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Io, dissidente d’Egitto, Mubarak e Tom & Jerry

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Incontro notturno al Cairo con Wael Nawara, numero due del partito El Ghad (il Domani), principale forza d’opposizione liberale al regime di Hosni Mubarak.

Chiamatela buona coscienza. Ma quando viaggio in paesi stupendi ma illiberali, non posso esimermi dal fare un po' di casino. Nessuna eccezione alla regola in Egitto dove, in una tiepida notte cairota di fine aprile, ho incontrando Wael Nawara, numero due di Domani la principale forza d'opposizione liberale al regime di Hosni Mubarak.

Dal sodalizio con Ayman Noor all'incendio doloso al partito

(Foto gentilmente ceduta da Wael Nawara))Atterriamo all'aeroporto del Cairo alle dieci di sera. Appuntamento fissato per le undici con il dissidente Nawara. Ritmi serrati per l'intervista, il volo di ritorno è previsto poche ore dopo. Ma il nostro taxi è presto inghiottito nel traffico impazzito del Cairo. Clacson, chiasso, luci, l'auto spinta dal tassista come un pungiball. Arriviamo alle undici e mezza in una zona residenziale della Cairo che conta. Nawara mi apre la porta del suo appartamento : quarantanove anni, esperto di marketing e politico nel tempo libero, è il vice di Ayman Noor che arrivò secondo nelle presidenziali del 2005. Dopo una carriera da giramondo nel settore petrolifero, Nawara ha sentito la vocazione di tornare in patria per cambiare le cose. «Nel 2002 cominciai a riflettere sulla creazione di un partito. Ero convinto della necessità di riforme economiche per rilanciare il Paese. Ma mi resi conto che c'erano cose che l'economia non poteva risolvere. Servivano riforme politiche».

Poi ci fu l'incontro con Noor nel 2003 e la fondazione del partito. «Fui io a guidare la campagna presidenziale di Ayman» racconta Nawara. Lo slogan? «Hope for change, Obama ci ha copiati», scherza (mica tanto) Nawara che elenca i «temi inediti» di Domani: «digital divide, detrazioni fiscali alle piccole imprese, riforme politiche». «Avevamo un contributo statale di nemmeno centomila euro e ottenemmo 540 mila voti secondo le stime ufficiali e 1,7 milioni secondo i nostri dati». «Dopo le elezioni Ayman Noor fu arrestato dal regime. Sono andato a trovarlo regolarmente e devo dire che non ha subito trattamenti degradanti. Poi venne il movimento Giovani del 6 aprile e ne arrestarono ben venticinque dei nostri. Oggi ne restano un centinaio in prigione per motivi politici». E nel novembre 2008 «criminali assoldati dal regime» hanno bruciato la sede del partito.

La teoria dello Stato parallelo

«L'Egitto è un paese ricco ma è stato derubato dalla corruzione del Partito nazionale democratico di Mubarak, che ormai è odiatissimo dalla gente». A ciò si aggiungono i problemi legati al fondamentalismo islamico. «Mia madre non portava il velo. Ai suoi tempi nemmeno un terzo delle donne lo portava. Oggi invece siamo arrivati all'80%, ma devo dire che da qualche anno sento un'inversione di tendenza. L'undici settembre e gli attentati di Luxor nel 1997, hanno spaventato gli egiziani che sono un popolo di fiume, pacifico». Per Nawara l'Egitto non ha bisogno di «laicità, parola che prima usavamo a torto» ma di una sana separazione tra Stato e Islam che rispetti però la religione perché è scolpita nella cultura del paese.

Qual è il più grande problema del paese: Mubarak o i Fratelli Musulmani, principale organizzazione islamica radicale del Paese? «Sono due facce della stessa moneta», risponde divertito Nawara. «Sono come Tom e Jerry. La paura dell'uno legittima l'altro». Per quando il cambiamento? «Nei prossimi tre anni. Il partito di Mubarak è delegittimato dalla corruzione. Ma non ci sarà una grande rivoluzione. Penso più a una grande tavola di concertazione con la quale si legittimerà l'opposizione. In Egitto vige quella che definirei la teoria dello Stato parallelo: il livello dell'istruzione pubblica è bassissimo? Tanti egiziani mandano i figli nelle scuole private il pomeriggio. La stampa ufficiale non è libera? Ecco allora che prolificano i blog e, ora, la mania di Facebook. Ora però serve un nuovo presidente. Mubarak non può pensare seriamente di trasferire il potere al figlio come in una monarchia ereditaria». Ma per favorire il cambiamento ci vorrà il sostegno internazionale. Chi è il principale alleato dei liberali egiziani? Usa o Europa? «Né l'uno né l'altra. Il principale alleato è il popolo egiziano» risponde con aplomb Nawara Certo il sostegno internazionale è importante in un mondo globale ma, ad esempio, noi non riceviamo nessun finanziamento estero. Quel che cerchiamo di spiegare agli Stati Uniti è che se non restauriamo la fede nei valori liberali, il Medio Oriente cadrà nelle mani dei fondamentalisti dal Marocco al Pakistan».

Il tempo è scaduto, l'aereo mi aspetta. Nawara mi accompagna con la sua bella berlina in aeroporto tra strade ora calmissime. Arriviamo all'una. O almeno così credevo. Sì perché ai controlli di sicurezza mi informano che l'Egitto è passato, proprio all'una, all'orario estivo spostando le lancette avanti di un'ora. «Sir, ha perso il volo». Almeno ho la coscienza a posto.

Si ringrazia France Dutertre