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Homeless World Cup: un calcio all’esclusione sociale

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società

"A ball can change the world" - questo il motto della Homeless World Cup che ha avuto luogo quest'anno nella città polacca di Poznan. Lo scorso agosto, 700 giocatori di 70 diversi paesi si sono recati nella Polonia occidentale per giocare a street soccer. In questo modo hanno deciso di riprendere in mano la loro vita.

Fischio d’inizio. Sui tre campi di calcio cominciano gli incontri: le Filippine sfidano la Germania e il Galles la Grecia. La partita tra la squadra di casa polacca e la Russia viene salutata dagli spettatori con cori vivaci. "Polskaaa, Polskaaa!", gridano i fan dalle tribune. Siamo seduti sulle file più alte degli spalti insieme a Maciej Gudra, il presidente della "squadra polacca dei senzatetto", che quest'anno ha organizzato il torneo. La vista dà sul pittoresco lago di Malta, una popolare meta turistica di Poznan. Tra la musica e l'entusiasta voce del commentatore ci godiamo la partita. A dire la verità, i giocatori non sono tutti senzatetto. "Homeless non significa solo houseless", spiega Maciej che continua: "Sono anche le persone che hanno problemi con la droga, l'alcol o la dipendenza dal gioco".

La HWC (Homeless World Cup) non è una manifestazione da poco. Circa 200 volontari, allenatori professionisti, assistenti sociali e arbitri di tutto il mondo fanno il possibile per realizzare questo evento. Molti di loro lavorano tutto l'anno per poterci essere. "Per noi è come un secondo lavoro", spiega Alessandro Dell'Orto, manager della squadra italiana, che ha organizzato l'HWC del 2009Milano.  

paura dell'invasione

L'organizzazione del campionato richiede la raccolta di ingenti risorse economiche: per creare il campo di gioco, organizzare l'alloggiamento e il vitto dei giocatori, la squadra polacca si è fatta finanziare da diversi sponsor. È stata chiesta assistenza anche al Comune locale e allo Stato. "All'inizio l'amministrazione cittadina era molto ostile, soprattutto per paura che Poznan potesse subire un’invasione di barboni stranieri", sostiene Maciej, che rivela: "Ci ha aiutato solo dopo molte esitazioni".

Il Ministero dello Sport invece, ha deciso di non finanziare più l'evento soltanto un mese prima del calcio d'inizio: "Alla fine abbiamo ottenuto un terzo delle sovvenzioni promesse", confessa Maciej. Le singole organizzazioni nazionali hanno anche provvisto autonomamente alla preparazione atletica e alle spese di viaggio: la squadra greca, per esempio, si è finanziata grazie alla vendita dei giornali dei senzatetto. A Hong Kong è stata organizzata una partita di beneficienza con la quale sono stati raccolti 30.000 euro. La squadra libica e quella spagnola invece, non sono riuscite a raccogliere abbastanza fondi e non hanno partecipato.

Altro che lo psicologo

Secondo la pagina homelessworldcup.org, la partecipazione all'evento rappresenta una once-in-life-opportunity: si può giocare solo una volta alla HWC. Le statistiche dicono che il 77% dei partecipanti riesce a superare i propri probemi. "Qui hanno l'opportunità di stare al centro dell'attenzione, non in ombra come al solito. Sono loro le star: è 100 volte meglio che andare dallo psicologo!", dice Alessandro. "Sento di migliorare", conferma la giocatrice ventinovenne Ewa, che ha alle spalle 2 anni di astinenza dall'alcol. "Mi ero già data per vinta, ma ora vado in campo e combatto", ammette. Molti giocatori hanno la possibilità di viaggiare per la prima volta nella loro vita e di conoscere gente nuova di altri Paesi. Allo stesso tempo, alcuni partecipanti hanno difficoltà a tornare alla vita normale dopo la HWC: "Dopo il campionato nessun fan esulta per noi e nessun giornalista si interessa più ai nostri problemi", ammette Alessandro. Molti di loro hanno bisogno di speciale assistenza psicologica.

Per giocare alla HWC non si deve per forza essere cittadini di uno dei Paesi partecipanti. Eppure, "persino all'interno dell'Ue, rimane molto difficile ottenere i documenti di viaggio per i profughi e gli asilanti", sostiene Sergios, allenatore della squadra greca. "Abbiamo molti giocatori stranieri, ma quest'anno non ho potuto portarne nessuno", racconta. I criteri per la scelta dei giocatori non riguardano tanto le loro prestazioni sportive. Secondo Sergios, "è importante che si allenino regolarmente, che si comportino bene e che seguano le regole. Cerchiamo giocatori che pensiamo possano trarre un vero profitto da questa esperienza". Secondo Uwe, un giocatore della squadra belga, l'esperienza ha dato i suoi frutti: "Mi sono detto: 'ragazzo, non sei da buttare via, rialzati e torna sulla terra'". Suo figlio, che segue il torneo su Internet, gli ha mandato un sms: "Papà, sono fiero di te! Hai fatto un goal ai mondiali". Per il quarantanovenne è un doppio successo. Dopo la HWC vorrebbe continuare ad allenarsi. 

Al di là dei goal e delle medaglie sportive, molti giocatori ottengono soddisfazioni a livello personale. "Invece di arrendersi, continuano a giocare e a lottare", dice Maciej. E quando le partite finiscono, ci si accorge che non sono tre, ma sei le squadre che festeggiano. Solo la Polonia, che è stata sconfitta dalla Russia, lascia il campo. In fondo si gioca per vincere, anche alla HWC.

Video Credits: HomelessWorldCup/youtube

Translated from Homeless World Cup: 1-0 gegen Obdachlosigkeit