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Immigrati in Belgio: «Regolarizzazione o morte»

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societàPolitica

La questione dell'immigrazione torna di attualità nel cuore dell'Ue. A Bruxelles 162 immigrati sans papiers hanno, per ora, interrotto uno sciopero della fame durato cinquanta giorni.

«Regularisation ou mort!». Questa la richiesta di centosessantadue immigrati sans papiers che hanno occupato uno stabile al 91 di Rue Royale a Bruxelles, una delle vie principali della capitale d’Europa.

Il primo gennaio 2008 hanno iniziato uno sciopero della fame che si è protratto fino al 19 febbraio scorso. Per il momento è stato raggiunto un accordo con il Ministero degli Interni che concede tre mesi di tempo per trovare un lavoro che, se trovato, permette di beneficiare di un permesso di soggiorno di un anno. I tre mesi sono prorogabili a sei per motivi di salute, e la cosa è piuttosto probabile viste le precarie condizione di queste persone dopo quasi due mesi di sciopero della fame. Un racconto della situazione a Rue Royale, quando ancora la protesta era in corso. Attraverso lo sguardo di una bambina.

Gli immigrati sans papiers in sciopero della fame a Bruxelles (Photo : Giovanni De Paola)

Elif, docici anni, di origine turca: «Parlo fiammingo e voglio restare in Belgio»

I sans papier, espressione francese che significa senza documenti, quindi clandestini, chiedono qui, nel centro d'Europa, la loro regolarizzazione. Sono sudamericani, africani, asiatici. All’interno dello stabile c’è Elif (il nome è inventato), che ha dodici anni ed è di famiglia turca.

Elif frequenta una scuola fiamminga a Bruxelles e vive in Belgio con i suoi cari. È lei a sostenere la responsabilità delle interviste. I bambini, benché irregolari, vanno a scuola. Parlano fiammingo e francese correntemente, al contrario dei più anziani. Elif dice che sua madre è qui a Rue Royale per lo sciopero della fame. Vivono a Bruxelles da più di dieci anni e non ritengono giusto non essere regolari, e di conseguenza vivere senza tranquillità. Dieci anni non sono sufficienti?

Quando a Elif viene chiesto se si sente integrata, la sua risposta è sicura: «Sì, sono felice qui. Parlo molto bene fiammingo perché è la prima lingua a scuola. Se dovessi tornare in Turchia sarebbe molto difficile per me imparare il turco. Per questo voglio restare in Belgio».

I suoi occhi sono decisi e intelligenti.

Elif dice una frase che da una bambina proprio non ti aspetti: «Lo sciopero della fame è la nostra ultima occasione». Parla al plurale. Lo fa a nome della sua famiglia e di tutti gli altri occupanti del 91 di Rue Royale.

-Tua madre può restare in Belgio?

-Se non viene regolarizzata… No.

-Come fate a vivere? Dove prendete i soldi per mangiare?

«Ehm, non ho capito la domanda». Farfuglia qualcosa in un fiammingo incomprensibile. Elif ha dodici anni, ma è più matura della sua età. I suoi genitori sono qui irregolarmente, qualunque lavoro facciano è in nero. Ed Elif, non lo può dire.

Quando si ricorda di parlare un ottimo fiammingo, risponde solo: «È molto difficile pagare l’affitto e il cibo, i miei genitori non lavorano. È molto difficile perché non abbiamo soldi». Ha un fratello maggiore e due sorelle. Tutti vanno a scuola.

In Belgio è garantito il diritto all’istruzione per i bambini, regolarmente residenti o no, purché vivano da almeno due anni tra Vallonia, Fiandre e regione della città di Bruxelles.

-Per quanto tempo tua madre sarà ancora qui in sciopero della fame?

-Fino a quando non avremo la regolarizzazione.

-Credi che lo sciopero della fame sia la via giusta?

-Mio padre ha già partecipato a uno sciopero della fame, ma non è servito a nulla. Speriamo che questa sia la volta buona. Non ci resta altro da fare.

(Foto: Giovanni De Paola)