Inquinamento e lobby dell'auto: fallisce anche il Parlamento Europeo?
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Il 3 febbraio 2016 il Parlamento Europeo ha bocciato una risoluzione della propria Commissione Ambiente che raccomandava di porre il veto alle nuove procedure per i test sulle emissioni inquinanti delle auto. Anche dopo lo scandalo Volkswagen, la lobby dell'auto dimostra per l'ennesima volta di essere intoccabile. Facciamo il punto della situazione.
Il 2015 è stato l'anno più caldo mai registrato. Solo negli ultimi 12 mesi l'enciclica ecologica di Papa Francesco ed il meeting delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Parigi, la COP21, hanno dimostrato che l'urgenza di ridurre le emissioni inquinanti deve essere una pagina centrale nelle agende dei governi dei paesi sviluppati ed in via di sviluppo.
In questo quadro risulta paradossale l'ultima decisione del Parlamento Europeo che ha bocciato una risoluzione della sua Commissione Ambiente. Quest'ultima raccomandava di porre il veto alle nuove procedure per i test sulle emissioni inquinanti delle auto decise dopo lo scandalo Volkswagen. La Commissione Ambiente aveva richiesto più severità nel regime transitorio che era stato proposto dalla Commissione Europea per allineare le immatricolazioni agli standard euro 6 di ossidi di azoto.
Dieselgate
Ma facciamo un passo indietro. Grazie al famoso Dieselgate, nel settembre dello scorso anno vennero a galla delle fortissime discrepanze tra i dati che alcune case automobilistiche, Volkswagen (VW) in testa, fornivano riguardo le emissioni inquinanti dei motori diesel e le effettive emissioni delle vetture in strada. I test di misurazione delle emissioni sono stati infatti misurati in laboratorio e falsificati grazie all'utilizzo di particolari software: i motori erano cosi in grado di percepire che eran sotto test e riducevano potenza, consumi e conseguentemente emissioni.
Dati alla mano si è scoperto che i motori diesel del gruppo volkswagen in questione inquinano il 400/500% in più rispetto al consentito. Una volta scoperti, i vertici Volkswagen non han tardato a confessare e scusarsi, con tanto di dimissioni dell'ad Martin Winterkorn. Il titolo VW ha perso oltre il 35% nelle successive due sedute della borsa di Francoforte e per correre ai ripari il gruppo ha iniziato un piano per "aggiustare" un numero sconfinato di vetture tra Europa e Stati Uniti.
Se la linea di reazione statunitense è stata quella di aprire una gigantesca indagine chiedendo il ritiro di mezzo milione di veicoli, la Commissione Europea non avendo gli stessi margini d'azione ha millantato severità invitando gli stati membri ad indagare e promettendo per il 2016 nuovi rigidi standard e test su strada per le emissioni. La Commissione Ambiente si è quindi messa al lavoro per prendere le contromisure necessarie a tutelare alla meglio la salute dei cittadini, ma la sua proposta è stata bocciata ad inizio febbraio. Probabilmente, se lo sforamento fosse stato in campo economico, per uno 0,3% si sarebbero mossi mari e monti. Probabilmente la salute dei cittadini non conta altrettanto.
Il fattore di conformità (la differenza tra emissioni di NOx tra laboratorio e stada) attualmente al 500% dovrà essere ridotta al 110% entro settembre 2017 e al 50% entro il 2020. Non è stata ancora fissata una data per l'azzeramento del fattore e per le successive riduzioni auspicate dalla Commissione Ambiente e nel quadro degli impegni presi alla COP21. L'effetto di questa decisione sarebbe in pratica una sanatoria del Dieselgate.
Solo scuse?
Il Parlamento Europeo giustifica questa scelta con la necessità di considerare i dubbi tecnici relativi all'utilizzo dei nuovi dispositivi portatili di misurazione delle emissioni (PEMS) e i limiti tecnici per il miglioramento della performance, in condizioni reali di guida, del rilevamento delle emissioni per le auto diesel attualmente prodotte. Una giustificazione un po' contorta per rimandare il problema a oltre il 2020 senza disturbare il comparto automotive, in particolare quello tedesco, che si sta già preparando ad attutire il colpo di una probabile condanna da parte delle autorità USA.
Il sospetto che le pressioni della lobby dei produttori di autovetture abbia avuto la meglio è più che fondato. Come sostiene la copresidente dei Verdi Europei, Monica Frassoni a Radio Popolare, le presisoni sono state fortissime: la rappresentanza italiana è stata fortemente mobilitata da Confindustria e i deputati francesi sono stati bombardati di e-mail di lavoratori del settore spaventati dall'idea che il passaggio della norma avrebbe messo a rischio i loro posti di lavoro. Paure infondate - continua la Frassoni - poichè l'innovazione incrementerebbe i posti di lavoro.
La proposta, sostenuta da ecologisti, socialisti e sinistra, è stata bocciata con una maggioranza risicata (323 contrari, 317 favorevoli e 61 astenuti) e fondamentale è stato un gruppo di 43 socialisti che han votato in difformità dal loro gruppo.
Lo stesso presidente della Commissione Ambiente, Giovanni La Via (PPE, IT) che ha votato contro la mozione, sostiene di averlo fatto per aiutare l'industria automobilistica ad avere scadenze economicamente più sostenibili: "In Europa, avremo una migliore qualità dell'aria per i nostri cittadini senza perdere posti di lavoro", ha affermato durante un'intervista con il Sole24Ore. Peccato però che non abbia sottolineato che i nuovi limiti che verranno applicati nel 2020 porteranno la quantità di NO2 tollerata a 120 mg/km, che è comunque il 50% in più di quanto stabiliva la normativa del 2007.
La scelta di non influenzare il settore automobilistico sarebbe anche potuta esser ragionevole se non si tiene conto della situazione ambientale in cui anni e anni di sforamenti delle emissioni da parte di Volkswagen & Co. hanno contribuito a creare.
Di inquinamento si muore
Secondo un rapporto dell'Agenzia Europea dell'Ambiente (Aea) presentato alla COP21 di Parigi, l'inquinamento atmosferico continua ad essere il responsabile di circa 491mila morti premature all'anno in Europa. 84mila soltanto in Italia, il Paese più colpito. Circa un quarto delle morti complessive per inquinamento sono da attribuirsi al Biossido di azoto (NO2) (21mila in italia, e oltre 70mila in Europa), proprio una delle sostenze in questione.
L'area maggiormente inquinata si rivela la pianura padana. Torino, Milano, Monza e Brescia sono le citta in cui le polveri sottili superano di gran lunga i limiti UE di 25 microgrammi per metro cubo a causa una combinazione tra una fortissima industrailizzazione e un'infelice posizione geografica che non garantisce il flusso di venti necessario a disperdere le sostanze inquinanti. Se a ciò aggiungiamo anche l'aumento delle temperature e di lunghi periodi di siccità, si può ben immaginare che l'aria, già irrespirabile, nei prossimi anni non accennerà a migliorare e i morti, probabilmente non diminuiranno.