I lanciatori d'allerta gridano, ma l'Europa non ascolta
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Michelle VaccinoniClearstream, Luxleaks, Paradise Papers… Hanno scoperto il vaso di pandora rivelando gli scandali più importanti della nostra epoca. E a un prezzo eccessivo, a volte persino con la vita. I lanciatori d'allerta oggi gridano contro le scappatoie giuridiche e al silenzio dell'UE. Tra i primi, Denis Robert e Raphaël Halet.
ClearStream, OffshoreLeaks, SwissLeaks, Luxleaks, Panama Papers, Monsanto Papers, il caso Snowden e ora i Paradise Papers con quei 13 milioni di documenti trapelati... Di anno in anno le rivelazioni si susseguono sempre più eclatanti, svelando gli imbrogli di grandi multinazionali, di uomini e donne politici e di potere. Esse puntano il dito e i riflettori sull'esistenza dei regimi fiscali degli Stati, spesso al limite della legalità. E se il temporeggiare da parte della politica nella lotta alla frode e all'evasione fiscale infastidisce il mondo politico-mediatico, quest'ultimo si preoccupa molto meno del destino riservato ai lanciatori di allerta, gettati nell'infamia, schiacciati e abbandonati dall'apparato giudiziario.
« Ho realizzato che la vita era altrove »
Avvolti dall'isteria mediatica e politica che queste scoperte di norma generano, tendiamo a dimenticare coloro che si nascondono dietro a ogni fuga, sia essa massiccia o modesta. Uomini e donne di tutti i giorni, impiegati, lavoratori dipendenti e non, stagisti, o semplici testimoni che, spesso loro malgrado, mettono a repentaglio la reputazione e la carriera professionale e a volte la propria vita, per rivelare un'attività illecita. L'assassinio lo scorso ottobre della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia ne è un esempio brutale. Persino in Europa, rendere pubblico un affare o delle pratiche contro l'interesse generale può avere un costo molto alto, quello del sangue.
Un fatto, che anche il giornalista e scrittore Denis Robert condivide all'inizio dello scandalo dei primi anni 2000, riguardo al funzionamento poco chiaro della camera di compensazione Clearstream, la cui storia è stata adattata per il grande schermo nel 2015 (L’enquête, "L'inchiesta" realizzato da Vincent Garenq, ndt). In poche riprese, risponde con amarezza sulle vicende allora avvenute. Come prima cosa, non rivendica l'appellativo di « lanciatore d'allerta », che secondo lui è segno sintomatico « della sconfitta del giornalismo ». Inoltre la sua testimonianza attesta le difficoltà che pesano su coloro che vengono chiamate « le sentinelle ». « 63 procedimenti sono stati attuati contro di me per dieci anni. Sono stato vittima di quelle che i canadesi chiamano le "procédures-baillons"» ci racconta il giornalista a proposito di quelle procedure giudiziarie il cui scopo è di scatenare la paura e l'autocensura piuttosto che condannare. Non è l'accanimento giudiziario la ferita più grande ma « la compromissione assoluta dei giornalisti, i quali tutt'oggi se mi incontrano cambiano strada. »
Per Denis Robert, questa esperienza ha dimostrato che il vero potere non risiede nella capacità di svelare un'informazione ma quella di insabbiarla. « Bisognava resistere, stare calmi e soprattutto non rispondere a ogni attacco poichè ne provenivano da qualsiasi parte. A un certo punto si rischia di impazzire. Dovevo capire che la vita era altrove... Durante questi dieci anni ho scritto romanzi, spettacoli teatrali. Sono andato a pescare, al cinema, in vacanza. Ho continuato la mia vita. » Nonostante tutto il giornalista, prima presso Actuel e poi Libération, godeva di una solida reputazione : « E' stato difficile farmi fuori. Ma Clearstream in parte ci è riuscito perché avevano un avvocato e un servizio apposito ».
Denis Robert possiede un « nome » di cui però non beneficia Raphaël Halet, che insieme ad Antoine Deltour, ha denunciato la questione « LuxLeaks », scandalo finaziario che ha sviscerato gli accordi fiscali tra le grandi multinazionali e l'amministrazione fiscale dello stato del Lussemburgo. Le sofferenze del collaboratore di lunga data degli uffici della Pricewaterhouse Coopers trovano eco in quelle di Denis Robert. « In un primo momento ho risentito delle pressioni da parte del mio ex-capo che ha cercato di ridurre in pezzi me e la mia famiglia », ci spiega per iscritto, « L'indifferenza generale della popolazione », è stato il secondo duro colpo. «80 miliardi di euro di tasse non pagate all'anno, dovrebbero scatenare la rivoluzione per le strade ed essere il principale tema di discussione di tutti », e qui si arrabbia il cittadino di Metz, ancora in attesa del verdetto della Corte di Cassazione previsto il prossimo 23 novembre. « Ciò che manca è il sostegno dei media "generalisti" » ci confida. Quei media che, secondo una sua analisi, sono nella mani di « qualche milionario », il che spiegherebbe questo silenzio. « Per fortuna esiste un sostegno popolare attraverso i social network, il più famoso è luxleaks.fr. »
L’Europa è l'unica soluzione
Per entrambi l'unica valida protezione per i lanciatori d'allerta si tradurrebbe in un disegno di legge a livello europeo, inclusivo di tutti i Paesi membri, tutti i settori, organizzazioni pubbliche e private. « Giornalisti stranieri che possano trattare questioni francesi e francesi che possano intervenire sulle questioni belga, tedesche, ecc...» prosegue, spiegandoci come i casi di evasione e frode fiscale siano per natura « oltre i confini ».
Il giornalista suggerisce anche altre idee, come quella di fornire un aiuto economico e giuridico ai lanciatori d'allerta. Invita alla creazione di una « commissione di esperti » che avranno l'incarico di proteggere e di diffondere le informazioni scoperte, attraverso la creazione di un portale online. La commissione verificherebbe la notizia e garantirebbe una sorta di « marchio inattaccabile » e inoltre ricoprirebbe il ruolo di intermediario tra i lanciatori d'allerta e i media. Secondo Raphaël Halet è necessaria una pressione sulla Commissione europea, tramite l'uso massivo dei social network e di iniziative locali, in modo da arrivare il più veloce possibile a una legge europea.
D'altro canto la Commissione europea si è impegnata a presentare un disegno di legge nei prossimi mesi. Il Parlamento europeo ha invece preso l'iniziativa votando una delibera che richiami a una tutela dei lanciatori d'allerta a livello europeo. Virginie Rozière, l'eurodeputata socialista e una delle redattrici del testo, si spazientisce di fronte all'inerzia della situazione. « Prendete la Svezia, la tutela verso coloro che denunciano esiste dal 18esimo secolo, non è niente di nuovo », spiega dopo Bruxelles. Secondo l'eurodeputata le fonti d'ispirazione a livello nazionale non mancano. Cita anche i Paesi Bassi che dispongono di una vera e propria « casa per i lanciatori d'allerta ». « Strano a dirsi anche il Lussemburgo ha un sistema di protezione per coloro che si espongono ma più che prenderne ispirazione ci ha fatto capire cosa è meglio evitare », aggiunge la deputata, chiarendo che in Lussemburgo tale salvaguardia finisce non appena diventa pubblica.
Come per Denis Robert, l’eurodeputata si augura che le intimidazioni giudiziarie abbiano vita breve e di invertire l'onere della prova: l'organizzazione sotto accusa deve provare che la denuncia sia infondata. Sottolinea l'importanza di permettere al lanciatore d'allerta di rivolgersi alla stampa e all'opinione pubblica e spera di poter creare con il tempo un'autorità europea, la « commissione di esperti » che si auspica Denis Robert. Insiste anche sull'urgenza di instaurare un fondo per il sostegno finanziario, giudiziario e psicologico specifico.
« Il lanciatore d'allerta non è un super eroe »
Secondo la deputata manca inoltre un'esatta definizione di cosa sia un « lanciatore d’allerta ». La sua opinione è che essa debba essere più ampia possibile per ottemperare al maggior numero di casi. « Quello che conta non è il carattere del lanciatore d'allerta ma dare valore alla denuncia, agli scandali che costitutiscono una grave minaccia per l'interesse generale ».
Tuttavia ogni volta che scoppia un caso di tale natura, sembra difficile non associarlo a coloro che ne sono all'origine. Lo sa bene il cinema che a volte ne ha glorificato i principali protaginisti come Julian Assange con Bill Condon (Quinto Potere, 2015) o Edward Snowden con Oliver Stone (Snowden, 2016). Una costruzione catartica che non piace a Virginie Rozière : « Il lanciatore d'allerta non è un super eroe, è un essere umano faccia a faccia con un dilemma interiore, lo stress, i dubbi, disorientato, che non sa a chi rivolgersi e come ». Dunque per la deputata l'esempio olandese di una casa di tutela per coloro che denunciano è una priorità : « Ciò permette l'ascolto delle parole, garantisce fiducia, incoraggiamento e consigli e si può essere il primo interlocutore aperto per il lanciatore dall'allerta ».
La delibera votata dal Parlamento europeo a ottobre 2017 include la maggior parte delle proposte eccetto l'istituzione di un fondo finanziario. La palla passa ora alla Commissione europea che però tergiversa. E' stata occupata nella presentazione di un disegno di legge quest'anno che ha posticipato al 2018 a causa della sua complessità. Il nocciolo della questione sarà sapere se il testo avrà tempo di essere studiato prima della campagna elettorale del 2019, data in cui l'attività legislativa sarà bloccata.
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Translated from Le cri d'alarme des lanceurs d'alerte face au silence de l'Europe