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Il riconoscimento del genocidio armeno: l'eterno tabù

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società

Le recenti polemiche in seguito alle commemorazioni dell'anniversario del genocidio armeno hanno messo in luce l'eterno tabù esistente attorno al suo riconoscimento (o meno). Un argomento che suscita tutt'oggi numerose tensioni nella comunità internazionale.

Dopo l'assenza di Emir Kir durante il minuto di silenzio osservato in Parlamento in omaggio alle vittime del genocidio armeno, sono la parole del deputato CDH Ahmed Ek Khannouss ad aver dato vita alla polemica. Ecco uno spezzone: «Vorrei esprimere la mia esasperazione dinnanzi alle accuse cui è vittima la Turchia. Prima ci fu quella polemica sul massacro di migliaia di Armeni, commesso sotto l'impero ottomano. Bisogna forse qualificarlo come genocidio? Una domanda che divide fin nel retroscena della diplomazia belga».

La polemica ha causato molte reazioni all'interno della sfera politica e culturale belga, come quella del blogger Marsel Sel che, in uno dei suoi ultimi articoli, se l'è presa violentemente con Ahmed El Khannouss dandogli del "negazionista". El Khannouss, per di più consigliere a Molenbeek, è insorto e ha immediatamente reagito tramite il suo conto Facebook: «Non accetto che mi si dia del negazionista. Ho sempre riconosciuto il genocidio armeno e sono spiacevolmente sorpreso della strumentalizzazione del mio discorso riguardo la stigmatizzazione di cui è vittima la popolazione turca».

Una comunità che, a sua volta, si è mobilitata per la questione del genocidio armeno. Un collettivo informale, riunitosi sui social network, ha chiamato a un'«azione specifica riguardante le polemiche sullo pseudo genocidio armeno e aramaico», sotto forma di manifestazione che si è tenuta sabato scorso, riunendo più d'un migliaio di persone alla Gare du Nord di Bruxelles.

Una ventina di paesi riconoscono attualmente il genocidio

A più di un mese dalle commemorazioni del centenario del genocidio, nel quale persero la vita centinaia di migliaia di Armeni dell'Impero Ottomano durante la Prima Guerra Mondiale, la questione del riconoscimento continua ad alimentare vive tensioni in seno alla comunità internazionale. Se una ventina di nazioni hanno finito per riconoscere dopo un secolo il genocidio Armeno – fra cui Francia, Italia e Russia – la Turchia continua a negare l'organizzazione e il carattere sistematico di quella carneficina.

Il Vaticano ma anche la Germania e l'Austria, due alleati storici della Turchia, hanno riconosciuto il soltanto recentemente il "genocidio" degli Armeni. Il presidente tedesco Joachim Gauck si è espresso soltanto il 23 aprile, alla vigilia delle commemorazioni, riconoscendo «una corresponsabilità e, potenzialmente, una complicità» tedesca in quel crimine. Il Parlamento austriaco aveva fatto lo stesso il 22 aprile, osservando un minuto di silenzio in memoria del genocidio degli Armeni, il primo evento del genere in un paese storicamente alleato dell'Impero ottomano e dove questo termine non era mai stato usato ufficialmente. Una decisione che ha spinto la Turchia a richiamare il suo ambasciatore in Austria, come era successo qualche giorno prima in Vaticano in seguito alle parole di Papa Francesco, che ha definito gli Armeni come vittime del «primo genocidio del ventesimo secolo».

La scelta del riconoscimento? Spesso è una strategia diplomatica

La scelta del riconoscimento del genocidio armeno è in realtà molto legata ad una strategia diplomatica, ciò spiega perché gli Stati-Uniti hanno tante difficoltà ad avanzare su quel punto: la Turchia è un alleato storico della NATO e gioca un ruolo strategico negli interessi americani in Medio Oriente. Durante le commemorazioni, Barack Obama si era ben guardato dal ricorrere al termine "genocidio", preferendogli quello di «terribile carneficina» per qualificare i massacri perpetrati durante la Prima Guerra Mondiale.

Nel Regno Unito, la questione rimane ugualmente sensibile. I suoi diplomatici non parlano di "genocidio" ma di «ciò che è successo fra il 1915 ed il 1923». Il paese conta molti cittadini turchi e tenta di rimanere in buoni rapporti con la Turchia. Ciò non ha impedito ai parlamenti scozzesi e dell'Irlanda del nord di approvare una mozione generale riconoscendo il genocidio nel gennaio 2010, dimostrando così come questa questione potesse provocare attriti all'interno stesso d'uno stesso blocco.

Altro esempio: se il parlamento europeo ha riconosciuto il genocidio armeno nel 1987, la Commissione europea e l'esecutivo nel suo insieme rifiutano da sempre di parlare di "genocidio" perché il termine non è utilizzato da tutti i 28 Stati membri dell'Unione. Come accade spesso, l'Europa non riesce a parlare in modo unito e fatica a risolvere una questione diventata tabù nel corso del secolo.

Turchia-Armenia: una riconciliazione impossibile?

Perché la parola "genocidio" provoca una tale collera? Come concludere un secolo di ostilità fra i due vicini? Le condoglianze presentate l'anno scorso dal primo ministro turco Erdogan lasciavano intravedere l'ipotesi d'una prossima riconciliazione. Una speranza di breve durata poiché quest'ultimo ha recentemente scartato ogni possibile riconoscimento del genocidio e ha anche creato una nuova polemica invitando il suo omologo armeno, Serge Sarkissian, alle cerimonie del centesimo anniversario della battaglia dei Dardanelli, scalate per l'occasione al 24 aprile, giorno in cui l'Armenia commemora quello dei massacri del 1915.

Se il potere si dimostra sempre cosi' inflessibile e resta volutamente retrogrado, buona parte della società civile turca si è autonomizzata e ha accettato, poco a poco, l'idea di un genocidio evocandolo apertamente. Secondo l'economista turco Ahmet Insel, autore di Dialogo sul tabù armeno, si stanno facendo tanti «piccoli passi» che si sono rivelati essere «molto importanti sulla via della normalizzazione e del riconoscimento del genocidio armeno». Cita la pubblicazione di tanti libri sull'argomento, la moltiplicazione delle esposizioni e delle conferenze, o ancora la rinnovazione delle chiese armene in Turchia.

Molti turchi s'interessano al genocidio e si sono accorti che avevano degli antenati armeni, prova che i due popoli confinanti non sono poi tanto differenti e che uno sforzo reciproco di riconciliazione può essere avviato, a condizione ovviamente che ciascun faccia sforzi e sia disposto a fare un pezzo di strada per venire incontro all'altro. In un mondo in perpetuo cambiamento, è ora di rifiutare questa mentalità di un'altra epoca e finirla con un secolo di ostilità per non correre il rischio di ripetere gli errori del passato.

Translated from La reconnaissance du génocide arménien : l’éternel tabou