Irlanda del Nord: si fa presto a dire nazione
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marianna morelli - rosaria sorPer chi tifi? – Attenti a fare questa domanda a Belfast: una città nel pallone.
Tutto ha un significato politico in Irlanda del Nord: dai giornali che si leggono ai pub che si frequentano fino alla squadra di calcio per cui si fa il tifo. In questo contesto, ci si confronta giorno per giorno a due poli formati da identità contrapposte: cattolici contro protestanti, nazionalisti (fautori dell’unificazione dell’Irlanda) contro unionisti (decisi a rimanere legati al Regno Unito).
Nazionalisti e unionisti
Cosa dire dei tifosi dell’Irlanda del Nord? La popolazione unionista vede nel calcio l’affermazione della propria identità, nella misura in cui la Nazionale suscita orgoglio, passione e speranze. Tuttavia i cori crudeli e fanatici, l’atmosfera ostile ai cattolici trasforma Windsor Park, lo stadio dove si disputano le partite in casa, in un terreno accessibile solo ai fedelissimi del calcio.
In realtà, anche i giocatori devono avere nervi d’acciaio. Nello scorso 2003, un calciatore di religione cattolica del Glosgow Celtic (squadra scozzese) ricevette minacce di morte dirette a tutta la sua famiglia da un’organizzazione paramilitare, solo per essere stato selezionato dalla Nazionale dell’Irlanda del Nord. La reazione della FAI (Federcalcio irlandese) fu sottovalutata e il giocatore, tale Neil Lennon, per proteggere se stesso e la famiglia, fu costretto ad abbandonare la sua carriera internazionale nel momento di massimo splendore.
Come spesso accade in Irlanda del Nord, ogni evento è circondato da un alone politico. Quindi, anche quando si parla di calcio s’intende sempre qualcosa che va al di là delle semplici partite. Per i nazionalisti, tifare Irlanda del Nord significa accettare l’esistenza di uno Stato dell’Irlanda del Nord, legittimare la divisione dell’Irlanda in due parti e tradire la presunta fedeltà alla Repubblica d’Irlanda. Se si tiene conto di questo scenario, ogni singola partita è carica di importanti significati.
Rugby al potere
La storia cambia quando si parla di rugby. L’IRFU (Federazione irlandese di rugby) rappresenta l’intera isola e gestisce un’unica squadra nazionale. Il rugby fu introdotto in Irlanda da alcuni studenti dell’Università di Dublino (Trinity College), la maggior parte provenienti da ricche famiglie inglesi, e si diffuse rapidamente, riscuotendo grande successo nel nord-est e nel sud-est del paese. Nel 1879, dalla fusione delle due federazioni preesistenti nacque l’IRFU. In seguito alla divisione del Paese nel 1921, per placare le divergenze politiche dei giocatori e dei tifosi, l’IRFU decise che, prima degli incontri disputati in casa, sarebbero stati eseguiti i due inni: quello della Repubblica d’Irlanda e il più generico “Ireland’s Call”.
Il calcio, invece, fu introdotto dai coloni e si diffuse principalmente nella provincia di Ulster nel nord-est, che oggi fa parte dell’Irlanda del Nord. La sede della Federcalcio irlandese fu stabilita a Belfast e fu accusata dai tifosi di parzialità nei confronti dei giocatori del nord e, in particolare, dei protestanti. Per riequilibrare la situazione, nel 1921, in seguito alla divisione del paese, fu creata la Federcalcio dello Stato libero d’Irlanda. Insomma, in questa parte del mondo, il calcio è stato sempre accusato di politicizzazione.
Crisi del calcio, crisi sociale
Il calcio irlandese non sta attraversando un buon momento. Nonostante le minacce di morte, i calciatori hanno stabilito, ultimamente, un nuovo record riguardante il tempo giocato senza segnare goal. Inoltre, è nata una polemica sulla irregolarità dello stadio, poiché non si tratta di uno stadio nazionale, ma del campo da gioco di una squadra locale.
La crisi nel mondo del calcio sta avendo ripercussioni sulla comunità unionista che, a differenza dei tifosi dell’Irlanda del Nord, classificati solo secondo l’appartenenza politica, sono soggetti anche a divisioni in classi sociali. Se il rugby è lo sport dei ceti sociali più elevati, il calcio s’identifica principalmente con la classe lavoratrice.
I successi ottenuti nelle manifestazioni calcistiche, in particolare ai Mondiali del 1982, e il carisma di giocatori come George Best, Pat Jennings e Norman Whiteside hanno, in passato, nutrito l’orgoglio nazionale, ma, oggi, rendono più dolorosa la sconfitta. La delusione è acuita dall’ascesa, anche se su scala minore, di sport “nazionalisti”, come il football Gaelico. Una tendenza che, in parte, trova le sue radici nell’affermazione di un’identità nazionalista.
Al contrario, gli unionisti percepiscono la minaccia che grava sulla loro identità ed è per questo motivo che alcuni suoi rappresentanti hanno mostrato attitudini più estremiste.
L’orgoglio nazionale, che il calcio suscita nei suoi tifosi, non aiuta a superare le divisioni create dall’esistenza di diverse identità nazionali in una società. La campagna “dà un calcio al razzismo”, promossa nel Regno Unito si è rivelata fondamentale per il superamento delle divisioni razziali. Tuttavia, in Irlanda del Nord si stanno mettendo a punto dei programmi sportivi che coinvolgono giovani delle due comunità, con lo scopo di evitare fenomeni di settarismo. Iniziative lodevoli in nome di una società unita e tollerante, ma la situazione politica nazionale resta irrisolta e continuerà ad imporre delle divisioni a livello sportivo.
Translated from When Sport and Politics Don't Mix