Indipendenza in Catalogna: disposti a perdere
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Maria Elena CasasoleIndipendentisti catalani e unionisti spagnoli si trovano su posizioni diametralmente opposte. Tuttavia se le due parti vogliono veramente risolvere il conflitto, devono sottomettersi all'arbitraggio popolare e accettare il risultato seppur contrario. [Articololo di opinione].
Chiunque abbia affrontato almeno una volta una conversazione sul tema che riguarda la disputa territoriale tra Catalogna e Spagna, avrà inevitabilmente sentito frasi come "con i catalani non si può trattare" o ancora "con Madrid non c'è niente di cui parlare". Entrambe le posizioni hanno la loro parte di ragione e si trovano in quello stato di equilibrio imperfetto di coloro que sono d'accordo di essere in disaccordo.
In effetti hanno ragione riguardo al fatto che oggi esistono in Catalogna e in altri posti della Spagna due posizioni che sono reciprocamente irreconciliabili tra loro, senza possiblità di accordo che ci porti a un'ipotetica "opzione C". Esiste una parte della società catalana il cui unico obiettivo è una futura (e se possibile prossima nel tempo) Catalogna indipendente, perché nella loro concezione la Catalogna è una nazione che deve dotarsi di uno stato proprio, essendo insufficienti altre opzioni che portino ad una maggiore autonomia, ad un inquadramento federale dello stato o al già dimenticato "patto fiscale". Tra i non catalani (o catalani spagnolisti) c'è una buona parte che pensa che ogni questione territoriale è stata già discussa, valutata e decisa con la Costituzione del 1978, la formazione delle Regioni a Statuto Speciale e il famoso "caffè per tutti", in un processo democratico al quale hanno partecipato tutti gli spagnoli, catalani compresi. È evidente che se si sedessero allo stesso tavolo di trattativa i rispettivi rappresentanti di queste posizioni, la negoziazione non tarderebbe a rompersi senza nessun accordo, e succede perché realmente non esiste accordo possibile sul nocciolo della questione.
Eppure è innegabile che è necessario negoziare qualcosa. Non possiamo far finta di niente di fronte a una realtà che esiste e che è sotto gli occhi di tutti. Coloro che credono che il quadro normativo attuale è indiscutibile devono pensare che in molti casi la realtà non corrisponde alla teoria: lasciando da parte le dispute su maggioranze o minoranze, tutti sappiamo che sono tanti i catalani che non sono soddisfatti del quadro giuridico attuale e che tanti altri concordano con la maggior parte dei postulati (como il cosiddetto "diritto di decidere"). Non corrisponde alla teoria nemmeno il fatto che che dall'altra parte della "frangia di ponente" sono tanti coloro che, per esempio, promuovono campagne di boicottaggio contro prodotti catalani, proprio così, elaborati dai loro presunti compaesani.
D'altro canto, quelli che in Catalogna pensano che possono prescindere dall'opinione del resto degli spagnoli devono rendersi conto che in nesusn caso gli conviene: una dichiarazione unilaterale d'indipendenza non serve a nulla se non è riconosciuta dalla comunità internazionale, che potrebbe succedere solo se il processo d'indipendenza si portasse avanti con l'accordo dell'insieme degli spagnoli senza mettersi uno contro l'altro. E non è nemmeno giusto censurare la voce di migliaia di persone che hanno concepito la loro vita sulle aspettative generate nei secoli di storia comune tra Catalogna e Spagna. Il caso è che, per una ragione o l'altra, un conflitto di monopolio esiste d5a molti anni e così non si può più andare avanti.
Pertanto è indispensabile negoziare, ma cosa? È inutile provare a forzare un accordo sul nocciolo della questione da parte degli agenti sociali (partiti politici, associazioni culturali, etc.). Inoltre e soprattutto questa è una decisione che non spetta a loro, ma al popolo sovrano. Nonostante tutto quello che questi agenti sociali possono e devono negoziare è un accordo sulla forma, cioè i passi da seguire per risolvere il conflitto in cui tutti siano d'accordo e il cui risultato sia accettato ugualmente da tutti.
Si potrà chiamare processo, calendario o agenda elettorale, ma in realtà il nome è indifferente e quello che veramente importa è approvare una serie di atti in cui il popolo penda la parola. È importante che nell'evoluzione di questo processo tutte le parti implicate siano disposte a partecipare per avere motivi sufficienti per pensare che hanno alte possibilità di raggiungere i loro obiettivi. Tuttavia, e questo è il più importante, tutte le parti devono essere disposte a perdere, anche se si tratta di un'amara sconfitta. Questo significa che, se veramente si vuole risolvere la disputa una volta per tutte, gli unionisti devono essere disposti a concepire il fatto che probabilmente il popolo decida che Catalogna si indipendizzi e che lo faccia presto, mentre gli indipendentisti catalani devono accettare la possibilità che il destino della Catalogna si possa risolvere con la decisione della sua permanenza in Spagna fino alla fine dei suoi tempi.
Spostando questo stesso discorso al mondo dello sport, potremmo dire che per risolvere la questione se una squadra è migliore di un'altra, esiste un metodo più rapido e più efficace che discutere ore sulle statistiche, il palmarès o il colore delle squadre: ciò di cui si ha bisogno è semplicemente giocare una partita, dare tutto se stesso per ottenere la vittoria, essendo sempre preparati a perdere con sportività.
Translated from Independencia en Cataluña: dispuestos a perder