Il mestiere del codista, ovvero colui che attende (con pazienza) per lavoro
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"Fare di necessità virtù": questa è la massima che deve aver ispirato Giovanni Cafaro, l'inventore della nuova occupazione, mentre era in fila per pagare una bolletta. Ma in cosa consiste la nuova professione del "codista"?
La capacità di trasformare un problema in una soluzione è una dote inestimabile che certamente non appartiene a tutti. Ma sicuramente rientra nelle capacità di Giovanni Cafaro, il primo codista di professione. Potrebbe sembrare un pesce d’aprile fuori stagione, ma non è cosi. Si tratta infatti di un lavoro vero e proprio, regolato da contratto collettivo nazionale e per cui è necessaria una partita IVA con cui rilasciare ricevuta fiscale. In cosa consiste la nuova professione? Fare la coda per gli altri, né più e né meno. Da qui il neologismo "codista".
Il bisogno aguzza l'ingegno
La lampadina si è accesa per il signor Cafaro due anni fa, mentre si trovava a Milano ed era in fila per pagare una bolletta. Come lui, nello stesso giorno, in coda si trovavano milioni di compatrioti. E nell’attesa è arrivato il fulmineo pensiero: «Mi venne in mente che potevo fare la stessa cosa per gli altri», dichiara all'Economist. Ed è così che, essendo a quel tempo un disoccupato con molto tempo libero a disposizione, decise di iniziare a distribuire volantini pubblicizzando il suo servizio, racimolando così decine di clienti. Tra questi anche varie aziende, le quali hanno pensato di sfruttare i suoi servigi in modo da poter indirizzare i propri dipendenti verso altre attività più produttive. A dar ragione alla sua intuizione interviene il Codacons, l'associazione italiana a difesa dei consumatori, il quale ha stimato che gli italiani perdono in media 400 ore all’anno in fila. E dato che si sa che il tempo è denaro, si stima che queste ore abbiano un valore economico pari a circa 40 miliardi di euro. Inoltre l’ISTAT nel 2015 ha diffuso uno studio secondo il quale nel decennio 2003-2013 sarebbe sensibilmente aumentato il numero di coloro che si vedono costretti ad attendere tempi superiori ai 20 minuti in fila per sbrigare le proprie pratiche amministrative.
Dov'è la novità?
Il lavoro del signor Cafaro tuttavia non è di certo una novità: da sempre chi se lo può permettere assume qualcuno per passare gli interminabili minuti o ore necessari per spedire un pacco, pagare una bolletta o avere a che fare con "gentilissimi" impiegati degli sportelli degli uffici comunali. L’innovazione sta nella base giuridica. Per chi fosse interessato, avesse molta pazienza e qualche oretta senza impegni, il contratto standardizzato per un codista prevede ora un salario minimo lordo di 10 euro all’ora, nonché la copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro «nel caso in cui un codista inciampi nelle scale di un ufficio governativo», ha spiegato l’inventore. «Ho voluto regolare la professione con un contratto nazionale depositato in modo tale che ognuno conosca diritti, doveri e modalità di fruizione del servizio,» ha chiarito Cafaro. «Si possono chiamare regolarmente i codisti per un’ora, un giorno, una settimana o un mese, ma si può scegliere di assumerli a tempo indeterminato con una regolare busta paga, lo straordinario e le ferie». Cafaro ha un passato da studente, con una laurea in scienze della Comunicazione e un master in organizzazione aziendale e risorse umane conseguito presso l'Università Bocconi di Milano.
Diventare un codista: l’esperienza di Irene
La professione iniziava a seminare successi, quindi il codista pensò fosse il momento di diffondere la sua invenzione. Così sono nati i corsi di formazione: è sufficiente passare 5 ore su Skype per diventare dei perfetti codisti. Corsi che si rivelano più necessari di quanto si possa pensare: non è così immediato apprendere le esigenze delle amministrazioni centrali e locali riguardo a documenti, firme e oneri, capire quale sia la giusta coda, modulo o delega necessaria da compilare. Tra coloro che hanno scommesso su questa nuova professione c’è Irene Xotta, la quale racconta al Corriere della Sera: «Ero rimasta senza lavoro, e avevo saputo che il signor Cafaro offriva dei corsi per conoscere tutti i segreti di questa nuova professione. Così mi sono iscritta e poi ho conseguito l'abilitazione: da profana non avrei mai immaginato quanto fosse difficile affrontare la burocrazia». Ma, nonostante le inevitabili difficoltà iniziali, i clienti sono affluiti immediatamente: «Ho realizzato e distribuito centinaia di volantini porta a porta, per far conoscere i miei servizi. E con mio grande stupore sono stata contattata subito per ritirare degli esami clinici. Questo mi ha dato l’entusiasmo per continuare e ho iniziato a pubblicizzarmi anche tramite un sito internet e i social network». Infatti, come ricorda la neo-codista «le code per fortuna in Italia non mancano mai, così l'odiata e vituperata burocrazia si è trasformata nella mia migliore alleata. Sempre più persone non hanno il tempo o la voglia di fare la fila agli sportelli e affidano a me, avendo fatto di banche, uffici postali e dell'Agenzia delle Entrate il mio pane quotidiano».
Una clientela variegata
Xotta spiega che alcuni suoi clienti richiedono singole commissioni, ma altri decidono di intrattenere un rapporto stabile, siano essi anziani o professionisti molto impegnati. Per tutti quelli che leggendo si fossero incuriositi e stessero seriamente considerando un futuro da codista, gli orari di lavoro seguono quelli degli sportelli pubblici e il pagamento è ad ore, sulla base del tempo effettivo passato in fila. Ma la codista mette in guardia: «Ogni tanto si lavora anche di pomeriggio o di sera, poiché arrivano richieste di tutti i tipi». Un professionista delle code infatti non si sposta solo tra uffici, poste e amministrazioni, ma si rende disponibile anche per l’acquisto di biglietti per concerti, manifestazioni sportive, mostre o qualsivoglia altra bizzarra necessità. «Mi è stato chiesto di acquistare estrattori per succhi su Internet, oppure di mettermi in fila all’alba per comprare l’ultimo modello di smartphone perché il cliente voleva essere uno dei primi ad averlo ma non aveva tempo di acquistarlo: è un mestiere che non conosce la parola noia,» confessa Irene. Lavorare "a tempo perso" in altre parole, facendo di necessità virtù. Funziona, non c'è che dire.
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