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Il cinema scolastico e i registi del futuro

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Cultura

Cosa è il cinema scolastico? Cafébabel ha incontrato i registi del futuro in Francia, al Festival Rencontres Henri Langlois.

Non im­por­ta se siano belgi, ita­lia­ni, da­ne­si, fran­ce­si, israe­lia­ni, bri­tan­ni­ci o te­de­schi, se pre­sen­ti­no una sto­ria di fan­ta­scien­za, un do­cu­men­ta­rio o un car­to­ne ani­ma­to. I re­gi­sti del cinema scolastico hanno tutti un de­no­mi­na­to­re co­mu­ne: i loro film trat­ta­no temi pro­pri ai gio­va­ni. La ri­cer­ca del­l’i­den­ti­tà, i cam­bia­men­ti le­ga­ti al­l’a­do­le­scen­za e i passi verso l’età adul­ta sono pre­sen­ta­ti con uno sguar­do nuovo, estra­neo ai luo­ghi co­mu­ni. Per Julie Be­zer­ra Mad­sen, re­gi­sta da­ne­se del do­cu­men­ta­rio Boy, il ci­ne­ma sco­la­sti­co trova la sua mas­si­ma espres­sio­ne nel Fe­sti­val Ren­contres Henri Lan­glois. Il suo film ri­per­cor­re gli inizi della tra­sfor­ma­zio­ne di una ra­gaz­za che si i­niet­ta del te­sto­ste­ro­ne per di­ven­ta­re un uomo. Nel suo caso, l’i­dea le è ve­nu­ta in se­gui­to al­l’in­con­tro con Oli­ver, il suo per­so­nag­gio prin­ci­pa­le. “Me ne sono in­na­mo­ra­ta”, ci ri­ve­la.

In Cloro, Laura Ple­bani porta alla luce uno dei più gran­di pro­ble­mi per gli ado­le­scen­ti: la se­pa­ra­zio­ne. Chia­ra e Fu­tu­ra sono una cop­pia di nuoto sin­cro­niz­za­to. Fino al gior­no in cui una delle due co­no­sce un ra­gaz­zo. Da al­lo­ra tutto si com­pli­ca e le loro stra­de si di­vi­do­no. “Per me, fare ci­ne­ma vuol dire crea­re emo­zio­ni. Que­sta cop­pia di spor­ti­ve mi per­met­te di par­la­re della se­pa­ra­zio­ne e delle in­ten­se emo­zio­ni che ne de­ri­va­no”, pre­ci­sa Ple­ba­ni. Flo­rian Be­rutti, il gio­va­ne re­gi­sta belga di Tris­tesse Ani­mal Sau­vage, vo­le­va rea­liz­za­re un film crudo cen­tra­to sul primo rap­por­to ses­sua­le. “Vo­le­vo par­la­re di un tema co­mu­ne e con­cre­to, la ‘prima vol­ta’ è un pas­sag­gio sim­bo­li­co che tutti ab­bia­mo vis­su­to, è sem­pli­ce e com­ples­so allo stes­so tempo”.

LA SCUO­LA DI CI­NE­MA, TRA LI­BER­TA E LI­MI­TA­ZIO­NI

Per Jo­se­ph Stray, re­gi­sta di The Eter­nal Not – la sto­ria di un ma­ri­to pa­ra­noi­co che vuole spa­ri­re per poter sfug­gi­re alla mo­glie – il ci­ne­ma sco­la­sti­co offre un’am­pia li­ber­tà. “Pos­sia­mo in­fran­ge­re le re­go­le”, so­stie­ne. Neta Braun con­di­vi­de l’o­pi­nio­ne del col­le­ga: “Non siamo sot­to­mes­si alla pres­sio­ne del mondo del ci­ne­ma e del pub­bli­co. Non dob­bia­mo nien­te a nes­su­no. È pro­prio in que­sto che con­si­ste la no­stra li­ber­tà”. Jan Ger­rit-Sey­ler, in­ve­ce, mi­ni­miz­za tale li­ber­tà. “Tutto di­pen­de dalla scuo­la”, pre­ci­sa. Alla Ham­burg Media School, in Ger­ma­nia, gli stu­den­ti sono se­gui­ti passo dopo passo. La scuo­la è co­no­sciu­ta per le sue di­ret­ti­ve e il suo alto li­vel­lo di pro­fes­sio­na­liz­za­zio­ne. Le sce­neg­gia­tu­re ven­go­no im­po­ste, le ri­pre­se de­vo­no es­se­re rea­liz­za­te in 8 gior­ni e il mon­tag­gio deve se­gui­re re­go­le estre­ma­men­te pre­ci­se. Still Got Lives rac­con­ta la sto­ria di due gio­va­ni in­na­mo­ra­ti che, a par­ti­re da un gioco on­li­ne, finiscono per co­no­scer­si nella real­tà. “La scuo­la ci mo­stra la ri­gi­di­tà del mondo ci­ne­ma­to­gra­fi­co, so­prat­tut­to di quel­lo de­sti­na­to alla te­le­vi­sio­ne. Que­sta scuo­la non è fatta per fare ci­ne­ma d’au­to­re”, si la­men­ta il gio­va­ne re­gi­sta. Tut­ta­via, in­ve­ce di de­mo­ra­liz­zar­si, ades­so vuole rea­liz­za­re film che gli cor­ri­spon­da­no, “no­no­stan­te il ri­schio di non tro­va­re pro­dut­to­ri”.

Still Got Lives - Trai­ler

Un aspet­to sul quale tutti si tro­va­no d’ac­cor­do è che a scuo­la di­spon­go­no di con­di­zio­ni di la­vo­ro ec­ce­zio­na­li che non ri­tro­ve­ran­no quan­do se la do­vran­no cavare da soli. La scuo­la for­ni­sce le si­tua­zio­ni idea­li per riu­sci­re a rea­liz­za­re un primo film. Oltre a es­se­re se­gui­ti da pro­fes­sio­ni­sti esper­ti, la scuo­la fi­nan­zia i pro­get­ti degli alun­ni: dalla ste­su­ra della sce­no­gra­fia, alle ri­pre­se e alla post­-pro­du­zio­ne. A con­di­zio­ne, però, d’im­por­re le sue re­go­le. In nes­sun caso bi­so­gna su­pe­ra­re i tempi im­po­sti. “Ho avuto solo 8 gior­ni per le ri­pre­se. I tempi sono de­ci­sa­men­te stret­ti”, spie­ga Flo­rian Be­rut­ti.

UNA GA­RAN­ZIA PER IL FU­TU­RO

Il Fe­sti­val Rencontres Henri Langlois rap­pre­sen­ta un de­but­to in pub­bli­co per questi registi. Que­sto con­fron­to con gli spet­ta­to­ri è l’ul­ti­ma tappa prima di in­tra­pren­de­re la pro­pria car­rie­ra. Mees Pei­j­nen­burg, re­gi­sta olan­de­se, con­fer­ma: “Per me è fon­da­men­ta­le ve­de­re la rea­zio­ne del pub­bli­co, dal mo­men­to che il mio film (We were wol­ves, nda.) parla di una gio­ven­tù passata. È un sog­get­to atem­po­ra­le e ho bi­so­gno di sa­pe­re se il film ar­ri­va agli spet­ta­to­ri. Inol­tre adoro ve­de­re bei film rea­liz­za­ti da stu­den­ti”. Si re­spi­ra un’a­ria pia­ce­vo­le, ri­las­sa­ta. Tutti guar­da­no i film degli altri, di notte esco­no in­sie­me, ini­zia­no a co­no­scer­si, si fanno nuovi amici. “Non cre­de­vo che il Fe­sti­val fosse così coin­vol­gen­te. C’è una buona at­mo­sfe­ra e un buon di­na­mi­smo”, sot­to­li­nea Julie Be­zer­ra Mad­sen. Sarà (anche) per que­sto che il Fe­sti­val di Poi­tiers (in Fran­cia, ndt.) è così fa­mo­so (la giu­ria se­le­zio­na­tri­ce ha vi­sio­na­to que­st’an­no 1424 film pro­ve­nien­ti da tutto il mondo, nda.). 

In pochi osano con­fes­sar­lo ma, in si­len­zio, ognu­no spera di co­no­sce­re un pro­fes­sio­ni­sta che gli per­met­ta di rea­liz­za­re un altro film. Al ri­pa­ro dagli sguar­di in­di­scre­ti del pub­bli­co, i gio­va­ni re­gi­sti par­te­ci­pa­no a ta­vo­le ro­ton­de e in­con­tri in cui sono pre­sen­ti pro­dut­to­ri, sce­neg­gia­to­ri e di­ret­to­ri di ca­sting. L'an­no scor­so que­sta for­tu­na è toc­ca­ta a An­gèle Chio­do. Se­le­zio­na­ta a pre­mia­ta a Poitiers, nel 2012, per il film La Sole, entre l'eau et le sable (Pre­mio Ri­ve­la­zio­ne da parte della Cri­ti­ca Fran­ce­se), du­ran­te un la­bo­ra­to­rio mu­si­ca­le, An­gè­le ha co­no­sciu­to l’au­tri­ce della co­lon­na so­no­ra del suo nuovo film, Les Chiens.

Jan Ger­rit-Sey­ler ag­giun­ge che il fatto di es­se­re se­le­zio­na­ti du­ran­te il Fe­sti­val li le­git­ti­ma a con­ti­nua­re a vi­ve­re il loro sogno: “Alla mia scuo­la non pia­ce­va il mio film e quan­do l’ho pre­sen­ta­to ho ottenuto un voto di 8/20. Quan­do però il film ha par­te­ci­pa­to a di­ver­si fe­sti­val, gli in­se­gnan­ti hanno ini­zia­to a in­te­res­sar­si al mio la­vo­ro. Mi stu­pi­sce an­co­ra di es­se­re stato scel­to tra tanti”. Che ri­ce­va­no o meno un pre­mio per la qua­li­tà del loro la­vo­ro, l’e­spe­rien­za de Les Ren­con­tres Henri Lan­glois rap­pre­sen­ta un’oc­ca­sio­ne per far de­col­la­re la pro­pria car­rie­ra. Di pro­get­ti ne hanno a cen­ti­na­ia. Con gio­va­ni così, il ci­ne­ma non ha nien­te da te­me­re per il fu­tu­ro.

In­ter­vi­ste rea­liz­za­te a Poi­tiers da Fla­vien Hu­gault.

Translated from Le cinéma d'école, tout un art