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Il Palazzo della Repubblica, della discordia. E dell'amianto

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CulturaPolitica

I progetti di recupero per l'ex parlamento della Germania Est fioccano. Tra i progetti quello di vedere rifiorire il Castello degli Imperatori abbattuto dal Comunismo. Ma lo Stato tedesco...

Berlino Est. Le nubi concedono una breve tregua regalando un po' di sole ai turisti.Un gruppo di cinesi posa per una fotografia nel giardino tra il Municipio e la Karl Liebneck Straße. Il fotografo gesticola spazientito ai piedi della statua di Karl Marx e Friederich Engels. È disperato: non c’è modo di nascondere l’immagine fantasmagorica di un enorme edificio che si erge fatiscente alle spalle dei due comunisti. È il Palazzo della Repubblica, l’antica sede della camera dei rappresentanti della Repubblica Democratica Tedesca, il regime comunista vassallo dell’Unione Sovietica fino al 1989.

Amianto di lusso

Era stato inaugurato nel 1976 dal dittatore Erich Honnecker, sulle rovine dello storico Stadtschloss (il Palazzo degli Imperatori di Prussia), «e ospitava non solo il parlamento, ma anche una sala concerti, un teatro, vari ristoranti, mostre e caffetterie, ed era di libero accesso a tutti i cittadini. Un vero luogo di incontro», racconta Alexander Schug, giovane storico. Formava, insieme alla torre dei ripetitori alta 300 metri all’altro lato del giardino, un complesso imponente. Un'immagine della modernità e dello sviluppo ostentata dal regime marxista agli occhi del mondo. Un incontro tra il lusso dell’avanguardia architettonica e il disegno d’interni degli anni Settanta. Ma nascondeva il germe di un cancro difficile da estirpare: l'amianto. Nell’aprile 2003, infatti, il Parlamento federale approvò lo smantellamento del Palazzo a causa della presenza di particelle di amianto. Nel frattempo sono stati fatti progetti di tutti i tipi per recuperare l'area.

Come avvoltoi su una carcassa

Uno di questi è promosso da Lür Waldmann (nella foto a sinistra), un 52enne avvocato che promette: «Sono sicuro che da qui al 2017 potremo ricostruire il vecchio Castello degli Imperatori di Prussia abbattuto dai comunisti sullo stesso luogo sul quale si ergeva e dove oggi sorge il Palazzo della Repubblica». Waldmann promuove la ricostruzione del Castello degli Imperatori sulla base delle antiche piantine, una volta che il Palazzo dell'amianto verrà demolito.

L'iniziativa, battezzata Wir bauen das Schloss (Costruiamo il Castello), è promossa Waldmann e da un imprenditore privato che vuole rimanere anonimo. «Miriamo a raccogliere un investimento di ben 500 milioni di euro per costruire una replica identica del castello esistente. Ovviamente, con l’intenzione di aprire al suo interno una galleria di negozi, un hotel, ristoranti, e di permettere ai turisti di visitare le stanze degli imperatori prussiani.» Per prima cosa lo Stato deve concedere l’acquisto del terreno, in secondo luogo rilasciare la licenza per un’iniziativa puramente commerciale. «Il progetto si autofinanzierebbe e lo Stato risparmierebbe molti soldi», ribatte Waldmann, «ma per ora, i parlamentari di tutti i partiti mi dicono che lo stabile non è in vendita».

Di certo l’amministrazione tedesca non è povera, e molto probabilmente, il Bundestag, il parlamento federale, approverà a settembre la spesa di 480 milioni di euro per la realizzazione di un altro progetto di recupero, alternativo a quello di Waldmann: la costruzione dello Humboldt Forum, un museo dedicato alla divulgazione urbi et orbe dell’opera dei fratelli Humboldt, famosi scienziati e pedagoghi tedeschi. In questo caso, l’unica cosa ad essere ricostruita fedelmente sarebbe solo la facciata principale dell’antico castello. L’associazione Förderverein Berliner Schloss, grazie al suo fautore Wilhelm von Bodin, si sta già impegnando nella raccolta del denaro necessario. «Noi non ci opponiamo del tutto a questo progetto», dichiara Waldmann, «però pensiamo che non serve esporre maschere africane o giapponesi che si trovano anche a Parigi o in altre città europee».

Progetti architettonici fino a 800 milioni di euro

Spesso, coloro che desiderano conservare i luoghi ed i simboli del regime comunista,vengono etichettati come nostalgici. Ed è quello che succede all’associazione dei giovani architetti di Berlino "Salviamo il Palazzo" che vorrebbero «superare la disputa ideologica tra Palast e Castello». Ciò che criticano è l’enorme costo di progetti per nuove costruzioni che, in alcuni casi, arrivano fino a 800 milioni di euro. Propongono invece di conservare il Palast per motivi pratici e utilizzarlo come edificio multiuso: «Non potremmo permetterci sia l’orchestra sinfonica che il castello?» si chiedono. Quando il Palazzo verrà demolito, rimarrà solo un terreno vuoto e abbandonato».

«Sono solo una banda di fascisti» dice Hannes, con la sigaretta tra le labbra, mentre si trova a casa di amici nel cuore di Kreuzberg, quartiere bohémien per eccellenza. La sua è l’opinione di uno studente di Scienze Politiche con l’aria da figlio di papà. Un’opinione che, spiega Shug «devo rispettare come storico. Quello che mi dispiace è la perdita di un patrimonio architettonico a favore di un palazzo prussiano nel centro della città, con tutte le reminescenze militari che esso porta con sé». Schug, e i suoi alunni Arne e Jan, del corso di Storia all’Università di Humboldt, hanno organizzato una mostra al Museo di Prenzlauerberg, durante il mese di agosto, sulla storia del Palast der Republik, con lo scopo di creare un «archivio storico dell’edificio».

Ma allora, che motivo c’è di ricostruire il vecchio castello? «Se passeggio per Berlino vedo molti edifici moderni. Capisco come sono stati costruiti in cinque minuti» replica Waldmann, «e invece potrei passar ore ed ore a studiare il castello senza annoiarmi, proprio come con Versailles». Per quanto sembri paradossale, Waldmann non si sente nostalgico di nulla. Frank Freiherr von Coburg, responsabile dell’associazione "Costruiamo il Castello", asserisce disincantato: «Tutto questo non ha niente a che vedere con re e imperatori. È solo per attrarre più turisti». Una dichiarazione condivisa da Daniela Urbschat, famosa fotografa berlinese che ha ritratto personalità come la regina Noor di Giordania o il re Juan Carlos I di Spagna: «Mi associo all’iniziativa di Waldmann. Sfortunatamente si deve sacrificare qualcosa affinché si migliori la città e si parli sempre più spesso di Berlino».

Translated from Berlín, el rompiente de las nostalgias