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Jean-Claude Acquaviva, radici corse

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BrunchCultura

Il 41enne cantautore, leader del gruppo di polifonia A filetta, spiega l'ultimo album, Medea. Paragonando l'eroina di Seneca alla Corsica. E Giasone alla Francia.

Il carisma di Jean-Claude Acquaviva si vede e si sente. Traspare infatti da quegli occhi grigio ghiaccio che mi accolgono in una mattinata di uno splendido ottobre parigino. Ed emana da quella voce ieratica, quasi eterna, con la quale è riuscito a portare il gruppo che guida, gli A filetta, ai vertici artistici della polifonia corsa. Una voce a cappella che proprio la sera prima di incontrarlo, fusa a quelle degli altri sei membri del gruppo, ha incantato il pubblico de La Méditerranée des Musiques, nell’auditorium dell’Institut du Monde Arabe.

Non scordare mai a filetta

Ma la sala parigina non ha nemmeno lontamente raggiunto le performance acustiche della chiesetta di campagna nella quale ascoltai per la prima volta gli A filetta. «È vero» – mi confessa, in un comprensibilissimo corso, il quarantunenne Acquaviva – «concerti come quello di Rogliano (nel Capo corso ndr) ci permettono di conservare un legame con la nostra terra».

Il gruppo cerca infatti di preservare la semplicità del 1978, quando fu fondato «da dilettanti, per lo più maestri di scuola o pastori» tra i quali c'era già il tredicenne Jean-Claude Acquaviva. «Per il primo viaggio all’estero, nella vicina Sardegna, fummo noi a pagare il tragitto» – ricorda oggi con un sorriso – «non chiedevamo di più». Poi nel ’94 la svolta. «Fummo di fronte a un bivio: continuare a scherzare o fare sul serio. Decidemmo per la professionalizzazione, portati dalla voglia di fare e dall’aiuto del compositore Bruno Coulet e del regista Jean-Yves Lazennec». Ma con un impegno: restare fedeli al loro nome. In corso, infatti, Filetta vuol dire “felce”, pianta molto diffusa in Corsica e «difficilissima da estirpare, perché dotata di radici che si sviluppano in orizzontale», spiega Acquaviva, accompagnando la voce al gesto fluttuante delle mani. «Non solo. Quando un corso lascia l’isola e dimentica le proprie radici diciamo che s’è scurdatu di a filetta».

Innovazione sì, ma niente pop

Ma, per Acquaviva, la musica corsa deve saper guardare avanti: «Vogliamo essere grandi come gli altri, altrimenti è meglio mettersi in un museo. I nostri colleghi che si oppongono alle innovazioni mi ricordano i dannati del canto XX dell’Inferno di Dante che furono condannati a camminare con la testa all’indietro e a piangere dal sedere». Ma non per questo bisogna perdere «l’autenticità della musica corsa». Il riferimento, implicito, è all’altro grande gruppo di polifonia corsa, I Muvrini, che hanno fuso canti tradizionali con sonorità pop e sottofondi strumentali.

Stesso discorso per l’impegno politico: «Molti ci criticano rispetto all’engagement dei primi anni a favore dell’indipendenza della Corsica dalla Francia. Ma in realtà siamo più militanti di prima», afferma con fare enigmatico Acquaviva.

La Corsica come Medea, «perché annessa dalla Francia»

Ma cosa può legare la causa corsa all’ultimo album degli A filetta, Medea, tratto dall’omonima opera di Seneca che risale a quasi due millenni or sono? «Innanzitutto il tema della donna», spiega Acquaviva. Che, a mo’ di introduzione ad uno dei brani, durante il concerto della sera prima citava la tragedia dell’autore latino. «Ecco» – rivela l’artista che ha tradotto dal latino al corso – «io vedo in Medea la stessa forza del collettivo delle donne corse che scesero in piazza negli anni Novanta per protestare contro la violenza degli indipendentisti». La violenza, appunto. Con essa Acquaviva riconosce di avere «un rapporto ambiguo». Noi condanniamo i fatti di sangue di cui si macchiano i clandestini. Ma volersi limitare alla condanna non basta». Pausa. Poi riprende, facendosi serio e usando il francese. «Che lo si voglia o meno la violenza clandestina nasce da un’ingiustizia. Non sono per l’indipendenza. Ma non bisogna dimenticare un fatto storico irrefutabile: la Corsica è stata annessa dalla Francia. Ed è una terra molto più italiana che francese. Noi, ad esempio» – continua, rivolgendosi a me, questa volta in corso – «possiamo capirci. Il problema è che la nostra isola subisce troppe ingiustizie dalla Francia: le elezioni sono truccate, non si vota liberamente. E ogni qual volta si vuole aumentare il livello di autonomia scatta una sorta di sistema immunitario per preservare il centralismo imposto da Parigi». Ma cosa c’entra tutto ciò con Medea? «Come l’eroina di Euripide e Seneca la Corsica ha subito un’ingiustizia dalla Francia». Per amore di Giasone, infatti, Medea tradì il padre e la patria e fu poi abbandonata dallo stesso Giasone di cui si vendicò uccidendo i due figli che aveva avuto da lui. «Come nella tragedia, è stato violato un patto», arringa con una gestualità tutta mediterranea Acquaviva.

Per il cantautore corso, quest’«ingiustizia» potrebbe essere alleviata dall’Europa. Acquaviva, scettico sulla Costituzione europea perché «troppo liberista», considera che «la Corsica ha tutto da perdere se gli Stati nazionali riprenderanno il sopravvento. Perché quel che comporta l’Europa è esattamente ciò che la Francia non può concepire: la decentralizzazione». Ma l’Europa è, per gli A filetta soprattutto un’occasione di dialogo artistico: «Nel quadro del programma europeo Interreg (che sostiene progetti tra regioni europee ndr) abbiamo cercato di confrontare i diversi volti di Medea nelle tradizioni europee in uno spettacolo con la regia del napoletano Orlando Furioso, attrici sarde, musicisti del conservatorio di Livorno e la composizione di Bruno Coulet». Non solo. «Ogni anno a Calvi, in Corsica, organizziamo un incontro con gruppi polifonici del mondo intero». E a chi si sentono più vicini, forse ai vicini sardi? «Stranamente no, il loro canto è troppo imbalsamato», dice mimando l’attenti. «Io adoro i georgiani. Che ci hanno insegnato a cantare in modo potente con tenerezza e in modo tenero con potenza», spiega Acquaviva. Il ricordo va a quell’energia che si sprigiona dai crescendo degli A filetta, teneri e fragorosi come il mare della Corsica. E come il carisma del giovane cantautore.