Islanda: prossima fermata Bruxelles?
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Marina FurbiniLa prossima fase dell’allargamento dell’Ue potrebbe non riguardare l’Est, ma il Nord dell’Europa. Dopo la caduta, il ventisei di gennaio scorso, del Governo guidato dalla destra, il 25 aprile l’Islanda andrà alle urne per le elezioni anticipate. Si profila forse un’entrata in Europa? Analisi.
La previsione di un nuovo Governo ha avviato speculazioni sul fatto che l’Islanda possa fare richiesta d’adesione nell’Unione europea. I conservatori verranno rimpiazzati da un Governo di transizione, formato da una coalizione tra il partito dei socialdemocratici con i verdi, che manterrà la carica fino al 25 di aprile, giorno in cui si terranno le elezioni anticipate. A differenza dei conservatori, i socialdemocratici sono a favore di un’adesione all’Ue. Nel frattempo il partito progressista di centro ha appena cambiato la sua posizione contraria ad un’entrata nella Ue. Questa scelta lascia il partito di sinistra dei verdi all’opposizione, un potenziale fattore di complicazione, visto che i sondaggi li danno come il partito maggiore in una coalizione con i social democratici. Con il 60-80 per cento della popolazione favorevole a una entrata nell’Unione europea, è ormai chiaro che il dibattito è aperto. Dovrebbe l’isola fare finalmente la sua richiesta di adesione ed entrare a far parte dell’Unione europea entro il 2001, secondo le dichiarazioni del Commissario europeo responsabile per l’Allargamento, Olli Rehn?
L’entrata val bene una pesca?
Se l’Islanda facesse la sua richiesta a Bruxelles, le negoziazioni per il suo ingresso potrebbero essere complicate. Infatti, la politica comune sulla pesca esige di concedere “uguali opportunità di accesso ai pescatori degli altri stati”, costringendo l’Islanda a cedere il suo diritto esclusivo alla pesca. L’islanda è già stata protagonista di due “guerre del merluzzo” intraprese per impedire ai pescatori britannici di entrare nelle sue acque territoriali. La questione sul diritto alla pesca è complicata a dal fatto che il settore copre oltre il 70 per cento delle esportazioni islandesi e, considerando che è ancora uno dei pochi rami dell’economia capace di far girare dei soldi, gli islandesi non premono certo per lasciar perdere, solo nella prospettiva di un ingresso nell’ Ue. Nonostante questo, alla fine un compromesso potrebbe saltar fuori. Durante le negoziazioni per l’ingresso di Malta, al Paese è stata concessa una zona esclusiva più ampia: un accordo simile potrebbe essere raggiunto nel caso dell’Islanda. D’altra parte, l’applicazione della politica sulla pesca potrebbe entrare in vigore nell’arco di decenni. Sin dal 1995, il Governo islandese, del Partito dell’Indipendenza, ha presentato l’Islanda come l’ultimo bastione di uno stato di sovranità: ignorando, per esempio, l’opposizione europea alla concorrenza fiscale o, riguardo ai diritti sulla pesca, nel tentativo di creare un recinto di prosperità al centro dell’Atlantico e ancora, dimostrando la sua indipendenza a livello di politica estera, con lo schieramento unilaterale alla coalizione Usa in Irak.
La crisi del modello vichingo?
Tracciando una rotta verso l’Unione europea, L’Islanda ammetterebbe ció che il resto del mondo già sa: il modello vichingo ha toccato il fondo. Il Paese affronta una flessione del 9,6 per cento nell’entrate pro capite nell’anno 2009, tra i più grandi cali in Europa in tempi di pace. La corona islandese ha perso metà del suo valore nei confronti dell’euro. Non soltanto gli investitori americani hanno lasciato il Paese, ma anche l’ultima base militare americana è stata chiusa nel 2006. Ma il migliore esempio dell’isolamento dell’Islanda è il fatto che lo scorso anno si è trovata a richiedere un prestito d’emergenza, nient’altro che alla Russia di Dmitri Medvedev e Vladmiri Putin La crisi finanziaria ha dimostrato che per una nazione piccola come l’Islanda, sarebbe terribilmente difficle vivere al di fuori di un blocco economico come quello dell’Ue, con la sua moneta unica, il suo grado di coordinazione politica e il suo sistema di intervento regionale. La probabile candidatura dell’Islanda all’Ue, potrebbe spingere altri paesi che si sono esclusi volontariamente, come la Norvegia (la quale ha stretti rapporti con l’Islanda) e la Groenlandia (che ha lasciato l’Unione europea nel 1985), a riconsiderare la propria adesione. Se così fosse, la prossima fase dell’allargamento dell’Ue, potrebbe non essere verso l’Est, bensì verso il Nord ovest.
Translated from Islandia: próxima parada, Bruselas