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Il Processo di Bologna e le proteste delle università: il caso francese

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Tiziana De Pasquale

società

Alla fine del 2008 le università italiane, spagnole e greche hanno manifestato il loro malcontento. Nel 2009 tocca alla Francia, dove da qualche settimana il mondo della formazione è in rivolta. Un professore universitario spiega le ragioni della mobilizzazione.

«Il 2 febbraio, l’università e la ricerca si sono fermate»: gli insegnanti e i ricercatori, di destra e di sinistra, sono in sciopero, gli studenti li seguono, gli impiegati amministrativi anche, e i laboratori di ricerca si dichiarano in lutto. Il Governo francese vuole sconvolgere lo statuto degli insegnanti-ricercatori: una riforma che è la conseguenza della “legge relativa alla libertà e la responsabilità delle università” (Lru): votata e applicata nel 2008 in modo forzato, e che ha fornito un potere enorme ai presidi di facoltà a spese delle autorità collettive. Questi ultimi avranno la facoltà di aumentare o diminuire il numero di ore dei corsi dei “professori di facoltà”. Gli oppositori denunciano il rischio decisioni imposte dall’alto e di una limitazione dell’autonomia intellettuale. Malgrado il nome, la legge ha incrementato il potere dello Stato per un nuovo metodo di finanziamento tutto a vantaggio delle imprese.

Formazione e precarietà dei professori

Il Governo impone, inoltre, una riforma brutale per la formazione e l’assunzione degli insegnanti delle scuole primarie e secondarie, chiamata “masterizzazione”: cinque anni di studio come prima ma, l’ultimo anno sarà sottoforma di tirocinio a pagamento (gli studenti dovranno pagarlo di tasca propria), e il concorso di assunzione ha un contenuto intellettuale più debole. Si tratterà, secondo il Governo, di un allineamento alle normative europee. Su questi due punti s’innesta lo smantellamento del Centro Nazionale della Ricerca Scientifica che il Governo intende tagliare in molteplici istituti con il pretesto di maggiore visibilità, e per controllare più a lungo i suoi orientamenti, con il rischio di un dominio dello Stato sulla scienza. Il finanziamento suscita la rabbia degli scienziati: ora è l’Agenzia Nazionale per la Ricerca (ai membri nominati dal Governo), che distribuisce il grosso dei fondi sui progetti di ricerca maggiormente definiti dallo Stato. Privilegiano l’applicazione industriale a spese della ricerca fondamentale, e con impiegati a tempo determinato, che condannano i ricercatori alla precarietà fino ai 40 anni. Si tratta della versione francese dei preconcetti europei sull’articolazione tra ricerca e innovazione industriale. Dottorati applicati in Francia nel 2004, la legge Lru è la versione francese di certi aspetti del processo di Bologna, che raccomanda un governo più gerarchico delle università. Che succederà da qui alla Conferenza europea sull’insegnamento superiore e la ricerca che si terrà il 28- 29 aprile a Louvain?

Marie-Pierre Gaviano maître de conférences all’università di Besançon e membro dell’associazione Salviamo la Ricerca.

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Translated from Processus de Bologne : les universités françaises en colère