Il calderone russo della contestazione
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michela zanottiAnarchici, membri di Ong occidentali o di associazioni locali di ”resistenza”... Sono in tanti i giovani che, in Russia, chiedono al Cremlino di occuparsi dell’esplosione della povertà.
Nell’aprile dello scorso anno il primo Forum Sociale Russo ha riunito circa 750 persone negli stabili dell’università di Mosca. Una cifra di sicuro poco significativa se paragonata ai bagni di folla dell’altro mondo occidente ma che rispecchia tuttavia la capacità organizzativa della società civile russa.
Alla fine di questo incontro sono stati creati dei “forum regionali di resistenza”, dei soviet di solidarietà sociale (Sos) che raccolgono alla rinfusa associazioni e sindacati alternativi, difensori dei diritti umani, associazioni degli invalidi e delle vittime delle radiazioni di Chernobyl e organizzazioni dei pensionati.
In poche parole la contestazione sociale russa si è messa in moto e questo «nonostante i tentativi di irrigidimento legislativo statale nei confronti dei movimenti sociali e delle Ong», come spiega Karine Clément, ricercatrice francese dell’Istituto di sociologia dell’accademia di scienze di Mosca. In seguito alle pressioni europee, il presidente Vladimir Putin è stato costretto a fare marcia indietro rispetto ad alcune disposizioni di una legge adottata nel novembre 2005 che vietava alle Ong di ricevere finanziamenti esteri.
La tensione aumenta
«L’inasprirsi di questa protesta è dovuta al degrado delle condizioni di vita dei più poveri, in seguito alla progressiva soppressione dei sistemi di assistenza sociale risalenti all’era sovietica» spiega la Clément. «Quando una grande fetta della popolazione vive sotto la soglia della povertà o poco al di sopra, queste garanzie costituiscono di fatto “un’ancora di salvezza” per la maggior parte delle famiglie, che, contando unicamente sul loro salario non riescono a ad accedere all’assistenza sanitaria, all’istruzione, ai trasporti o ad un alloggio. Si trattava di un contributo di circa 150€ in media».
Le grandi manifestazioni dell’estate 2004 e dell’inverno 2005 contro la rimessa in discussione dell’accesso gratuito ai più disagiati sono servite da catalizzatore.
A fronte della portata del movimento, Putin è stato obbligato a ritornare sulle sue decisioni più controverse. Ma l’ondata di privatizzazioni degli alloggi sociali giunta in seguito ha provocato un nuovo malcontento a causa della truffa ai danni di molti giovani lavoratori da parte di agenzie immobiliari tenute a raccogliere fondi per la costruzione di immobili privati che non hanno mai visto la luce del giorno.
La crescita di questi movimenti non istituzionali è inoltre favorita dallo sbarramento del sistema politico nei confronti di chi si oppone o si ribella al regime con la messa in atto di obblighi burocratici. Secondo Karine Clément, «il Cremlino ha incoraggiato le misure repressive delle forze dell’ordine e il controllo dei grandi media televisivi, piuttosto che la creazione di una società civile “ufficiale”, attraverso la creazione di organi designati e dominati dal potere presidenziale invece che da una camera civile». L’ossessione di Mosca? «Impedire che si produca in Russia una potenziale rivoluzione aranciosul modello ucraino».
Quale atteggiamento nei confronti di Putin?
Maxime Egorov, dirigente del movimento nazionale contro la povertà, la piattaforma russa di Appello mondiale all’azione contro la povertà, sottolinea però l’importanza una coalizione internazionale che raccoglie 150 milioni di militanti da 80 paesi che si occupa dell’«organizzazione del primo G8 in Russia, in luglio, a San Pietroburgo: un’eccellente occasione per federare le energie e dare al mondo un’altra immagine della Russia rispetto a quella che emerge dai discorsi di Vladimir Putin».
«Approfitteremo della presenza di più di 2000 giornalisti presenti al vertice del G8 per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sull’aumento dell’estrema povertà in Russia e fare pressione sulle autorità russe in modo tale che si impegnino a favore agli alloggi sociali e del mantenimento dell’accesso all’istruzione per tutti» spiega Egorov.
All’incirca 600 rappresentanti di Ong russe e straniere si sono già dati appuntamento il 3 e 4 luglio a Mosca per partecipare al forum “G8 civile 2006”. E aggiunge «Concentreremo di sicuro le nostre energie sull’organizzazione del contro vertice di San Pietroburgo, ma questo incontro preliminare sarà l’occasione di portare avanti le nostre rivendicazioni».
Pur ostentando una certa diffidenza, il fondatore di Nochlezhka, una Ong che assiste i senzatetto in Russia, giudica positivamente la recente iniziativa di Vladimir Putin di permettere l’organizzazione di un grande vertice della società civile in margine all’incontro ufficiale.
«Dobbiamo essere fermi con Putin perché le priorità del Cremlino riguardano l’energia nucleare piuttosto che investire nelle energie rinnovabili e i problemi legati alla sicurezza e alla salute dei Russi» mette in guardia Olga Myrasova, una giovane militante anarchica.
I no-global russi sono spesso più pragmatici dei loro colleghi occidentali che perseguono l’obiettivo della riduzione della povertà in maniera un po’ retorica, concentrandosi essenzialmente sul continente africano. «Devo ammettere di aver trovato singolare vedere le bandiere di Lenin o Marx al Forum sociale europeo organizzato ad Atene la primavera scorsa» ricorda Maxime Egorov. Ma le barriere tra Est e Ovest stanno per essere abolite, poiché ogni fronte «è convinto della necessità di lottare congiuntamente a fianco dei movimenti sociali, siano essi in Europa occidentale o altrove: la povertà è per definizione un problema universale» conclude Egorov.
Translated from Contestation : le chaudron russe