#IslamIsNotIsis: in piazza a Palermo per la pace e il dialogo
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Il 20 novembre 2015, ad una settimana esatta dalle stragi che hanno insaguinato Parigi, la comunità islamica di Palermo si è riunita davanti al teatro Politeama per dire "No" al terrorismo e lanciare un messaggio di pace e fratellanza. Il racconto di un venerdì di preghiera diverso dagli altri, che sarà ricordato come simbolo d'integrazione.
«Insieme si sta meglio». Il 20 novembre 2015, una settimana dopo gli attentati di Parigi, la piazza Politeama di Palermo è tutta in un'istantanea: l'imam della moschea sunnita tunisina, Mustafà Boulaalam, il missionario Biagio Conte e i rappresentanti dell'Arcidiocesi di Palermo si stringono in un abbraccio.
«Insieme si vive meglio», ripete il missionario con un sorriso che non nasconde l'emozione di una serata storica. "Non a nostro nome, l’Islam è una religione di pace", recitano invece i cartelloni che si confondono con le bandiere della pace, con i colori degli hijab delle tante donne marocchine e tunisine, che hanno portato i figli nati e cresciuti in Italia, e con i curiosi palermitani che si fermano per ribadire che niente è avvenuto «nel vostro nome, noi lo sappiamo».
"L’Islam è una religione non un’ideologia pericolosa"
Questa volta Allahu Akbar intonato dal potente e soave canto del muezzin non ha nulla a che fare con l'improprio grido di morte dei terroristi. E la preghiera, rivolta verso via Ruggero Settimo in direzione della Mecca, è solo l’atto finale di un presidio che ha dato ancora volta la prova che Palermo, crocevia millenarie di culture, è l'esempio di un'integrazione naturale e spontanea. Un’iniziativa di respiro nazionale che ha accomunato le principali città d’Italia, unite per condannare le stragi.
#PrayForParis, #IslamIspeace, #NotInMyName, sono solo alcuni degli hashtag, circolati a lungo sui social e scritti sui cartelloni che hanno tappezzato la piazza. Un incontro annunciato e fortemente voluto dall’imam della moschea sunnita di piazza Gran Cancelliere per lanciare un messaggio chiaro e netto: i musulmani non sono terroristi e di loro non bisogna avere paura.
«Siamo qui, per far capire alla gente che la comunità musulmana ha molto sofferto per gli attentati di venerdì scorso e per quelli che spesso si consumano in tutto il mondo. I terroristi che incitano alla guerra sono fanatici, non sono musulmani e non ci rappresentano,» afferma alle telecamere proprio Boulaalam, «l’Islam è una religione non un’ideologia pericolosa della quale avere paura. Per questo invitiamo i cristiani a leggere il Corano anche nelle nostre moschee, per capire, per diffondere un messaggio di pace e fratellanza».
"As-salām ‘alaykum non è solo un saluto, ma un messaggio di pace"
Alle 18, quando la piazza inizia a gremirsi, ci sono almeno duecento persone, forse qualcosa in più. È vero, per alcune sono ancora troppo poche, ma forse, come spiegano gli imam, è il risultato naturale della paura per un clima di alta tensione e stigmatizzazione attorno all'Islam dopo gli attentati che hanno insanguinato l'Occidente e il mondo intero.
Eppure ci sono anche tante donne che vogliono una società dove i loro figli possano crescere al sicuro, senza essere emarginati in quanto arabi e musulmani. Madri come Fathia El Harchia che si commuove mentre pensa ad Hasna Ait Boulahcen, la giovane francese rimasta uccisa nel covo di Saint-Denis. «I terroristi sono fuori di testa, non è giusto e non possibile commettere simili violenze in Francia così come in Marocco». O ancora Fathima Assakhi, avvocato, che sottolinea senza alcuna timidezza che la sua religione sia un veicolo di pace: «As-salām ‘alaykum non è solo un saluto, significa pace, pace su tutti, siamo fratelli,» dice mentre tiene in braccio suo figlio.
In piazza c’è anche Ahmad ‘Abd Al-Majid Macaluso, palermitano convertito all'Islam e responsabile per la Regione Sicilia della Coreis, la Comunità religiosa islamica italiana: «Siamo riuniti in questa piazza per pacificare gli animi e dare sicurezza ad una popolazione che troppo spesso ignora il vero valore dell’Islam. Allah non predica morte e distruzione, ma vita e amore. I terroristi che usano la nostra religione non la conoscono neanche, muoiono per un ideale che non sanno riconoscere, muoiono nell’ignoranza spirituale,» racconta. «Spesso le comunità islamiche presenti nel territorio italiano ed europeo travisano il messaggio del Corano perché non lo studiano correttamente, spetta a noi insegnare al meglio i messaggi del nostro Dio per evitare che si dissemini l’ignoranza foriera di morte».
La preghiera in piazza Politeama
Poi, tra le dichiarazioni di pace e speranza che invitano a costruire ponti e non muri tra le persone, e dunque tra le religioni, si eleva il canto del muezzin che spegne momentaneamente il brusio della piazza. Proprio mente i cattolici recitano il Padre nostro. Così, mentre la piazza si trasforma in una moschea a cielo aperto e un gruppo di uomini (le donne non possono pregare in pubblico) rivolge le sue preghiere verso La Mecca, i riflettori e i flash di curiosi e giornalisti immortalano una scena inedita che difficilmente andrà via dal ricordo di chi c'era.
«Lì in mezzo c'è mio padre,» esclama con fierezza una ragazzina di 16 anni in perfetto italiano, mentre abbandonata ogni timidezza, racconta l'importanza della serata per la sua comunità. Come lei tanti ragazzi e adolescenti agitano bandiere e messaggi di pace e sono orgogliosi di essere italiani, siciliani, marocchini, tunisini e musulmani. Figli di una generazione che è la più bella risposta al terrorismo e ai predicatori di odio, a chi specula e alimenta i venti di una guerra di civiltà.