Hotspot Factory: da luoghi di transito a fabbriche di clandestinità
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Cosa sono gli "hotspot"? Qual è il destino di chi sbarca in Europa? A queste domande prova a rispondere questo instant doc. Le immagini delle situazioni limite al centro di Trapani si alternano alle interviste con i più autorevoli esperti ed attivisti siciliani, provando a chiarire una situazione che sta sfuggendo di mano. Documentario di Vurria Produzioni in collaborazione con cafébabel Palermo.
Mentre la Grecia promette di aprire quattro dei cinque hotspot promessi all'Unione europea (Lesbo, Chios, Samo e Leros) e l'Italia continua ad essere bacchettata per i centri non ancora operativi (Augusta, Taranto e Porto Empedocle), le previsioni riguardo la gestione dei nuovi arrivi di migranti continuano a non essere rassicuranti. Infatti, secondo una simulazione della startup Datatellers, se nel 2016 dovessero arrivare tanti profughi quanti ne sono approdati nell'area del Mediterraneo lo scorso anno, «il piano degli hotspot rischierebbe di trasformarsi in un imbuto» destinato al collasso.
Cosa sono (o cosa dovrebbero essere) gli hotspot
Di hotspot si inizia a parlare lo scorso maggio, all'interno dell'agenda europea sulla migrazione. L'Italia ospita tre di questi centri di identificazione: a Lampedusa, Pozzallo e Trapani. Secondo le intenzioni dell'UE, si tratterebbe di strutture in cui identificare rapidamente i migranti, occupandosi della fotosegnalazione e della registrazione delle impronte digitali. Centri non di accoglienza dunque, ma di "rapido transito", funzionali soltanto ad una prima classificazione, volta a distinguere in 48 ore (massimo 72 ore) i migranti cosiddetti "economici" – per i quali è previsto il rimpatrio – dai richiedenti asilo, gli unici ai quali può essere garantita la protezione internazionale.
Una distinzione "sulla carta", che non tiene conto delle storie personali e che si basa quasi esclusivamente sulla nazionalità dei migranti. Un'operazione finora condotta in via sperimentale, senza una legislazione chiara e definita. Le conseguenze di questo stato confusionale si sono già fatte sentire e continuano a ripresentarsi: situazioni limite come quella accaduta nell'hotspot di Trapani a inizio dello scorso gennaio, quando a 196 persone frettolosamente classificate come migranti economici è stato intimato di lasciare il territorio italiano entro 7 giorni (guarda l'instant doc). Quasi duecento persone abbandonate a loro stesse, riversate prima nelle strade della città, poi alla stazione ferroviaria, al freddo, spesso senza documenti e mezzi di sussistenza.
Una delle criticità principali del "metodo hotspot" è l'assenza di un controllo delle procedure di rimpatrio previste per i migranti "economici", che rende di fatto questi centri delle fabbriche di clandestinità.
Hotspot Factory, instant doc a cura di Francesco Bellina, Marco Bova e Marta Gentilucci. Montaggio di Cosimo Sabato.
Zona di confinamento a tempo indeterminato
Un'altra situazione limite si è verificata a Lampedusa, quando, sempre nei primi giorni di gennaio, quasi 200 migranti si sono rifiutati di sottoporsi al fingerprinting, risultando di conseguenza "clandestini". Cosa c'è dietro a questo rifiuto? Spesso il timore della Convenzione di Dublino III, che pone un criterio sussidiario: l'unico Stato membro competente ad esaminare le richieste di protezione è il Paese di primo approdo del migrante richiedente asilo. Il rifiuto è poi collegato alle storie personali. Storie di cui né una macchina raccogli-impronte né un "foglio notizie", dove rispondere alla domanda: Perché ti trovi in Italia?, riescono a tenere traccia. Storie che raccontano di famiglie da raggiungere altrove, per cui il nostro Paese sarebbe solo un punto di passaggio e non d'approdo.
Per evitare il rischio della "trappola" contenuta in Dublino III, questa estate era stato proposto un sistema definito di "Relocation", che nell'arco di 2 anni avrebbe consentito il trasferimento in altri Paesi europei di 40mila migranti giunti in Italia. Ma il fallimento di questo sistema ha comportato l'ulteriore intasamento del sistema di accoglienza italiano, con la trasformazione degli hotspot da luoghi di transito rapido a zone di confinamento a tempo indeterminato.
È di questo che parla Hotspot Factory, un instant doc di 10 minuti, prodotto da Vurria Produzioni con la collaborazione di cafébabel Palermo. Un approfondimento ma con l'urgenza dell'attualità, composto dal reportage sull'episodio Trapani e dai contributi video di Fulvio Vassallo (coordinatore della Clinica legale per i diritti umani dell'Università di Palermo), Alessandra Sciurba (L'altro diritto – Sicilia), Elio Tozzi (Borderline Sicilia) e Davide Camarrone (scrittore e giornalista).