Intervista a Carlo Taglia: viaggiate, ma non fate i turisti
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Abbiamo incontrato Carlo Taglia, torinese, viaggiatore indipendente e col sorriso sulle labbra, che ci ha raccontato cosa ha imparato facendo il giro del mondo senza aerei, quali sono i peggiori trasporti pubblici del mondo e che non ha perso neanche un calzino. Ma soprattutto ci ha contagiati con la sua passione e ci ha dato qualche dritta per viaggiare come lui.
Il torinese Carlo Taglia è l'autore dei due libri che sono da settimane (da mesi, nel caso di “Vagamondo”) in cima alla classifica dei libri più venduti nella categoria “Viaggi” di Amazon. Eppure non l'avete mai visto in tv, né nelle librerie a presentare i suoi libri. Carlo ha scelto di non tradire la sua natura e rimanere indipendente in ogni cosa che fa, anche per quanto riguarda la fama: odia la televisione, ha rifiutato contratti con le più grandi case editrici italiane, e continua ad autopubblicare i suoi libri. Quando è partito per il giro del mondo, nel 2011, ha cominciato a raccontare il suo viaggio giorno per giorno in un blog, che dopo il suo ritorno è diventato un libro: “Vagamondo – Il giro del mondo senza aerei”, che è diventato un best-seller, ed è appena stato tradotto in inglese. L'abbiamo incontrato per farci raccontare la sua storia e farci venire voglia di fare lo zaino e partire con un biglietto di sola andata.
Carlo: La prima cosa che vorrei dire è questa: da indipendente ce la puoi fare! Ci tengo a ribadire, tra l'altro, che non sono uno scrittore (avevo 5 di italiano a scuola)! Sono un viaggiatore che vuole trasmettere una passione.
Cafébabel Torino: Di cosa parla invece “La fabbrica del viaggio”, il tuo nuovo libro che è appena uscito?
Carlo: “La fabbrica del viaggio” cerca di rispondere a tutte le domande che mi sono state fatte in questi anni da persone che volevano partire come avevo fatto io: come fare lo zaino, quali mezzi di trasporto usare, dove dormire, come trovare i contatti, che lavori si trovano mentre si viaggia (io facevo massaggi, ho fatto il cuoco, ho lavorato su una barca, in un ostello, ho venduto le mie foto), e così via. Il concetto più importante che volevo trasmettere con questo libro è la mentalità da viaggiatore, e non da turista: viaggiare (in solitaria o no) per imparare cose nuove su se stessi, fuori dalla safe zone.
Cafébabel Torino: Partiamo dall'inizio della tua storia. Come è nato il tuo desiderio di fare il giro del mondo?
Carlo: Fin da ragazzino sognavo i viaggi avventura, leggevo solamente libri di viaggio (soprattutto “Shantaram” e “La città della gioia”: evidentemente ero innamorato dell’India già prima di andarci!). Credo che fossi innamorato dello stato d’animo del viaggio e ho deciso di farne la mia ragione di vita. Volevo mettermi alla prova con un’esperienza complessa: al di fuori dei soliti percorsi, via terra (non mi piace viaggiare in aereo), attraversando frontiere secondarie, alla ricerca di cose che i turisti non vedono, senza darmi dei tempi: scegliere un posto e partire da lì, con davanti solo incognite.
Cafébabel Torino: È andata davvero così? Hai mollato tutto e sei partito?
Carlo: No. Quelli sono i titoli dei giornali, ma non è andata proprio così. Volevo fare il giro del mondo da quando avevo 21 anni: l’ho programmato per almeno un anno, prima di essere pronto a partire. Ho lavorato per avere una base economica da cui partire, ma ammetto di non essermi preparato molto per quanto riguarda gli aspetti pratici del viaggio, come i visti: infatti quando sono partito all’inizio non mi sono fatto molta pubblicità, e ho aperto il blog solo dopo sei mesi perché non ero ancora sicuro di farcela! E invece sono tornato dopo 528 giorni e dopo aver percorso 95.450 chilometri.
Cafébabel Torino: Come descriveresti la tua esperienza?
Carlo: Io volevo soprattutto divertirmi, ho affrontato il viaggio con lo spirito del gioco. Mi ha aiutato moltissimo non avere la pressione del tempo: senza una data di ritorno, diventa un vero viaggio, ti lasci trasportare dagli eventi e anche dagli imprevisti. Quando sei pronto a tutto non hai paranoie e ti godi ogni attimo fino in fondo. La vita è cambiamento, per quanto ci rifiutiamo di accettarlo.
Cafébabel Torino: Qual è il posto che ti ha cambiato di più?
Carlo: L’India. Ho imparato l’hindi e sto studiando il sanscrito per poter leggere i testi sacri. È il posto in cui voglio tornare. La cultura indiana è quella che mi ha trasmesso di più. Il mio grande cambiamento nell'approccio alla vita è iniziato in India: sono diventato vegetariano, sono approdato a una vita sana, ho cominciato a praticare yoga, che mi ha messo in contatto con l’essenziale. In particolare l’avere lavorato in una baraccopoli è stata una vera lezione di vita sull’umanità: lì ho visto il meglio e il peggio dell’uomo.
Cafébabel Torino: Parlando di libri, cosa leggevi durante il tuo viaggio?
Carlo: Il libro che mi ha colpito di più durante il mio viaggio è l’autobiografia di Nelson Mandela, che ho letto in spagnolo. Leggo tantissimo soltanto in viaggio: la cosa più bella è leggere di un posto, uscire di casa ed essere lì. Ormai però è difficile trovare libri di viaggio appassionanti: sono curioso di leggere il libro di Mattia Miraglio, che è andato in Australia a piedi, e che sta per uscire.
Cafébabel Torino: Tu che fai il giro del mondo senza aerei, Mattia (è di Savigliano) che va in Australia a piedi… Noi piemontesi abbiamo un animo da viaggiatori?
Carlo: Credo che noi piemontesi siamo profondamente irrequieti. La nostra dualità di magia bianca e magia nera in viaggio si mescola e diventa grigia.
Cafébabel Torino: In che paese del mondo hai trovato i peggiori trasporti pubblici?
Carlo: I peggiori sicuramente in India e in Nepal, dove ho viaggiato in treno in terza classe e sono anche stato baciato da un eunuco! I viaggi della speranza però sono stati davvero tanti. Mi ricordo i contadini che mi guardavano come se fossi un alieno su un autobus nel nord del Laos, e probabilmente per loro lo ero davvero. Pur di non prendere l’aereo, ho attraversato l’oceano Pacifico, dalla Corea alla Colombia, su un mercantile. È stato il viaggio via mare più lungo: 22 giorni che fanno impallidire le 63 ore di pullman consecutive, o le 168 ore di treno.
Cafébabel Torino: È ancora possibile scoprire itinerari non battuti dai turisti anche in paesi invasi dal turismo?
Carlo: Sì. Basta uscire di pochi chilometri dagli itinerari turistici. Ad esempio, a Chiang Mai sono andato con il mio maestro di massaggi in motorino nei villaggi circostanti per insegnare agli abitanti ad usare le erbe medicinali: non avevano mai visto un occidentale. L’importante è non usare le guide come una Bibbia e non esserne schiavi: trarne le cose utili ma senza farsi incatenare.
Cafébabel Torino: Qual è la cosa più incredibile che ti è successa nel tuo viaggio?
Carlo: Che non mi hanno rubato niente e non ho perso neanche un paio di calzini!
Cafébabel Torino: E l'esperienza più estrema?
Carlo: Fare trekking sul ghiacciaio del vulcano Cotopaxi, in Ecuador. Ho sofferto un fortissimo mal di montagna e mi sono fermato prima di arrivare in cima. Volevo scalare anche l'Aconcagua, in Argentina, ma ho rinunciato, era troppo pericoloso. La montagna mi ha costretto a riconoscere i miei limiti.
Cafébabel Torino: Qual è il tuo prossimo sogno da realizzare? Immagino che non sia finita qui.
Carlo: Vorrei imparare ad adattarmi di più e a portare con me sempre meno (nell’ultimo viaggio che ho fatto non ho portato il sacco a pelo). Meno cose hai e più sei leggero con la testa. Quest’estate, mentre porto in giro il nuovo libro (tra l'altro sono costantemente alla ricerca di posti fuori dai circuiti tradizionali dove andare a raccontare la mia storia), prenderò il furgone e farò il giro dell’Europa fino a Capo Nord e alle Isole Lofoten. Poi vorrei andare in Antartide (magari prendendo un passaggio su una barca a vela), o anche in Canada e in Alaska. Mi piacerebbe anche pubblicare un libro soltanto di fotografie.
Cafébabel Torino: Quindi l’obiettivo è di visitare tutti i paesi del mondo?
Carlo: Certo! Calcolo di visitare una cinquantina di paesi ogni dieci anni per arrivare a 200; queste cose vanno fatte con calma e non di corsa. Non voglio essere come quelli che fanno il giro del mondo solo per mettere le bandierine e non capiscono neanche dove sono. È per questo che nel mio viaggio non sono andato in Africa. Merita un viaggio a se stante, va esplorata, capita, vissuta, non vista di fretta o stanchi dopo aver fatto il giro del mondo. Senza contare che in quel periodo c’era la guerra in Mali e una crisi di rifugiati in Mauritania, non mi sembrava il caso di andare a farci un viaggio. Tra due o tre anni mi piacerebbe andare in Sudafrica e attraversare tutta l’Africa da sud a nord, via terra.
Cafébabel Torino: E poi?
Carlo: Una volta realizzato il mio obiettivo – secondo i miei calcoli dovrei avere circa sessant’anni -, mi metterò a fare cose ancora più estreme: punto all’Everest o alla Luna!