Inghilterra: con l’Europa, non nell’ Europa
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Ottavio Di BellaGli inglesi hanno vissuto i due conflitti mondiali molto diversamente dagli altri paesi europei. E’ così che si spiega l’indifferenza britannica verso l’integrazione europea?
La Guardia Nazionale, i razionamenti, l’evacuazione dalle campagne, le canzoni di Vera Lynn e i vibranti discorsi di Churchill caratterizzano pesantemente la memoria collettiva britannica della Seconda Guerra mondiale. O forse è alla guerra lampo, agli intensi bombardamenti sulle maggiori città inglesi dal settembre ‘40 al maggio ‘41, alle sirene che ululavano nell’aria e ai ricoveri che ne seguivano, che la gente associa maggiormente la guerra. Al contrario, i bombardamenti inglesi a tappeto su suolo tedesco di rado fanno capolino nella loro immaginazione. In simili esempi, la natura selettiva della memoria nazionale collettiva - di ogni paese - è evidente. Ma se la percezione nazionalistica del passato non rappresenta nulla di più sinistro di una raccolta di fatti e ricordi personali genuini, la tendenza a calcare la mano su determinati ricordi e ad ometterne altri non dovrebbe essere dimenticata.
1940: soli contro il Male
Rappresentando uno dei pochi paesi a non esser stato occupato durante la Seconda Guerra mondiale e, insieme, un paese europeo non continentale, la memoria collettiva del Regno Unito è diversa da quella di altre nazioni europee. La reminiscenza affettuosa della retorica patriottica di Winston Churchill e la sua celebre amicizia con il Presidente americano Roosevelt ha inspirato la percezione inglese della Guerra come di una vittoria anglosassone contro le cattive armate continentali. Nel suo discorso alla Camera dei Comuni il 18 giugno 1940, Churchill galvanizzò la nazione inglese proclamando che se avessero fatto fronte a Hitler, in seguito «tutta l’Europa sarebbe stata libera ed il mondo si sarebbe incamminato verso felici e soleggiate vallate». In molti dei suoi numerosi discorsi, Churchill si avvalse effettivamente dello status di isola per la Gran Bretagna, in modo da preparare gli inglesi a «combattere da soli» una volta che la Francia venne conquistata. La Seconda Guerra mondiale venne così avvertita dagli inglesi come una crociata solitaria e, secondo le stesse parole usate da Churchill, un periodo a cui i posteri avrebbero guardato come al "momento di gloria" del Regno Unito.
Sentimenti contrapposti
Alla fine della seconda guerra mondiale in Europa, l’alleanza tra Regno Unito e Francia fu breve e le loro relazioni ritornarono presto all’insegna di una scomoda rivalità. L’antagonismo anglo-francese è ancora oggi esasperato dalle rispettive memorie nazionali di guerra su ambo le sponde del Canale. Anche se attualmente non esiste un sentimento universalmente condiviso nella popolazione inglese, permane tuttavia il gusto di percepirsi con lo status superiore di nazione vincitrice. Resti degli stereotipi nazisti vengon poi a galla ancora oggi in occasione di ogni partita di calcio tra Germania ed Inghilterra, o nella commedia britannica d’occasione, tra cui la più infame è l’episodio sei di Fawlty Towers, «I tedeschi» (1975), il cui slogan «non ricordarmi la guerra» è entrato linguaggio nel popolare. Per fortuna, comunque, questi costumi nazionali di cattivo gusto volgono ormai al tramonto. Eppure, proprio intorno al tema dell'integrazione europea, la memoria nazionale britannica della guerra ha sortito un effetto ben più profondo sugli atteggiamenti nazionali verso l’unificazione coi propri vicini.
L’eredità di Churchill
Lo stesso Churchill fu un acuto sostenitore dell'integrazione europea. Anche se, in ogni caso, non credeva che la Gran Bretagna dovesse far parte di quegli “Stati Uniti d’Europa" che difendeva così entusiasticamente. Semmai, doveva trattarsi in primo luogo di un progetto franco-tedesco per assicurare la pace sul continente. Il rifiuto storico di Churchill di entrare nela Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) nel 1951, fu indiscutibilmente alla radice stessa delle ambivalenze seguenti del Regno Unito verso l’Europa. L’influenza del credo Churchill per cui «siamo con l’Europa, ma non parte di essa» sull’opinione popolare inglese attuale non dovrebbe essere sottovalutata. Lo statista, dopotutto, venne acclamato in un sondaggio nel 2002 su scala nazionale, come il più grande inglese di tutti i tempi.
Ma quello che si sa poco, e su cui gli storici stanno in modo crescente insistendo, è che Churchill venne largamente mal interpretato sulle sue vedute circa la posizione dell’Inghilterra in Europa. Il Premier conservatore Edward Heath sostenne che Churchill si oppose alla partecipazione britannica all’epoca della fondazione della Comunità europea più per circostanze, che per principio. Da realista quel era sempre stato, Churchill avrebbe oggi riconosciuto nel progressivo affievolirsi della ‘relazione speciale’ della Gran Bretagna con gli Stati Uniti, un segnale dei tempi per dare una sterzata ed abbracciare l'integrazione europea. Churchill stesso, infatti, propose nel giugno del 1950 un primo tentativo di un’unificazione europea quando si presentò al Generale De Gaulle con una proposta stupefacente per una fusione politica, economica e militare tra Francia ed Inghilterra. La sua prontezza al tempo di guerra di unire Regno Unito e Francia come un sol paese ci restituisce la miglior traccia su come egli avrebbe reagito alle circostanze internazionali che il suo paese fronteggia oggi. Forse, se questa storica ipotesi fosse stata al tempo resa pubblica, sarebbe stata adottata anche dalla memoria collettiva britannica, finendo per influenzare ancora oggi l’opinione pubblica inglese.
Translated from With Europe, but not of it