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I millennials europei e il capitalismo

Published on

Roma

Cafébabel ha intervistato dei giovani partecipanti al progetto EVS (European Voluntary Service) chiedendo loro di esporre il proprio punto di vista sul modello capitalista

I millennials sono nati dopo la caduta del muro di Berlino in un mondo interamente dominato dal modello capitalista. Non hanno mai avuto la possibilità di vivere direttamente un sistema socioeconomico “altro”. Non si sono mai dovuti confrontare con l’alterità in quanto figli di un mondo unipolare.

Oggi Cafébabel ha l'opportunità di intervistare alcuni giovani europei partecipanti al progetto EVS (European Voluntary Service) per vedere quale è l'opinione dei millennials europei sul modello capitalista

Volontario italiano, 25 anni - Il problema riguardo al capitalismo non è l'approvarlo o il contestarlo quanto piuttosto il considerarlo un fatto naturale. L'assenza di un'alternativa economica con la conseguente società unipolare ha atrofizzato il nostro pensiero. I miei coetanei sono convinti che esista un solo modello, anzi non si rendono nemmeno conto che di questo si tratta. Semplicemente non riescono ad affrancarsi dall’idea del mercato globale con la quale siamo stati cresciuti. Tutto è business. Kapitalismus sive natura.

Ecco perché la fine del comunismo ha lasciato un vuoto immenso. Non in quanto giusto o sbagliato, ma perché rappresentava un'alternativa, una contrapposizione in grado di sviluppare una fantasia e un senso critico oggi assenti. Il semplice fatto di sapere che esisteva “altro” portava i giovani a interrogarsi sulla giustizia del proprio sistema. A indagarne i limiti e le qualità, i pregi e i difetti.

Volontario italiano, 27 anni - La mia generazione è stata forgiata con il pensiero unico del consumismo. Però non tutti l'hanno abbracciato.  C’è chi sogna una società diversa, fondata sui valori della condivisione e della comunità.

Nel diffondersi di nuove comuni, religioni, ecovillaggi e quant'altro è evidente la voglia di resistere ad una società interamente fondata sul consumo e sul capitale. Tra la comune di Bagnaia e il monastero di Bose le ideologie differiscono, ma l’obiettivo è il medesimo. Una cristiana, l’altra laica: entrambe critiche nei confronti del sistema imperante, entrambe determinate a rimettere al centro il concetto di condivisione fortemente indebolito dal capitalismo avanzato.

Volontario francese, 29 anni – Tutti criticano il capitalismo, ma nessuno vuole veramente sostituirlo. Anche la mia generazione, nonostante la crisi, gode degli agi di questa sistema. I veri problemi per un giovane in Europa oggi sono il lavoro e la famiglia. Mete difficili da raggiungere, ma certo non impossibili.

 Il capitalismo è un sistema come un altro. Chi vuole ce la fa con questo o con un altro modello.

Volontario irlandese, 23 anni – Spesso dicono che grazie alla globalizzazione capitalistica si sono accorciate le distanze tra Occidente e resto del mondo. Pare sia sorta una nuova classe media in Cina e sia aumentata la redistribuzione della ricchezza. Sarà vero, però perché qua non arrivano gli aspetti benefici del sistema in cui viviamo?

 O non sono veri o non valgono per l’Europa.

Volontaria francese, 27 anni - Oggi parlare di capitalismo è impossibile. Il termine stesso è diventato sovversivo. Abitiamo un sistema che non possiamo discutere, dibattere, criticare. Siamo obbligati a viverlo, ma non possiamo esplorarne i limiti. Siamo costantemente portati a far finta di vivere in una realtà senza nome. Però un nome c’è: si chiama neoliberismo. Ma anche di questo chiaramente è meglio non parlare.

Forse perché fa troppe vittime e ci costringe tutti all’omertà.

Volontaria lettone, 27 anni – Parlare di capitalismo e di socialismo nel mio paese non è facile. Generalmente abbiamo fiducia, con le dovute riserve, nel modello capitalista. La mia generazione qua equivale a quella dei baby boomers in Europa occidentale. Dobbiamo costruire tutto, partiamo da zero. Abbiamo avuto poco nella nostra infanzia, non viviamo il palese declino di altri paesi quanto piuttosto la crescita della nostra piccola nazione.

Personalmente credo non sia il migliore dei mondi possibili, ma certo potrebbe essere peggio.

Story by

Bernardo Bertenasco

Venuto al mondo nell’anno della fine dei comunismi, sono sempre stato un curioso infaticabile e irreprensibile. Torinese per nascita, ho vissuto a Roma, a Bruxelles e in Lettonia. Al momento mi trovo in Argentina, dove lavoro all’università di Mendoza. Scrivo da quando ho sedici anni, non ne posso fare a meno. Il mio primo romanzo si intitola "Ovunque tu sia" (streetlib, amazon, ibs, libreria universitaria)