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Il mondo in una piazza

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Torino

Nigeria, Congo, Tunisia, Algeria, Cuba, Italia, Giappone, Marocco, Senegal. Il palco allestito davanti al Jazz Club di Torino per ospitare i coristi di Europa Cantat, lunedì sera è stato invaso dall'Orchestra di Porta Palazzo. Tredici elementi per un giro del mondo musicale durato ahimè un'ora e mezza solamente.

Nell'ambito della manifestazione che ha portato in città più di quattromila coristi, che tra noi decimati superstiti del caldo cittadino di fine luglio si è fatta conoscere per passaparola, la serata in piazza Valdo Fusi ha radunato giovani da tutta Europa, nonché da molte altre parti del globo, in un concerto meticcio e originale (vedi video del concerto).

In questi ultimi giorni di luglio, le strade e i portici sono rimasti deserti per poco tempo a Torino, forse solo qualche ora, perché a supplire la partenza di studenti e delle carovane di macchine direzione ferie, sono arrivati ragazzi e ragazze da tutto il mondo; la città si è riempita di coristi e musicisti che vagabondavano con sulle spalle ogni tipo di strumento. Per la prima e unica volta Europa Cantat, manifestazione corale che si ripete ogni tre anni, arriva a Torino e con sé porta passione e integrazione, musicale e non solo. Difficile è però stare dietro a tutti gli eventi e i concerti, tranne chiaramente quando passano sotto casa tua. A quel punto non devi fare altro che mollare tutto quello che stai facendo e aprire la porta per rotolare giù in strada; così come è successo sabato quando, sotto i portici di via Po, i Cirque du Bordel - un quartetto che suona “balkanpop” a Torino – ha preceduto i canti di alcuni gruppi di giovanissimi coristi e coriste dalla Francia, dalla Svizzera e dall'Italia.

In piazza lunedì sera, seduti o in piedi davanti al palco del Jazz Club, la folla andava sempre aumentando fino a quando la bellissima Dorcas, cantante dell'Orchestra di Porta Palazzo, non ha dato il via al concerto. Tromba, tastiera, percussioni, due violini, fisarmonica, chitarra: vengono da tutto il mondo ma sono di Torino. E ad ascoltarli c'erano ragazzi da quasi ogni continente. Purtroppo c'è voluto un po' di tempo perché il ritmo delle percussioni africane mescolate con la tromba dalle sonorità cubane e la fisarmonica dell'Italiano Michele Schifano, entrasse nelle gambe e smuovesse un pubblico forse colto di sorpresa dai 120 battiti per minuto dell'Orchestra. Solo un bambino di nome Gabriele, in prima fila, non ha mai smesso di ballare senza freni ogni canzone. L'anima della serata. Solo con Pata Pata, ultima canzone, tutta la piazza si è scatenata. E come poteva terminare il concerto se non con la canzone di Miriam Makeba, uno dei simboli della lotta per la libertà d'espressione artistica in Africa?

Dalla repubblica sudafricana al Maghreb per poi attraversare l'oceano e approdare sulle coste dei Caraibi e dell'America Latina, culture e stili musicali si influenzavano a vicenda in un concerto eterogeneo nei ritmi e nelle voci.

Mattia Marello

Foto Orchestra di Porta Palazzo