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I rischi dell'anglomania

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Le politiche linguistiche

Cari amici,

quando dicevamo che in Italia oramai la questione dell'apprendimento dell'inglese stava diventando un'autentica ossessione non stavamo esagerando. Avevamo già criticato la politica del Politecnico di Torino tassa chi vuole studiare in italiano, e la politica dell'attuale governo di fatto impone a tutti l'inglese nelle scuole e di fatto sopprime la seconda lingua comunitaria.

Il TAR del Lazio aveva bloccato quest'ultima misura, ma il Consiglio di Stato l'ha recentemente riammessa, dichiarando legittimo il cosiddetto "inglese potenziato". Infine, il Ministero dell'istruzione ha stabilito che, a prescindere da cosa si insegna, è necessario sapere l'inglese per diventare insegnanti.

Quello che ci segnala la stampa oggi, però ha dell'incredibile. Il Preside del liceo scientifico “Salutati” di Montecatini Terme ha deciso che gli studenti con lui devono preferibilmente parlare in inglese. Ovviamente il preside non è irlandese, ma italiano. Ma tant'è! L'anglomania avanza e produce questi casi grotteschi.

Si tratta di un atteggiamento inaccettabile e discriminatorio, tramite il quale si inculca ai ragazzi fin da giovani un senso di inferiorità nei confronti dell'inglese e un pericoloso sentimento di sfiducia nei confronti della propria lingua materna, vista come subordinata all'inglese. Ma, temo, siamo appena all'inizio. Il peggio deve ancora arrivare.

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Preside a Montecatini

“Studenti, con me si parla inglese Capirete quanto serve”

di Cristina Privitera

“Good morning sir!”: dovranno rivolgersi così da quest’anno al preside gli studenti del liceo scientifico “Salutati” di Montecatini Terme quando entreranno nella sua stanza per i colloqui. La novità – con il preside si parlerà preferibilmente in lingua inglese – è comparsa nero su bianco sul regolamento, che indica severe norme per il comportamento da tenere a scuola, distribuito agli studenti nei giorni scorsi. Una scelta, quella del preside Paolo Calussi, 53 anni, insegnante di matematica e fisica prima dell’incarico di dirigente, che ha lasciato perplessi molti docenti che hanno poco compreso i motivi di una tale decisione. Non ci pare un modo per incentivare i ragazzi a rivolgersi direttamente a lui – commentano all’uscita della scuola – anzi piuttosto un modo per aumentare la distanza e complicare le comunicazioni”. E ancora: “Bastasse questo per far colmare alle nostre scuole il gap sull’apprendimento delle lingue straniere rispetto al resto d’Europa…” Preside, allora solo conversazioni in inglese con i suoi studenti? “Intanto - risponde Calussi che è alla guida del liceo scientifico di Montecatini Terme dal 2005 – sia chiara una cosa: non c’è nessun obbligo per gli studenti. Ho scritto che è soltanto preferibile. Parlerò in inglese con i ragazzi che sono in grado di farlo. Altrimenti utilizzeremo la nostra lingua”. Come mai ha sentito la necessità di introdurre questa novità? “L’idea mi è venuta perché conosco esempi del genere messi in pratica in scuole superiori all’estero. L’obiettivo è semplice: non solo quello di far parlare in inglese i ragazzi, ma anche quello di dimostrare loro che quanto studiano a scuola serve nella vita e nel lavoro, è prontamente utilizzabile. Ed era così facile con l’inglese piuttosto che con altre materie di studio”. Ha già fatto la prima prova? “Sì, qualche giorno fa, con due ragazzi di seconda liceo”. E com’è andata? “Abbastanza bene, direi. Hanno accettato di parlare in inglese e, dopo i primi momenti di incertezza, siamo riusciti a comprenderci”. Nessuna difficoltà, imbarazzo o fraintendimento? “Certo, qualche momento di difficoltà esiste. Anch’io ho le mie incertezze e i miei timori. Sono sicuro, tra l’altro, che troverò studenti che parlano inglese meglio di me”. Insomma vi siete capiti? “Alla fine della conversazione ho chiesto ai due studenti se avevano compreso tutto: mi hanno risposto di sì. Comunque per sicurezza ho riassunto quanto avevo detto in italiano”. E di che cosa avete parlato? “Mi hanno chiesto informazioni sulle norme che regolano le elezioni per il consiglio d’istituto”. A sostenere la scelta del preside Calussi, rintuzzando le ironie e le battute degli altri insegnanti, è anche la sua vice, Annalia Arbore: “Non esiste nessun rischio per gli studenti: il preside li ha sempre ricevuti volentieri. Può chiedere a chi vuole: tutti noi facciamo anticamere lunghe per parlargli, proprio perché spesso è impegnato nei colloqui con gli studenti”.

(Da La Nazione, 19/10/2009).