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Intellettuali, sognate con Noi!

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La forza propositiva dell’intellettuale europeo è morta. Viva la eurogeneration!

Fin dall’illuminismo uomini di cultura, scienziati, filosofi, letterati ed artisti europei hanno creato una sorta di comunità sovranazionale dei “pensatori” scambiando e confrontando idee, discutendo accanitamente, nel tentativo di far nascere in Europa l’idea di un cosmopolitismo intellettuale che si fondi su ideali di uguaglianza e fraternità. Se oggi questi ideali rappresentano la base del progetto, ancora in via di sviluppo, della costruzione di una vera entità europea il merito è da attribuire proprio all’atteggiamento degli intellettuali che nella storia hanno osato affermare quello che sembrava assurdo ed inammissibile.

Nel nostro tempo non sembra essere più così. Eppure gli intellettuali ci sono ancora – sociologi, professori universitari, politici e filosofi – il problema è che non sembrano più osare, oppure non è permesso loro di farlo. E’ indubbio che il loro ruolo sia andato ridimensionandosi, la figura attuale dell’intellettuale è schiacciata dalla morsa egemonica della politica e dell’economia, una morsa a causa della quale il pensatore trova difficoltà nell’emergere poiché le ambizioni di un intellettuale devono andare di pari passo con l’idea di perseguire il bene collettivo ed oggi questo non sembra più trovare spazio.

Dahrendorf, Soros e Ash? In prepensionamento intellettuale

Gli intellettuali sono indubbiamente limitati da questo ma anche dalla particolare distribuzione della cultura, del sapere che oggigiorno sembra ridursi ad un’unica parola: informazione. Ed è proprio all’interno dei mezzi d’informazione che il ruolo degli intellettuali deve essere rivalutato. Le riflessioni dei “pensatori” arricchirebbero notevolmente le notizie distribuite dai mass-media. E’ quindi auspicabile che i redattori dei giornali, delle tv lascino maggiore spazio agli interventi degli uomini di cultura. Soprattutto sulle questioni europee.

Allo stesso tempo gli intellettuali non devono però limitarsi a commentare, devono osare di più. E quale argomento è più adatto ad osare se non l’Europa?

L’Europa è un progressivo divenire e per questo sussiste la necessità dell’apporto intellettuale, di riflessioni sulle situazione attuali che anticipino, che diano un input per le evoluzioni future della costruzione europea. Se si apre qualsiasi quotidiano – ed io ho sotto gli occhi il caso italiano – è spiacevole notare che gli interventi degli intellettuali sull’Europa sono rarissimi e che quando ci sono trasmettono, almeno tra chi dell’importanza dell’Europa è profondamente convinto, un sentimento di rassegnazione. Anche tra i più progressisti dei quotidiani del panorama dell’informazione italiano, come può essere “la Repubblica”. Eppure di argomenti su cui riflettere l’Europa ne offre a bizzeffe. Purtroppo però gli articoli dei Garton Ash, dei Soros, dei Dahrendorf non aggiungono niente di nuovo. Gli intellettuali di oggi sembrano mancare di immaginazione propositiva.

Citerei ad esempio un articolo apparso su “la Repubblica” del 12 luglio 2003 e scritto a sei mani da Timothy Garton Ash, Michael Mertes e Dominique Moisi. Nel suddetto articolo, dal titolo “Il club dei tre che deve dare un futuro all’Europa”, i tre illustri autori auspicano in pratica, per migliorare l’avvenire dell’Unione Europea, una ristrutturazione dei rapporti tra Francia Germania e Gran Bretagna, lesi dalla guerra in Iraq. Niente di più banale. Si continua in pratica con l’idea, purtroppo coincidente con la realtà, che gli unici attori di questa Europa siano gli Stati nazionali, ed in particolare i tre storicamente “grandi”.

Una giovane Europa in movimento

Ma l’intellettuale non si deve fermare davanti a quello che vede realmente, dovrebbe invece immaginare scenari diversi. Far riflettere sul fatto che l’Europa così come è oggi non è l’unica possibile, vagheggiare che nel nostro continente possa contare soprattutto la volontà dei cittadini intesi però come europei e non abitanti dei singoli vecchi stati nazionali egoisti dei loro interessi. Fantasticare che un lavoro, un’ idea, un voto elettorale di un italiano di Palermo serva a tutta l’Europa come quello di un Belga di Anversa. Senza nessuna differenza, perché prima di tutto bisogna far sentire europei gli europei. Dovrebbe essere questo il ruolo dell’intellettuale europeo.

Purtroppo gli intellettuali, da tempo, non osano più. E’ per questo che dobbiamo essere noi della nostra generazione a incaricarci di questo compito. Poiché abbiamo i mezzi per poterlo fare. Noi che andiamo a lavorare dalla Spagna e dall’Italia a Parigi e a Londra, Noi che prendiamo un aereo che per pochi Euro che ci porta a Bruxelles o a Dublino, Noi che facciamo l’Erasmus a Salonicco o a Copenaghen e che ci scambiamo e-mail e danari da ogni angolo del continente. La nostra generazione vorrebbe un’unica Europa unita e per questo è vista dagli altri come portatrice solo di illusioni ed utopie.

Ma se è di una cosa che non bisogna aver timore è proprio manifestare le proprie utopie poiché queste ci aprono sempre nuovi scenari. Kant nel “Per la pace perpetua” auspicava la realizzazione graduale di una repubblica federale mondiale. A noi basta sognare che questa raggiunga i limiti europei. Intellettuali, sognate con Noi.