[ita] Je suis Charlie, e dopo?
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Elvira ZaccariI recenti attentati contro Charlie Hebdo e più in generale contro i diritti fondamentali della democrazia e della libertà di espressione, ci obbligano ad interrogarci sulla dinamica sociale in seno ai nostri Paesi. Senza stabilire delle correlazioni dirette e senza giustificare questi tragici ed odiosi eventi, vorremmo farci le giuste domande. Come ci siamo arrivati?
La Franca e l’Europa si sono strette attorno ai valori delle libertà. Ciò deve rappresentare un elettrochoc intellettuale per discutere e chiedersi se ci sia bisogno di ridefinire la costruzione sociale. I valori comuni ed economici, che hanno nutrito le nostre società nel XX secolo, sono adatte alle aspettative contemporanee? L'interpretazione di Werner Latournald di Politicus.
Siamo tutti Charlie ?
Mai, dai tempi della Liberazione, la Francia aveva visto un tale raggruppamento politico e una tale solidarità popolare per una stessa causa. Il numero 1178 di Charlie Hebdo resterà un simbolo di solidarità e di tolleranze per la Francia e la comunità occidentale intera. Questo numero storico di Charlie Hebdo, esaurito già dalle prime ore, è quello della rinascita e della riunificazione delle forze laiche. Una mobilizzazione di tale ampiezza è certamente una cosa positiva ma, allo stesso tempo, è criticabile, dal momento che non si manifesta che nell'eccesso. Così, al di là dell'effetto sorpresa e della vendita speculativa su internet, cosa resterà una volta passata la « moda »? Non è questa forse un'occasione da prendere al volo per fare il passo indietro necessario a ridefinire insieme le nostre priorità repubblicane?
Il mondo musulmano con il Pakistan, l’Iran e l’Afghanistan in testa, ha avuto delle reazioni virulente contro il giornale satirico. In effetti, la giustizia turca, ha vietato la prima pagina del numero 1178. Questi movimenti contestatori, che sono assolutamente reali ma eterogenei a seconda della zona geografica, confermano che la linea editoriale di Charlie Hebdo è fonte di scissioni e che può essere scioccante per alcuni. Così, la sfida di questo secolo, come suggerisce il filosofo Tariq Ramadan, è di proporre una lettura dell’islam compatibile con le società laiche e democratiche alla luce degli eventi conteporanei.
Delle misure di sicurezza e ancora ?
Questo dramma sarà l’occasione di assistere al potenziamento delle misure anti-terrorismo. Quanto più le misure di sicurezza saranno rafforzate, tanto più la libertà sarà ristretta. Che paradosso che un riavvicinamento per la libertà abbia come conseguenza la restrizione di questa libertà stessa. A tal proposito la Lega per i diritti dell'uomo ci aveva recentemente avvertito sui rischi legati all'inasprimento delle condizioni legislative:
« Il popolo della Francia è sceso in strada per dire no al terrorismo e difendere le sue libertà. L'un l'altro...è sbagliato pretendere che i tragici avvenimenti che abbiamo appena vissuto siano la conseguenza di un'insufficienza legislativa. »
Ma ciò definisce il problema o lo nasconde? In effetti, il fatto che i figli della Repubblica le si rivoltino contro non ci insegna nulla? è impensabile che ancor oggi, con il sistema fiscale che abbiamo, non siamo in grado di ridurre in maniera durabile l'estrema povertà sociale. L'attuale politica francese, bloccata nei suoi codici e nelle sue strutture istituzionali, non riesce più a rispondere alle attese democratiche contemporanee. Ancora una volta, non è il caso di perdonare le cause perse della Repubblica che si sono trasformate in terrorismo. In compenso sarebbe interessante sapere quando esse sono state perse.
Se il lavoro non è una variabile dell'integrazione sociale allora il dibattito crescita/terrorismo non ha ragione d'esistere. In compenso, se vogliamo che questo dramma, che alcuni chiamano « il 9/11 francese », ci faccia crescere come Nazione, la questione merita di essere posta. La costruzione di un « mai più » passa per una diagnosi completa della nostra società repubblicana.
Questa dinamica deve essere creata a livello sovranazionale e deve riflettere i valori democratici e di sviluppo a cui aspira l'Europa e che possano costituire un blocco fondante sul quale costruire. Noi possiamo così stabilire il solco di un popolo, non semplicemente di una nazione ma di un'Europa che in questo modo può trovare un denominatore comune abbastanza solido sul qule costruire. Costruire e migliorare quello che le due guerre mondiali ci hanno insegnato a difendere: il rifiuto della tirannia e la difesa della libertà. Tutto il Mondo occidentale si è unito per condividere con noi le nostre pene e supportare questa causa e questi valori. Tutti? Tranne M. Obama.
Essere nato in Francia è una responsabilità se si desidera riuscire in qualche campo, quale che esso sia: cucina, letteratura, arte, moda, sport, etc. i più grandi hanno già inciso i loro nomi. In compenso tale responsabilita, una volta accettata, ci obbligherà a fare sempre meglio. Seguiamo le orme di coloro che hanno fatto della Francia un paese tanto rispettato e osservato in tutto il mondo
Noi siamo gli ambasciatori di questa storia, di questo pensiero che ha fatto di noi un popolo rispettato da tutti. Perché Voltaire, Montesquieu, Rousseau, hanno usato il loro tempo per riflettere sul nostro avvenire. E così noi penseremo a quello dei nostri successori riunendoci intorno a questa causa.
La manifestazione dell'11 gennaio, la più grande dai tempi della liberazione, ci ha ricordato perchè possiamo dirci fieri di essere francesi. Lassana Bathily, l'eroe musulmano degli ostaggi dell’Hyper Cacher di Porte de Vincennes, è il simbolo di una Francia solidale, laica e libera. Sono già partite numerose iniziative cittadine per chiedere che gli venga assegnata la cittadinanza francese e la Legion d’onore. Oggi, la Francia, ha attirato su di sè gli occhi di tutto il mondo, quel mondo che vuole sapere come la più vecchia civiltà democratica riuscirà ad unscire da quest'impasse. Noi possiamo confermare il nostro status di nazione democratica, oggi e per l'eternità. E se è difficile accettare lo status di francese, sappiate che è ancora più difficile accettare lo stutus democratico di europeo, perchè la dichairazione dei valori di laicità e democrazia devono arrivare ad un livello più alto che permetta di consolidare geopoliticamente un pensiero europeo in tutto il mondo.
Questa riflessione non ha la pretesa di stabilire una qualche verità, ma semblicemente di porre in essere questioni che possono aiutarci a vivere insieme in un Paese che appartiene a tutti noi. Una volta che questa domanda sarà soddisfatta potremmo proiettarci nella società del domani, che noi costruiremo con la forza della volontà. Je suis Charlie resterà a lungo nei nostri libri di storia e noi potremo dire che questa storia è la nostra. Quest sentimento comune nazionale, europeo, mondiale ruota intorno a quanto di più caro ci sia ai nostri occhi: il diritto di pensare liberamente.
Il cemento di una società deve tener conto della variabile economica e della capacità di integrazione per mezzo del lavoro. Oggi, con o senza diploma, le prospettive sono scarse (cf. « L’emploi des jeunes on en parle? » ). La Francia deve tornare ad essere ciò che il mondo intero si aspetta. Abbiamo l'opportunità di rifondare la nostra società su basi come il lavoro, il progresso, la libertà e la democrazia. La disoccupazione dei giovani è uno dei più grandi mali delle nostre società contemporanee. Politicus vi presenta la sua prim iniziativa cittadina: l’ OPCV.
Translated from Je suis Charlie, et après?