I mea culpa delle Nazioni Unite
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L’attuale missione Onu in Costa d’Avorio scadrà il 4 aprile. Probabilmente sarà rinnovata, ma le recenti accuse mosse contro le truppe delle Nazioni Unite pongono numerosi interrogativi.
Nel recente Rapporto del Panel ad Alto livello istituito da Kofi Annan, il Principe Zeid Al-Hussein di Giordania (Ambasciatore presso le Nazioni Unite a New York, Capo Delegazione e Rappresentante permanente del Regno di Giordania) ha accusato le truppe di pace dell’Onu di avere abusato delle stesse persone cui erano chiamati a proteggere. Il rapporto cita, tra i vari casi, violenze sessuali subite da ragazzine dodicenni da parte di un convoglio delle Nazioni Unite in Liberia, e la concessione di cibo in cambio di favori sessuali nella Repubblica Democratica del Congo.
Queste rivelazioni fanno scalpore ma non sono una novità. Basti ricordare i delicati casi della Bosnia e del Kosovo negli anni ‘90 che videro alcuni “caschi blu” incriminati per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.
Come se non bastasse, le Nazioni Unite si trovano già a dover rispondere dello scandalo Oil for Food in Iraq e dei rapporti con l’Iraq di Saddam Hussein.
Riconoscere il problema
Il primo passo per risolvere un problema è riconoscerlo. Questo rapporto interno è stato istituito a tale fine, nella speranza di prevenire simili comportamenti in futuro, i quali ledono sia il buon nome delle Nazioni Unite che l’esito stesso delle missioni di Peace-keeping sparse nel mondo. Queste, da Haiti a Timor Est, passando per la Sierra Leone, attualmente sono diciotto, per un “contingente” totale di circa 75.000 persone.
La settimana scorsa il Consiglio di Sicurezza ha deciso per l’invio di 10.000 “caschi blu” e di 700 poliziotti nel Sud del Sudan a sostegno dell’accordo di pace da poco intrapreso tra il Governo di Khartoum e i rappresentanti del Movimento popolare di liberazione del Sudan (Splm).
Sebbene alcuni paesi, inclusa la Francia, hanno già preso concreti provvedimenti per punire i colpevoli dei crimini sopra citati, il rapporto suggerisce l’introduzione di diverse nuove misure per prevenire perseguire ulteriori violazioni, tra cui l’incremento del numero delle donne impiegate “per promuovere un ambiente che scoraggi lo sfruttamento sessuale e gli abusi”, e l’instituzione di corti marziali che agiscano sul posto e l’obbligo per coloro divenuti padri in missione di fornire sostegno al bambino.
È comunque necessario capire che le missioni delle Nazioni Unite, anche se talvolta risultano mal gestite e con dubbi fini di peace-keeping, sono necessarie. Casi, davvero gravi, del genere sono anche sintomo che quest’Organizzazione ha bisogno di essere riformata, soprattutto educata nel rispetto di quei principi di diritti umani di cui è portatrice.