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Il cinema di casa nostra? E' come il pudding

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Default profile picture valeria vivarelli

Per fare un buon film europeo, bastano un regista italiano, unattrice francese, una manciata di tecnici spagnoli e uno studio polacco? Non è così semplice...

Conosciamo bene il cinema americano, il cinema asiatico, il cinema argentino... E il cinema europeo? E forse riconosciuto nel resto del mondo o nella stessa Europa? Nulla di meno certo. Eppure sono più di cinquantanni che sono state realizzate delle coproduzioni a livello europeo, come il film franco-polacco Il pianista di Roman Polanski. E questo contribuisce oltre che a un dinamismo cinematografico nazionale, anche alla creazione di una cultura europea. Il cinema è unarte in grado di smuovere le folle; quindi potenzialmente un ottimo strumento per la costruzione di unidentità europea.

Al di là dei finanziamenti, ogni paese può apportare un know how particolare e unesperienza cinematografica, di fatto, unica. Le immagini sono un vettore culturale forte, un vero e proprio mezzo di unificazione. Gli Stati Uniti lhanno capito benissimo: i loro film coprono dal 50% all80% del mercato europeo. Un successo che si basa essenzialmente sul coinvolgimento di star riconosciute a livello mondiale e su storie comprensibili da tutti.

Perché mai non tentare la stessa ricetta in salsa europea, e lanciare leuropudding?

Inglese a volontà...

Un puddingè un dolce inglese, composto da diversi succulenti ingredienti.

Applicata al cinema, la ricetta è la seguente:

Ingredienti

Un soggetto europeo, la vita di Napoleone ad esempio; due star, Catherine Deneuve per la Francia, John Malkovitch per lInghilterra; un regista italiano, Roberto Beningi e tecnici spagnoli (il costo del lavoro è competitivo) quanto basta.

Modalità di esecuzione

Mescolate il tutto su un set polacco (ci sono studi eccezionali veramente!). Adesso, però, non dimenticate la lingua: meglio in inglese, così capiranno tutti!

Le coproduzioni su scala europea basate su questa ricetta, sono state soprattutto telefilm: ma molti registi si sono resi conto dellindigestione che possono provocare. Risultano artificiali, uccidono la creatività e la ricchezza delle diversità culturali. Lo sceneggiatore Jean-Claude Carrière, che ha lavorato con grandi registi europei, ha sottolineato: nel cercare un soggetto europeo, che è ciò che si vuole innanzitutto, accade che il campo dellimmaginazione invece di allargarsi si restringe. Le buone storie hanno radici precise.

Per Dancer in the dark, Lars Von Trier ha raccolto dei fondi provenienti dalla Danimarca, dalla Svezia e dalla Francia. Ha scelto due attrici europee, Catherine Deneuve e Bjork, e ha girato in inglese. Ma, in quel caso, leuropudding faceva forse rima con marketing? Preferiamo credere che si trattasse di una vera e propria scelta artistica del tutto disinteressata.

Il cinema europeo DOC? E quello nazionale...

Meglio forse valorizzare ciascun cinema nazionale dove il soggetto, gli autori, gli attori, i tecnici, la lingua, riflettano lanima, la cultura di un paese come afferma Gilles Jacob, direttore del Festival de Cannes. Non bisogna tendere alleuropeizzazione del cinema. E quanto ha capito il pubblico.

I film europei di successo degli ultimi anni, infatti, evocano tutti luniverso proprio di ciascun paese. Il più significativo in questo senso è senza dubbio Good Bye Lenin del tedesco Wolfgan Becker, che racconta, attraverso la vita di una famiglia della Germania dellest, lo sconvolgimento causato dalla riunificazione tedesca. Respiro, brillante film italiano di Emanuele Crialese, è un quadro soleggiato di una minucola isola siciliana, ispirato da una leggenda locale. Gli esempi sono sempre più numerosi. Se il cinema europeo sopravvive, è grazie a film con unidentità forte e che incontrano il loro pubblico in tutta Europa. Ma non bisogna fermarsi a un regista per paese. Ce ne sono molti e ve nè per tutti i gusti. Gli European Film Award cercano proprio di valorizzare questa cinematografia fatta di specificità e perle rare. Malgrado la qualità delliniziativa, questi premi sono molto meno conosciuti e mediatizzati degli Oscar. Per ascoltare le storie dei nostri vicini non ci rimane che andare in quelle sale col marchio Europa Cinéma, che tentano di proporre una scelta diversa che rifletta leuro-cinema, tutto in versione originale. Capita addirittura che alcuni film, a malapena diffusi nei propri paesi dorigine, diventano molto applauditi in altri.

La verità è che gli europei non credono nel loro cinema, nelle loro storie. Le loro preferenze vanno soprattutto a film americani. Nel 2001, nellUE, tra i primi 20 successi in termine di entrate, solo 4 sono produzioni europee. E la prima classificata arriva solo in dodicesima posizione. Per scoprire 25 orizzonti diversi e i loro universi, il cinema deve essere un vero e proprio mezzo di propaganda per linterpenetrazione delle culture.

Translated from L’europudding ne fait pas recette