I villeggianti di ieri... i turisti di oggi
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Come è cambianto il modo di "fare le vacanze"? "Famiglia", "riposo", "paese di villeggiatura" sono parole che non compaiono più nel vocabolario del giovane vacanziere di oggi. Perchè ora l'estate è fatta per andare via da qualche parte, e il cambiamento di una società in evoluzione si riflette anche nel nostro modo di "godersi le ferie".
Cinquanta anni fa, i viaggi erano per i ricchi. Andare dall’altra parte del mondo, prendere l’aereo, visitare città ed entrare in contatto con altre culture, era un privilegio per pochi. O la necessità di molti: quegli zii o personaggi del paese che, a causa della guerra o per cercare lavoro, erano stati costretti a intraprendere un viaggio all'estero o a emigrare in paesi lontani. Quando tornavano, i loro racconti erano sempre motivo di stupore e meraviglia.
Eppure, sebbene il turismo non fosse di massa, c’è da dire che i ceti fiorentini benestanti e quelli medi non restavano certo in città. Si spostavano in località vicine a Firenze: c'erano le cittadine di mare della Toscana dove andare (in questo, le cose non sono molto cambiate). L’estate però la si passava soprattutto nei cosiddetti “paesi di villeggiatura”: le località delle colline toscane o degli Appennini, caratterizzate da un clima più fresco. I paesini nei pressi di Vernio o sulla montagna pistoiese, e ancora nel Casentino, diventavano il “posto delle vacanze”, dove i villeggianti intrecciavano amicizie e legami, rendendo quel paese anche il loro paese. Quello era un turismo dedicato al riposo e agli “amici di sempre”. Quel genere di turismo che consentiva una forte integrazione con la popolazione locale e con il territorio, di cui si conoscevano sentierini, prati, ruscelli, oltre ai residenti con le loro abitudini e le loro storie. Purtroppo molti di questi luoghi attualmente sono semi-abbandonati, dei "paesi-ospizio" per vecchietti.
Oggi il turista cerca tutt’altro. Vogliamo “esperienze nuove”, vogliamo avventura, vogliamo essere meravigliati e vogliamo che, al ritorno, i nostri racconti di viaggio stupiscano. Un wow si accompagna spesso alle foto delle nostre fantastiche vacanze che pubblichiamo sui social network. Chi, oggi, ha più il tempo di integrarsi in un territorio? Dei luoghi visitati, cogliamo l’aspetto più turistisco che ci è venduto, senza conoscerli veramente. Le tecnologie attuali ci consentono viaggi fantastici, ma da toccata e fuga a causa del ritmo frenetico della vita lavorativa. Già siamo stressati prima di partire e la vacanza, più che come momento per rigenerarsi, spesso è ambita come occasione per fare nuove esperienze. Tutt'altro che rilassanti. È cambiata la concezione stessa di vacanza: se prima “si andava in villeggiatura”, oggi “si fa i turisti”; se prima l’estate era fatta “per tornare nel posto di sempre”, oggi è “per andare via” dai luoghi conosciuti. In questo mutamento si rintracciano più cause.
1) Il fattore economico, accompagnato del fenomeno della globalizzazione e dalla diffusione di internet. Oggi esistono voli e affitti low cost, trovare una casa per le vacanze dall’altra parte del mondo richiede solo qualche clic sul computer. Tutto ciò contribuisce a far diventare il turismo stesso un elemento portante dell’economia di molti Paesi.
2) Altro fattore è il cambiamento del nucleo familiare e del ruolo dei suoi membri: sempre più donne lavorano e in generale la famiglia si è ristretta di numero (o, all'opposto, si è allargata con seconde nozze e parenti acquisiti). Questo ha fatto sì che ci fossero più possibilità economiche da investire in “grandi viaggi”, ma ha anche notevolmente accorciato il periodo da passare in vacanza. Non a caso per i bambini di oggi ci sono centri estivi in città (e non più le colonie al mare o in montagna), poiché le madri, essendo anche lavoratrici, non possono più allontanasi dal lavoro per periodi lunghi.
3) È cambiata la mentalità. Prima la vacanza era per tutti i membri della famiglia: nessuno andava da sè. Si partiva con la famiglia e con quella si tornava. Oggi siamo più liberi, più indipendenti, ma anche più soli. Spesso manca quel senso di appartenenza a un contesto territoriale, nonché familiare, determinato. Non si sentono le radici. È rimasta questa vaga sensazione d’appartenenza a un luogo, solo per chi frequenta da sempre campeggi al mare o i villaggi marittimi. Piuttosto ci sentiamo cosmopoliti, collegati col mondo, abitanti di tutta la Terra, "ragnetti" di quel grande network che è internet e che ci porta dappertutto. Si considera vera vacanza solo il viaggio, l'andar via. Tutte esperienze bellissime che permettono al "turista" solo un breve assaggio del posto, perlopiù artefatto.
I 20 giorni in America, le due settimane in Sud Africa o la settimana in Grecia, lasciano certo un ricordo grandioso del luogo visitato, e permettono di vedere paesaggi che dall’uscio di casa neanche si credeva potessero esistere. Tuttavia, non vi è mai una vera integrazione con la gente e natura del posto, né si torna rilassati. Sull’onda di questa adrenalinica voglia di partire, andiamo ovunque per conoscere tutto, col rischio di non sapere cosa abbiamo veramente visto.