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Identità enigmatiche

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Ottavio Di Bella

La tradizione orale è alla base della trasmissione della cultura delle popolazioni Rom. Ecco ciò che rende assai ardua la definizione di un’identità dai mille volti.

La mancanza di fonti scritte sui Rom rinvia alle notizie diffuse dai media, non sempre questi fanno attenzione alle sfumature che caratterizzano milioni di persone sparse tra Europa ed Asia. Eppure non c’è nulla di più interessante che scoprire la ricchezza delle loro culture e delle loro arti. Spesso considerati ladri di galline, o semplicemente ladri, i Rom si trascinano una cattiva reputazione sin dall’inizio delle loro peregrinazioni. La loro denominazione appare confusa per il “Gadjo”, per chi cioè non è Rom. Il termine deriva dal re Mohamed Gazni che cacciò i Rom dall’India nell’XI secolo e che è diventato sinonimo di “nemico”. Bisogna tutavia distinguere i Rom dai vagabondi, dai gitani, dagli zingari…

Secondo Valeriu Nicolae, direttore dello European Roma Information Office (ERIO) ormai da due anni a Bruxelles, non vi è una separazione chiaramente definita. Lui stesso si definisce semplicemente un Rom. “Tra di noi, ci si riconosce immediatamente, basta scambiarsi una parola in rom per sapere se si appartiene o meno alla stessa cultura”. Tuttavia, a lungo, la radice del nome “Egitto” ha dato un nome ai Rom in parecchi paesi d’Europa: “Gypsy” in inglese e “Gitan” in francese. Ed è in effetti verso l’Egitto che un’altra parte della popolazione originaria è migrato, da cui la confusione degli europei. L’esclusione è parte del quotidiano dei Rom, sin dalle origini: lo “Tsigane” francese, “Zingaro” in italiano o “Zigeuner” in tedesco rinviano tutti alla parola “reietto” proveniente dal greco antico “atsinkanos”. La parola “Bohémien” ha invece un senso meno evidente: designava originariamente una persona munita di una lettera di raccomandazione dal sovrano della Boemia. “Manouche” rinvia a un’etnia dei Sinti, i Rom del Piemonte. Oggi si predilige l’appellativo Rom, che significa “uomo” in rom, lingua vicina al sanscrito.

Cultura e tradizioni

Tante denominazioni per altrettante differenze culturali? Valeriu Nicolae chiarisce la questione: “Abbiamo una base di parole in comune per designare i cibi, i viaggi, il tempo, il fuoco... Altri sostantivi si sono adattati alle differenti regioni, società e politiche. Discorso simile per le nostre tradizioni. Alcuni Rom in Romania hanno sviluppato tradizioni diverse da quelli in Francia. Le persone si evolvono secondo i luoghi, com’è per tutti, dovunque.” Centinaia di tradizioni poetiche si evolvono e si perpetuano da una generazione all’altra, ed è del resto il loro profilo non cristiano a esser stato criticato per secoli.

Secoli di avversioni

Se a lungo la loro cultura è potuta sembrare chiusa agli occhi di critici, i Rom dominano in alcune forme espressive che procurano loro oggi un’immagine positiva, in determinati campi. La musica è probabilmente il settore in cui vi sono i maggiori riconoscimenti, tra gli altri grazie a musicisti come Rinaldo Olah, violinista virtuoso, che mischia commedia e tragedia nelle note febbrili ed ammaliate che si librano sulle sue dita d’oro. Vanno ancora citati i Gispy Kings, gruppo di riferimenti che ha risvegliato sicuramente l’interesse per la musica rom. Altre forme di arte cominciano anche a suscitare una certa curiosità: teatro, fotografia e circo diventano non solo mezzi di espressione di un’identità collettiva ma anche supporti efficaci di rivendicazioni. Gipsy, un giovane rapper ceco di origine rom ha dichiarato al momento dell’uscita del suo terzo album: “Utilizzo strumenti zingari e non dimentico la mia musica, ma la reinterpreto in modo futuristico”.

Differenti registi si ispirano nei loro film alla condizione di questa minoranza mal trattata, tentando di portarli in scena attraverso le loro sceneggiature in modo immaginario o realistico. Emir Kusturica immagina vite romanzate e surreali, e permette al pubblico di aprirsi ad un’altra visione. Per Nicolae, “Kusturica fissa sulla pellicola dei Rom insoliti, variopinti, dalle avventure le più stravaganti. Non siamo così, ma per fare un film che piace, è normale aggiungere qualcosa, è questo che rende bello il cinema”. Ne Il tempo dei gitani per esempio, Kusturica firma un film sul quotidiano dei Rom, girato dagli attori Rom nella loro lingua. La sua uscita ha provocato vive reazioni, ed i Rom si sono detti soddisfatti di vedere un film di successo, in particolare al Festival di Cannes.

In Swing, Tony Gatlif racconta la storia di zingari inseriti in società. Lo spettatore ricorderà soprattutto i “taccuini antropometrici”. Istituiti nel 1912, questi libretti che includevano foto ed impronte digitali, servivano da passaporti per gli zingari. Che erano obbligati a presentarsi ad ogni passaggio alle autorità comunali muniti di questo documento. Questa pratica è stata soppressa solamente nel 1969. “È molto importante che si sappia che questi taccuini venivano rilasciati dall’amministrazione francese e hanno rappresentato un mezzo di repressione. L’olocausto dei zingari è cominciato di lì. Non c’è parecchio da denunciare ma è molto importante sapere. Per non dimenticare”, commenta Nicolae, il quale aggiunge che “nel momento in cui ognuno perde la propria cultura, i Rom subiscono la stessa sorte. I bambini non sanno parlare il sinti (rom mescolato all’alsaziano). Non conoscono nulla del loro passato. Certuni ignorano persino l’olocausto dei nazisti. E perdono la cultura della musica.” La musica dei Rom piace ancora. Concerti e festival si moltiplicano, dalla Francia alla Norvegia… Manifestazioni culturali vengon programmate un po’ dovunque: festival in omaggio al jazzista Django Reinhardt, lo Gipsy swing d’Angers, o ancora il Festival internazionale della musica gitana Iagori che vien tenuto da 6 anni ad Oslo.

Sembra che l’interesse per la cultura Rom superi frontiere e reticenze, incamminandosi sulla strada di una società europea multiculturale che risulterebbe incompiuta senza la presenza attiva di una “minoranza” di oltre 12 milioni di persone.

Translated from Identitées bafouées