Italian Taste: quali sono i gusti degli italiani?
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Quanto sentiamo i sapori? Come sta cambiando il gusto italiano? Un'indagine scientifica sta studiando come genetica, psiche e abitudini condizionino le nostre scelte alimentari.
Quantificare il gusto individuale sembrerebbe impossibile. Non a caso su certe questioni vige l'intramontabile proverbio "de gustibus non disputandum est". Eppure, proprio questo pare essere l'obiettivo di Italian Taste, il progetto di ricerca multidisciplinare della Società Italiana delle Scienze Sensoriali (SISS) finalizzato allo studio delle preferenze alimentari degli italiani. Il progetto si presenta come un'indagine davvero importante: vi partecipano le principali università e centri di ricerca italiani. Inoltre è previsto il coinvolgimento di 3mila soggetti in 3 anni (già 600 sono gli individui testati!), dei quali sono raccolte informazioni relative ai comportamenti e alle preferenze alimentari, oltre alla sensibilità al gusto, i tratti psicologici e le informazioni genetiche. L’obiettivo è la costruzione di una banca dati che permetterà di studiare il nesso tra sensibilità, gradimento e abitudini alimentari degli italiani. In questo modo si potrà finalmente dare un profilo al gustus italiano.
"Siamo quello che mangiamo"
La cultura alimentare di un Paese è l’elemento che maggiormente determina scelte e preferenze per i cibi. Ci deve essere una ragione se oggi gli italiani sono chiamati "mangiatori di pasta o di pizza", e già nell'antichità i Romani erano famosi per essere dei "divoratori di puls", l'ancestrale polenta di farro cotta in acqua e sale, e accompagnata da condimenti vari. In generale si può dire che la cultura di un popolo si stratifica insieme alle sue abitudini alimentari, e che queste si trasmettono declinandosi in piatti nuovi, ma dal sapore antico: il fattore genetico ha la sua importanza e probabilmente anche gli antichi Romani avrebbero amato la pizza.
Su questa ereditarietà dei gusti, indaga Italian Taste. Infatti l’essere esposti ad alimenti diversi nel corso della vita, e soprattutto nell’infanzia, genera profonde differenze di gusto: per questo, più ampie sono le divergenze tra le culture, più accentuate sono le differenze di preferenza per il cibo. Inoltre è stata dimostrata l'influenza effettiva che possono avere certi tratti psicologici nell'approccio al cibo. È il caso, ad esempio, della neofobia alimentare, cioè il rifiuto di assaggiare e mangiare cibi che non si è mai provato prima. Dunque, anche l'aspetto psicologico è scandagliato a fondo dai test di Italian Taste.
Diventare degli Italian taster
Per scoprire se siete dei taster, ossia quanto è raffinato il vostro palato e come vi collocate rispetto alla media nazionale, potete partecipare al progetto. Essere testati è decisamente divertente e permette anche di prendere maggiormente coscienza del proprio rapporto col cibo. Il test può essere effettuato in qualsiasi città italiana e si svolge nell'arco di due giorni consecutivi, occupando una durata di circa due ore e mezzo a giornata.
In concreto vi sarà proposta tutta una serie di assaggi ai quali dovrete dare il vostro giudizio di gradimento. Inoltre, dovrete rispondere a varie domande circa le vostre abitudini alimentari, le vostre preferenze culinarie e i tratti psicologici della vostra persona. Vi sarà prelevato un campione di saliva, vi verranno contate le papille gustative, sarete pure invitati a riconoscere certi odori e ad assaggiare soluzioni acquose di "gusti puri" (dolce, salato, amaro, acido, umami, astringente e piccante). Alla fine, lo screening circa la vostra personalità e la vostra capacità fisiologico-genetica di sentire i sapori sarà completo, e il vostro profilo di "sensibilità gustativa" potrà essere tracciato in dettaglio.
I gusti cambiano?
Si prospetta la possibilità di utilizzare le informazioni ricavate da quest'indagine come strumenti per investigare le differenze gustative individuali. Inoltre, date le implicazioni sociali ed economiche del progetto, l’evidente interesse ad esplorare il nesso tra sensibilità, gradimento e consumo rappresenta un punto in comune tra il mondo della ricerca e quello produttivo.
Caterina Dinnella, docente di Scienze dell'alimentazione a Firenze, spiega che da un punto di vista fisiologico l'uomo è per natura portato a ricercare il cibo più nutriente, che è poi quello che gli dà il senso appagante del puro piacere. Tuttavia, la società attuale (occidentale) ha posto fine alla necessità primitiva di procacciarsi del cibo: riguardo a come mangiamo, si sono delineati tutta una serie di fattori sociali, psicologici, etici, salutistici che influenzano concretamente l'orientamento dell'individuo verso determinate scelte alimentari. Il gusto, da sempre un polo imprescindibile della soggettività, è tale perché questo è il senso più facilmente condizionabile da parte della personalità e della cultura di provenienza. Il sapore di un piatto che amiamo è anche il ricordo intimo della nostra identità.