso spingermi.

“Avevo deciso che il miglior modo per superare il mio muro mentale, fosse pedalarci dentro”. Mi piace molto questa citazione dal tuo blog, un’affermazione forse un po’ kamikaze, ma è un inno alla determinazione estremamente realista. 

Nulla può fermare un endurer che abbia il giusto atteggiamento mentale, dal raggiungere il suo obiettivo: ma non c’è niente a questo mondo che possa aiutare una persona che abbia un atteggiamento mentale sbagliato. La notorietà non m’interessa. Continuo ancora a chiedermi perché nel mondo non si parli quasi mai delle straordinarie imprese realizzate dalle donne. In pratica si parla solo delle atlete, la cui avvenenza le rende spendibili nella comunicazione mediatica più come oggetti sessuali, che in quanto eccellenti sportive. Cedere al lusso delle copertine  patinate, alla celebrità di strapagati servizi fotografici è più facile e remunerativo delle sfide. La sfida mette a nudo la propria anima, non il proprio corpo. Ma la nostra è una società essenzialmente fondata sulla paura, condizionata da una mediocrità preimpostata. 

Lo scorso 16 maggio hai postato una sorta di lettera aperta, rivolta ai mass media che troppo spesso hanno abusato della tua storia personale, mercificando le tue sofferenze, in cui concludi dicendo di sentirti esclusivamente vittima del giornalismo irresponsabile.

Dopo la pubblicazione del libro Not Without My Sister, ho iniziato ad avere difficoltà anche a trovare lavoro, l’eccessivo clamore aveva creato un’immediata associazione tra me e le scomode realtà della setta. Non vorrei che fosse questa la causa della mia attuale difficoltà a trovare uno sponsor ufficiale.  Eppure ho dimostrato buone capacità. Fondamentalmente credo ci sia anche un pregiudizio di genere, pare che il format donna-sport-avventura non sia molto richiesto nel circuito mediatico, sempre che non si decida di scendere a compromessi, connotando il tutto con un ammiccante risvolto sexy. 

Intanto Juliana continua la sua di avventura e progetta di partecipare al prossimo Tour Divide, la dura competizione in mountain bike, circa 4500 km senza supporto, che si svolge lungo la Great Divide MTB Route sulle Montagne Rocciose dal Canada al confine tra US e Messico. Di solito su 150 partecipanti in media ci sono solo due o tre donne. Ma forse saranno i maschietti ad avere più paura di Juliana la super biker da brivido!