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Il caso Erri De Luca, tra il sostegno francese e il silenzio italiano

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Cultura

(Opinione) Il tribunale di Torino ha assolto lo scrittore Erri De Luca dall'accusa di istigazione a delinquere poiché "il fatto non sussiste". Ma se l'esultanza di sostenitori e attivisti è scoppiata fragorosa in aula, e forte è stato l'appoggio francese, desolante è invece il silenzio degli intellettuali italiani.

Il 19 ottobre 2015, il Tribunale di Torino ha assolto lo scrittore Erri De Luca dall'accusa di istigazione a delinquere poiché il fatto non sussiste. L'autore napoletano, con un passato di militanza tra le fila dell'estrema sinistra, con Lotta continua, era stato denunciato dalla LTF (Lyon-Turin Ferroviaire) in seguito alle sue dichiarazioni rilasciate sull'Huffington Post a proposito della TAV. Al centro dell'accusa la parola "sabotare" («una parola nobile, usata da Mandela e Gandhi,» afferma De Luca), che lo scrittore ha usato e continua ad usare per sottolineare la necessità di ostacolare «un'opera nociva e inutile». 

La "parola contraria"

Un intellettuale sotto accusa per la sua "parola contraria", dunque (come il titolo di un suo pamphlet). Uno scrittore che siede al banco degli imputati per la libera espressione di un'idea. Una vicenda che oggi, nell'Europa della libertà di pensiero e di parola, si potrebbe immaginare solo all'interno di un romanzo distopico a sfondo totalitarista. E in effetti non siamo così lontani dalla realtà. Il reato di istigazione a delinquere è disciplinato dall'articolo 414 del Codice penale italiano, che in parte trova le sue fondamenta nel Codice Rocco, dal nome del suo autore: Alfredo Rocco, Guardasigilli del Governo Mussolini.

Ad incriminare De Luca è dunque un articolo di questo codice, «fascista» come dichiara lo scrittore a margine della sentenza, tuttora in vigore in Italia e che, pur epurato dei suoi aspetti marcatamente antidemocratici, non ha ancora subìto una riforma organica. Il risultato, nella fattispecie, è la collisione fra l'articolo del codice in questione e l'articolo 21 della Costituzione, che sancisce la libertà di espressione e che fortunatamente gode ancora di ottima salute, come dichiarato dallo scrittore dopo l'assoluzione.

Nel video: la dichiarazione di Erri De Luca prima della sentenza, la lettura della sentenza, ed alcuni stralci dalle numerose interviste rilasciate ai giornalisti presenti (di Sergio Gibellini).

Il sostegno della cultura francese

Eppure, dello stato di salute della libertà di espressione in Italia, sembrano preoccuparsi più la società e la politica francesi di quelle nostrane. Un'assenza inquietante quella della politica nazionale nel caso De Luca, ancora più preoccupante il silenzio –  pressoché totale –  dell'intellighenzia italiana, soprattutto se comparato all'acceso sostegno manifestato dagli intellettuali francesi. Si chiama "Soutien à Erri de Luca" (Sostegno a Erri de Luca) e viene da Oltralpe la petizione che ha raccolto oltre 6 mila firme: dall'editore Antoine Gallimard alla scrittrice Muriel Barbery, dal filosofo Etienne Balibar all'attore François Morel. Un comitato di supporto d'eccellenza, composto anche da figure politiche (Aurélie Filippetti, Cécile Duflot, Yves Cochet, Dominique Voynet), giornalisti (Jean-Marcel Bouguereau, Pierre Lescure, Hubert Artus, Siné, Catherine Sinet) e personalità internazionali del calibro di Wim Wenders e Salman Rushdie.

È dunque dalla Francia che De Luca riceve il sostegno più corposo: è la Francia di Voltaire e di Montesquieu, che ha fatto della libertà di espressione la sua forza e il fondamento della sua cultura. Che in nome di quella libertà ha marciato in place de la République dopo i tragici fatti di Charlie Hebdo. Dopo l'attentato del 7 gennaio, Christiane Taubira, Ministra della giustizia francese, tuonava: «Possiamo disegnare qualunque cosa, compreso un profeta, perché siamo la Francia, il paese di Voltaire e dell'irriverenza e abbiamo il diritto di prenderci gioco di qualunque religione». 

Anche la politica transalpina si è schierata

Non stupisce quindi che la stessa Toubira abbia manifestato il suo appoggio a Erri De Luca, twittando dopo la sentenza di assoluzione una citazione da Tennessee Williams: «Quando tutto sarà sparito dietro all'ultimo sole, resterà ancora la piccola voce dell'uomo», ed una dal poeta comunista Louis Aragon: «Il tempio di Salomone non esiste che nelle metafore, dove ospita nidi di rondini e livide lucertole».

Ma la Guardasigilli francese non è stata l'unica personalità politica a sostenere pubblicamente Erri De Luca.Al Salone del libro di Parigi, il Presidente francese François Hollande, interrogato sull'affaire De Luca, aveva dichiarato che «gli autori non possono essere perseguiti per ciò che scrivono,» aggiungendo: «Quello che posso fare a nome della Francia è sostenere sempre la libertà di espressione per tutti gli autori, siano essi francesi, italiani o di qualunque altra nazionalità». Pare inoltre che, come riportato dal Journal Du DimancheHollande abbia chiamato personalmente il Presidende del consiglio Matteo Renzi per invocare indulgenza nei confronti di De Luca (anche se Palazzo Chigi nega).

Il silenzio della cultura italiana

La Francia si è insomma esposta in favore dello scrittore napoletano ad ogni livello, dal vertice delle sue istituzioni al cuore della sua classe intellettuale. È forse per questo che De Luca, dopo l'assoluzione, ha dichiarato di essersi sentito come un cittadino francese perseguito in terra straniera, e che il supporto della società civile francese ha avuto un peso sulla sentenza. Una stima reciproca quella tra la Francia e De Luca, che ama la Marsigliese più dell'inno italiano, perché che in quel "Aux armes citoyens!" (Cittadini, alle armi!, n.d.r.) vede una «bellissima incitazione all'insurrezione del popolo contro l'oppressione".

E se per De Luca il Paese di Voltaire «incarna un grado superiore in materia di libertà di parola,» in cui «la figura dello scrittore è più rispettata che altrove,» i giudizi dopo la sentenza nei confronti degli scrittori italiani sono estremamente duri. Infatti De Luca ha dichiarato a Repubblica che gran parte di questi lo hanno abbandonato (pochissimi, sparuti nomi figurano nella petizione in suo favore), e che «sono degli assenti che si sono presi la responsabilità della loro assenza». 

Si chiude così un brutto capitolo sulla libertà di espressione in Italia, nel silenzio imbarazzante di una classe intellettuale atrofizzata e abulica, paralizzata dall'ignavia e incapace di alzarsi in piedi per difendere ciò che è giusto. Intanto a Parigi, sui muri di boulevard Voltaire si legge: «Tirate fuori le vostre penne! Fate come Voltaire e Cabu...».