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In lotta contro l'amianto: un giornalismo fuori dagli schemi

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società

In principio era un network sociale per raccogliere elementi utili al documentario "La neve anche d'estate": è diventata un'inchiesta partecipativa in corsa per il Premio Ischia di Giornalismo 2010. Storia e scopi di Asbestos in the dock.

Niccolò Bruna e Andrea Prandstraller sono i registi del documentario "Il grande processo dell'amianto - La neve anche d'estate", un dramma giudiziario che narra della vertenza contro la multinazionale dell'amianto Eternit in atto in Italia, a Torino - accusata di "disastro doloso e omissione di misure di sicurezza e di cautele", e di tutta la vita che ci ruota attorno.

Quando ancora non si era certi che il processo sarebbe davvero iniziato, Niccolò ha pensato di aprire un social network a nome dell'Associazione Familiari delle Vittime dell'Amianto (Afeva) di Casale Monferrato: Asbestos in dock, l'amianto alla sbarra. «La storia del processo è una storia collettiva – spiega Niccolò – una storia dove molte persone partecipano all’informazione, e attraverso la loro narrazione completano il racconto delle vittime. L'idea iniziale era fare un report settimanale sull'andamento del processo, anche per raccogliere informazioni utili per il documentario». Alcuni dei protagonisti del film, la cui uscita è prevista per il primo trimestre del 2011, Niccolò e Andrea li hanno trovati proprio grazie ad Asbestos in the dock.

Il 6 aprile 2009, giorno della prima udienza preliminare davanti al GIP per il processo contro l'Eternit, erano molte le associazioni straniere presenti a Torino

«Asbestos in the dock è riuscito a mobilitare persone che i media tradizionali non avrebbero raggiunto, perché su un fatto così specifico la loro copertura si limita al giorno di apertura del processo»

Molti di coloro che seguono attivamente il tema "amianto" abitano lontano da Torino e dall'Italia, sono attivisti anti-amianto, quasi sempre grandi esperti in materia, che partecipano con spunti per il forum, commenti, foto e video. «I membri – continua Niccolò – si iscrivono anche per riconoscersi nella causa, non vogliono solo essere informati, ma partecipare attivamente. Per questo serviva un social network e non un sito». Ci sono anche giornalisti e avvocati, ma sono poco meno del 10% in un gruppo di 137 membri, provenienti da 25 paesi diversi. A leggere Asbestos in the dock sono utenti provenienti da 80 nazioni diverse: un paio di contatti al mese arrivano anche dalla Costa Rica, dove attualmente risiede il magnate elvetico Stephan Schmidheiny, che con il barone belga Jean-Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne, è il principale imputato del processo di Torino, iniziato il 9 dicembre 2009. Per la prima volta alla sbarra non ci sono solo direttori di singoli stabilimenti o quadri intermedi dell'azienda, ma i massimi rappresentanti di una multinazionale molto ricca e potente.

Il cemento-amianto è stato brevettato da un austriaco nel lontano 1901. È causa di malattie mortali«Asbestos in the dock, pensato e scritto in inglese, è riuscito a mobilitare persone che i media tradizionali non avrebbero raggiunto, perché su un fatto così specifico la loro copertura si limita al giorno di apertura del processo». Per Niccolò esiste «la possibilità che un'informazione diversa, dal basso, partecipativa, raggiunga una qualità e una copertura maggiore. La forza di Asbestos in the dock è l'occuparsi di un tema molto specifico e locale, che richiama però un interesse internazionale. I grandi media guardano il lato spettacolare e non quello sostanziale, ma a Torino è in atto un processo che può diventare pietra miliare per il tema della responsabilità sociale delle imprese: è una questione simbolica anche più importante del processo stesso».

Leggi anche «Processo Eternit: l'Europa si tutela contro l'amianto», su cafebabel.com

Una convinzione premiata dalla nomination alla XXXI edizione del Premio Ischia internazionale di Giornalismo 2010, per la sezione “Blog dell'anno”: Asbestos in the dock è uno dei dieci blog candidati che possono essere votati dai lettori.

 L'ingresso è simbolicamente "decorato" da un pezzo di Chrysotile, l'amianto biancoIl filo conduttore che ha guidato Niccolò, dall'idea del documentario fino al social network, è stata la visibilità della questione amianto: «Il premio costituisce una possibilità promozionale per il tema amianto, per l'Afeva, e certo anche per il nostro documentario. Il punto di vista iniziale è di chi si indigna per un'ingiustizia economica e sociale, ma c'è anche la volontà di trovare, in un problema così complesso, le ragioni di tutte le parti». Nei luoghi in cui l'amianto ancora si utilizza c'è sì l'interesse economico delle industrie, ma anche il bisogno sociale di reggere delle comunità di cittadini e lavoratori: in Brasile, ad esempio, nello stato del Goias, a Minaçu, c'è la più grande miniera d'amianto d'America, e non c'è un'alternativa economica e sociale all'estrazione dell'amianto, realizzata nel modo tecnologicamente più sicuro, in modo da minimizzare i rischi per la salute dei lavoratori e dei cittadini.

In Brasile Niccolò e Andrea hanno raccolto le voci di chi con l'amianto ancora ci lavora, e ora progettano di andare in India, grazie ai contatti raccolti attraverso Asbestos in the dock. Un piccolo network sociale che rischia di spiegare un problema mondiale. 

Foto: Orin Zebest/flickr; Asbestos in the Dock