Joonas Neuvonen: tossicodipendenza sul grande schermo
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Antonella SelisReindeerspotting - Escape from Santaland è un documentario finlandese sui tossicodipendenti, che probabilmente non vedrete mai al cinema. Molto criticato in Finlandia, dove è accusato di promuovere le droghe pesanti, è stato proietatto a Parigi nell’ambito del festival L’Europe autour de l’Europe. E fa molto parlare di sé sui social network. Un Trainspotting versione web 2.0?
Il paragone è lusinghiero e il titolo così come il trailer di Reindeerspotting con la sua musica asincrona sono un omaggio al film di Danny Boyle. Ma le somiglianze finiscono qui. Trainspotting era un film, non un documentario. Neuvonen si concentra su un solo personaggio, Jani Raappana, e non su un gruppo di amici. È un film che non rischia di diventare eurogenerazionale dal momento che rimane profondamente ancorato alla realtà deviata del regno di Babbo Natale: Rovaniemi, una città noiosa dove la giovinezza è depressa e intossicata. Impressione rafforzata dal mio incontro con il regista, Joonas Neuvonen e con il montatore Sadri Cetinjka.
Fuga dalla Finlandia verso i paradisi artificiali
Dreadlocks, barba lunga da metallaro e aria da ribelle, Joonas è un colosso. Ovviamente arriva in ritardo al nostro appuntamento nel XVIII arrondissement di Parigi. Sadri, invece, è puntuale e piuttosto chiacchierone. In meno di dieci minuti so già tutto del suo consumo di droghe pesanti. Un tema che sarà al centro del nostro incontro di un’ora e mezza. Non è la prima volta di Joonas nella capitale francese: Reindeerspotting è stato girato in parte da queste parti. Nel film Jani fa un giro a Parigi, così come a Barcellona e in Marocco per trovare del Subutex (buprenorfina) e fuggire dalla Finlandia. E Neuvonen lo segue ovunque, è il principio del film. Lui stesso ha viaggiato molto e continua a farlo. È semplice, dal momento in cui ha potuto lasciare Rovaniemi, la sua città natale, non ha mai smesso. Rovaniemi, 50.000 abitanti, è la capitale della Lapponia finlandese. Ma è soprattutto una città dove ci si rompe la scatole, dice Joonas. Quando gli chiedo perché è sempre in giro, Joonas risponde evasivo: lui se ne va, tutto qui. Cosa pensa della Finlandia? Mah, non vuole parlare di “politica”. Sadri è più loquace, ma fintanto che si parla del suo tema preferito, le droghe. Parte con un discorso (piuttosto confuso) sui paradisi artificiali, versione hardcore. Perché lo spinello delle dieci del mattino è una trovata da collegiali.
Immersi nella vita di un drogato di Subutex
La droga e in particolare il Subutex, un prodotto di sostituzione degli oppiacei come l’eroina, prescritto da alcuni medici e oggetto di grossi traffici, sono al centro del film. Vediamo dei giovani sotto l’effetto di questo farmaco, che “ti distende e ti permette di avere più distanza da te stesso e da ciò che vedi”, spiega Joonas e io gli credo. Lui stesso è stato a volte sotto l’effetto della “medicina” quando filmava Jani. Le riprese sono durate sei mesi ma per far uscire il film, vietato ai minori di 18 anni in Finlandia, ci sono voluti otto anni. Bisogna ammettere che il tema non è molto commerciabile. Jani e la sua banda sono quelli che educatamente si definiscono “giovani sfaccendati”, dei piccoli bulli che vanno in giro per tutto il giorno, rubano ciò che gli serve e spacciano nel loro quartiere.
Nel film Jani ha venti anni ma sembra molto più giovane. Sveglio quando si tratta di trovare dei soldi, appare spesso fuori fase, assente e sempre sballato. Secondo Joonas si è suicidato l’anno scorso in Cambogia dove si era innamorato di una prostituta. Aveva 27 anni. La sua vita somiglia a un romanzo allucinato. Joonas Neuvonen ne ha fatto un documentario. Quando gli chiedo di parlare di Jani, sembra in difficoltà. Io insisto. “L’ho incontrato quando avevo 20 anni. Vendevo dell’hashish. Lui aveva 14 o 15 anni, rubava nei negozi. Era il più giovane della sua banda”. 14 o 15 anni, un ragazzino! “Si, era un bambino. I ragazzi più grandi gli davano fastidio continuamente”. Essere amici di Jani voleva dire non essere sicuri di niente, allora bisognava seguirlo con la telecamera in mano giorno per giorno… I suoi ripetuti soggiorni in prigione tra il 2002 e il 2008 non hanno d’altronde giovato alle riprese. Malgrado ciò, Neuvonen è rimasto aggrappato alla sua idea iniziale, filmare tutto. Tutto vuol dire anche alcune scene, pesanti, nelle quali Jani si inietta del Subutex.
Cinismo tossico
Il paradosso è che Jani si sia lasciato andare totalmente davanti alla telecamera ma abbia sempre rifiutato di parlare ai giornalisti. “Ho fatto vedere il film a Jani nel 2008. È all’incirca la versione che si può vedere oggi. Era contento del risultato.” Quanto a Joonas, rimane pressochè muto e solo il mio scetticismo sulla sua distinzione tra “drug users” e “drug addicts” lo anima un po’. Secondo me è impossibile non diventare dipendenti. Lui sostiene il contrario a lungo, spalleggiato da Sadri. Poi gli ricordo che sono venuta a parlare del film, cosa che sembra essere l’ultima delle loro preoccupazioni. Bizzarro, questo duo. Sadri mi da una copia di Reindeerspotting e mi dice di farne ciò che voglio. Quando evoco i diritti d’autore, alzano le spalle. È tutto “bullshit”, stronzate. Joonas e Sadri sono l’immagine del loro film e di Jani: ribelli ma spensierati. “Anarchici” che non hanno nessuna voglia di cambiare le cose. Ribelli senza ideali, che fuggono la noia in un cinismo tossico.
Foto : Concessione di Bronson Club
Translated from Joonas Neuvonen : un junkie finlandais derrière la caméra