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Iran: un'esposizione per ricordare un genocidio dimenticato

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Giulia Bernasconi

In occasione dell'anniversario del massacro di 30.000 prigionieri politici nell'estate del 1988 in Iran, il 17 di agosto è stata organizzata una mostra al municipio del primo arrondissement di Parigi. L'esposizione è servita anche a puntare i riflettori sul lancio della "Campagna per la giustizia delle vittime del massacro del 1988".

Entrando nel palazzo della Repubblica, non si può che essere scossi davanti ai ritratti di 30.000 giovani giustiziati brutalmente. Chiudendo gli occhi, mi invade un'immensa tristezza che sfocia in lacrime e che mi spinge a gridare: "Dio mio! Davvero l'uomo è questa parte scadente della tua creazione?"

Mi si avvicina una giovane donna della Resistenza Iraniana, che mi sussurra: "Vede, quello è il mullah che ha ucciso mio fratell0". Cosa si può rispondere davanti ad un tale sgomento? Tutti questi mullah dalle mani sporche di sangue indossavano il turbante dei religiosi, ma di quale religione?

Un portavoce spiega nei dettagli al sindaco e a numerosi rappresentanti eletti della Repubblica questi crimini; nel seguirlo, mi imbatto nel fatwa della guida Suprema, l'ayatollah Khomeiny, quando aveva deciso di ucciderli. "Nel nome di Dio, compassionevole e misericordioso," scriveva, "dato che questi ipocriti e traditori dell'Islam non hanno alcuna fede, e dato che quello che dicono è motivato dall'inganno e dall'ipocrisia, perché sono in guerra contro Dio, essi sono condannati a morte".

Neanche gli ayatollah della loro fazione, come l'ayatollah Montazeri (suo erede), riuscirono a convincerlo a ritornare sulla sua decisione. Quest'ultimo ha condannato i membri della "commissione della morte", responsabili dell'applicazione della fatwa e dell'uccisione dei prigionieri politici: "Il giudizio della storia su di voi sarà terribile. Sarete condannati come criminali e despoti. I Mujaheddin del Popolo (gli oppositori del regime) non sono individui, sono un'ideologia, una visione del mondo, non li si può annientare uccidendoli". Aggiungiamo anche che sono la determinazione in persona. 

Mentre la cerimonia prosegue, il sindaco chiede un minuto di silenzio prima di depositare i fiori. Durante questo minuto, rintoccano le campane della Chiesa di Saint Eutache. Poi, una melodia suonata da Taherzadeh, un maestro della musica tradizionale persiana; melodia che unisce Oriente e Occidente come simbolo di fratellanza.

Durante una conferenza, i partecipanti hanno chiesto che i colpevoli, alcuni dei quali occupano dei ruoli fondamentali nel governo corrente, vengano processati da un tribunale internazionale.

Uscendo per strada, nella metro, sento: "attentato a Barcellona!". "Ecco, i legitimi eredi dell'ayatollah Khomeiny hanno nuovamente ucciso degli inoccenti", mi dico. 

Translated from Iran: Une exposition pour la mémoire d'un génocide oublié