Internet, uno strumento per trasformare la Bosnia?
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Ester Garufi«In Bosnia they don’t have roads but they have Facebook». Questa sentenza senza appello non arriva dalla Bosnia ma dal film sulla vita di Mark Zuckerberg, The Social Network. Una frase tanto semplice quanto vera. La Bosnia di oggi resta in una situazione caotica. Le divisioni etniche persistono e il paese si è trasformato in un puzzle politico-amministrativo di cui non si contano più i pezzi.
Ma l'arrivo di Internet e dei social network potrebbe contribuire a un'evoluzione sociale profonda e duratura.
A febbraio 2012 si è tenuta, per la prima volta a Sarajevo, una conferenza sul tema della responsabilità politica e delle nuove tecnologie. Ricercatori, giornalisti, attivisti della regione ma anche del mondo arabo o degli Stati Uniti si sono radunati a Sarajevo per dibattere sulla sorveglianza cittadina dei governi o le modalità grazie alle quali cui Internet può contribuire a unire dei movimenti civili. Invitati a spiegare la loro comunicazione sul Net, i rappresentanti dei partiti bosniaci si sono ritrovati sotto il fuoco delle critiche.
"Tutti i partiti hanno dei profili su Facebook, Twitter, Youtube, ma se ne servono soltanto come un nuovo vettore di pubblicità. Non esiste dialogo, interazione con gli elettori", sostiene Damir Kapidzic, ricercatore in scienze politiche all'Università di Sarajevo . "Soltanto due partiti hanno aggiornato i profili dopo le elezioni". La responsabilità di questo è dovuta alla mancanza di una cultura del dialogo sui social network. Internet è entrato a tutti gli effetti nella società bosniaca tra il 2004 e il 2007, Se la rete si sviluppa rapidamente, è necessario del tempo prima che i cittadini si rendano conto del suo potenziale.
Dalla corruzione al clientelismo
"Che tu sia ingegnere, universitario o astronauta, se non sei legato ad un network solido, ti troverai limitato nelle scelte"
Dagli accordi di Dayton, il sistema politico della Bosnia Erzegovina somiglia ad un gioco di strategia per esperti: tre entità con tre statuti diversi, una federazione composta da due distretti bosniaci e croati, una Repubblica serba di Bosnia, un distretto neutro in parte gestito dall'ONU, una presidenza eletta per 4 anni composta da un serbo, un croato e un bosgnacco che governano a turno per 8 mesi... tutti questi elementi hanno permesso di raggiungere una relativa stabilità, ma non di creare una coesione nazionale. La corruzione e il clientelismo restano e frenano lo sviluppo del paese. Una grande fetta di elettori votano in funzione dei loro interessi etnici e ciò non spinge davvero gli eletti al compromesso e alla responsabilità. "I partiti politici sono o al servizio di un'etnia, o multietnici e populisti", spiega Damir Kapidzic. "E i giornali sono legati anch'essi ad un partito o ad un gruppo etnico".
Dal suo profilo twitter, Tariq Kapetanovic richiama pubblicamente l'attenzione dei ministri sulle questioni locali. Seduto sulla terrazza del suo cybercafé situato in un quartiere in cui vivevano gli apparatčik (i funzionari) al tempo di Tito, a nord ovest della città, Tariq si presenta come affabile e cordiale. Tuttavia, il suo percorso non è stato dei più semplici. Bloccato a Sarajevo durante l'assedio della città, ha dovuto attendere la fine della guerra per andare a studiare giornalismo negli Stati Uniti. Al suo ritorno, ha scoperto che il diploma non era valido in Bosnia. "Allora ho studiato scienze politiche, ma non volevo impegnarmi e ritrovarmi prigioniero in un sistema clientelare. Ho deciso dunque di aprire un cybercafé (il KA5aCafe). Così posso mantenermi senza avere le mani legate".
Nel frattempo,ha cominciato a scrivere un blog sulla vita quotidiana a Sarajevo e sull'impatto della politica a livello locale. Oggi, si divide tra il suo caffé e il lavoro di consulente in relazioni pubbliche sui social network, presso alcune marche o un nuovo partito politico. Ottimista quando evoca l'evoluzione delle tecnologie a Sarajevo, Tariq Kapetanovic lo è molto meno sul tema del mondo politico e della corruzione che lo circonda. "Che tu sia ingegnere, universitario o astronauta, se non sei legato ad un network solido, ti troverai limitato nelle scelte. Molta gente non trova lavoro per questo motivo. Il cambiamento sarà lungo poiché questo sistema è ancora dominante nella mentalità dei locali».
Le nuove tecnologie e la politica
Tuttavia esistono delle soluzioni alternative: i portali online come Klix o Buka, frequentatissimi dai giovani, sono molto meno dipendenti dai partiti e dai gruppi etnici rispetto alla stampa e alla televisione. E altre iniziative potrebbero finire per influire sul sistema mediatico. Come quella di Ermin Zatega. Da 6 anni, questo colosso dagli occhi chiari compie delle inchieste per il Center for Investivative Reporting, uno dei rari media indipendenti. Dai casi di corruzione locali all'appropriazione delle risorse naturali da parte di compagnie private, nessuno viene risparmiato. "Talvolta ho slanci di ottimismo, ma non in questo momento. Ho l'impressione che stiamo perdendo la battaglia contro la corruzione. In quanto società, giornalista e essere umano. Ma l'unica cosa che si possa fare è continuare a battersi".
"Ho l'impressione che stiamo perdendo la battaglia contro la corruzione"
È ciò che fa instancabilmente Zasto ne, un'associazione che si fa carico di promuovere le iniziative sociali che riguardano le nuove tecnologie. Inizialmente attiva nei movimenti pacifisti all'inizio del 2000, la struttura si è progressivamente trasformata in piattaforma per alcuni progetti che utilizzano Internet in maniera militante. Il piccolo locale dell'organizzazione si nasconde in un quartiere in cui grandi blocchi abitativi in stile anni '60 circondano quadrati di prato ingialliti dal sole di luglio. Nulla di moderno sembra poter nascere qui... Un sentimento che fa riflettere Tijana Cveticanin quando evoca Istinometer, un sito internet che utilizza il fact-checking per denunciare le proposte deliberatamente contraddittorie e menzognere dei politici.
E se le tecnologie influenzassero direttamente la politica? "Da 20 anni, la Bosnia si mantiene in uno stato di apartheid etnico", stimano i membri del Partito Pirata Bosniaco. Sul modello dei loro cugini europei, i pirati bosniaci vogliono dar vita a una struttura distaccata dalle influenze nazionaliste, che si appoggia sulla responsabilità individuale dei suoi membri creando una visione collettiva. Un vero e proprio paradosso in Bosnia, dove i partiti sono per la maggior parte costituiti sul modello "un'etnia, un capo, una struttura". L'idea è ancora allo stato embrionale, ma il collettivo prende il suo tempo per creare un movimento credibile e duraturo.
"Nonostante la gente non capisca esattamente tutti i nostri tentativi, reagisce in maniera molto positiva alla parola pirata. Può sembrare insignificante - conclude - ma questo è per noi il segno che i bosniaci non accettano più l'inerzia del sistema e reclamano un'alternativa".
Quest'articolo fa parte di una serie di reportage sui Balcani realizzati da cafebabel.com tra il 2011 e il 2012, un progetto co-finanziato dalla Commissione Europea con il sostegno della Fondazione Allianz Kulturstiftung. Si ringrazia la redazione locale di cafebabel.com Sarajevo (seguiteli sulla loro pagina Facebook).
Foto di copertina: (cc)guerry-monero/flickr ; nel testo: © Alfredo Chiarappa, per "'Orient Express Reporter II" per cafebabel.com; video: piratskapartijaBA/YouTube
Translated from Internet, un outil pour transformer la Bosnie ?