Greci e tedeschi, crisi a Berlino: un muro di differenze
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Roberto LapiaPorto d’approdo per gli immigrati negli anni ’50, Berlino ha aperto le porte a numerose famiglie greche i cui figli oggi siedono oggi negli stessi banchi universitari dei giovani tedeschi. Nel momento in cui i giornali teutonici etichettano i greci come “poveri” e “nullafacenti”, colpevoli di non pagare i disastri causati dalla crisi ellenica, come va avanti la vita di un greco a Berlino?
Incontro con i nuovi “capri espiatori” d’Europa.
Costa Papanastasiou abita a Berlino. Raggiungo l’artista in una taverna, il Terzo Modo, centro nevralgico dell’ellenismo berlinese. «Sono arrivato in Germania nel 1955, per studiare architettura – ricorda. – Allora conoscevo si e no tre parole di tedesco. In seguito sono diventato professore all’Accademia delle Belle Arti di Berlino. Ed è un po’ per caso che sono diventato attore, recitando in alcuni film tedeschi di successo (per esempio “Die Eroberung der Zitadelle, de Bernhard Wicki”, 1975-1977). Interpretavo il greco».
La Bild e l'immagine dei greci
«Non mi sento tedesco, io sono berlinese. Berlino è una città con uno spirito molto particolare, diversa dal resto della Germania»
«Quando siamo arrivati in Germania – mi spiega Costa a proposito della comunità greca – eravamo considerati i “cugini poveri”. Poi, dopo anni di sacrifici, quest’immagine è sparita. I tedeschi ci hanno accettato quasi subito, soprattutto perché eravamo i soli immigrati a non far aumentare il tasso di criminalità». Ma da quando la crisi economica ha investito la Grecia, niente va più nel verso giusto. «Il comportamento dei tedeschi è cambiato – confessa amaramente Costa Papanastasiou, - io stesso ho rischiato di perdere tutti i miei amici più cari».
Costa Papanastasiou è palesemente deluso e arrabbiato a causa dell’immagine deleteria della Grecia veicolata da una parte della stampa tedesca. Secondo lui, le tensioni tra greci e tedeschi sono la conseguenza diretta tanto della politica di Angela Merkel, quanto della propaganda di alcuni giornali come la Bildo Focus. «Quando questi dichiarano che i greci vanno in pensione a 55 anni – s’innervosisce – e che lavorano molte meno ore rispetto a loro, è logico che il tedesco medio, frustrato, si ribelli».
E lui, oggi, si sente più tedesco o più greco? «Non mi sento tedesco, io sono berlinese. Berlino è una città con uno spirito molto particolare, diversa dal resto della Germania. E poi, passo la gran parte del mio tempo al Terzo Modo, che per me è come un’isola ellenica all’interno della città». Inoltre, contrariamente alla maggior parte dei lettori della Bild, Costa crede ancora all’avvenire del suo paese d’origine: «Ho vissuto in Grecia in mezzo alle ortiche. Sono sicuro che ne verremo fuori anche questa volta».
«La Grecia o il Terzo Mondo?»
«Fino ad oggi, in Germania, non ho mai avuto problemi a causa della mia doppia nazionalità» mi spiega Martin S. Per il giovane greco-tedesco «gli spagnoli e i portoghesi potrebbero trovarsi benissimo al posto nostro. Non ci sono motivi di eventuali antipatie particolari dei tedeschi nei confronti dei greci».
Non contate su di lui per prendere le difese del suo paese quando si oltrepassa il limite: «Sono particolarmente scioccato dagli incidenti che ci sono stati in Grecia. Addirittura tre vittime. Quando, durante un telegiornale, scorgo delle immagini provenienti dalla Grecia, a volte mi domando se stanno parlando del mio paese o di un paese del terzo mondo». Avendo vissuto a lungo nella patria di Goethe, riesce ad immedesimarsi pienamente nei suoi abitanti: «I tedeschi sono esasperati perché hanno paura di dover pagare per il fallimento greco. E capisco la loro collera, perché sospettano che a breve termine saranno costretti a pagare un surplus di tasse».
Il Regno dei ciechi...
Dopo aver parlato a lungo di greci e tedeschi a Berlino, sono giunta alla conclusione che le posizioni risultano spesso irreconciliabili. Gli studenti greci si sentono schiacciati dall’evolversi degli eventi che hanno travolto la loro patria d’origine, mentre i tedeschi sono tanto aggressivi quanto desiderosi di abbandonare la barca che affonda - l’euro - per tornare al marco.
Nella speranza di superare questo muro d’incomprensione, meglio rivolgersi all’esperto di turno. Günter Faltin è professore di economia all’Università libera di Berlino. Parlando della crisi greca cerca di andare oltre le divergenze: «Io non condanno in alcun modo il popolo greco per la situazione attuale. La sola questione importante oggi è: come trovare una soluzione percorribile per i greci?». E il professore s’incarica lui stesso di fornire una serie di diverse possibili vie d’uscita dalla crisi: «Potremmo proporre ai greci di uscire dall'euro-zona, per migliorare la loro competitività. Avremmo anche potuto operare uno scarto di garanzia unico (“haircut”) alle banche, dunque stoppare il flusso dei prestiti bancari destinati alla Grecia. Uno dei problemi maggiori è quello di designare un responsabile. Perché questa crisi è stata creata, senza alcuna ombra di dubbio, da alcuni governi irresponsabili». Pertanto, per il professore, condannare la Grecia non vuol dire di conseguenza, lodare la Germania: difatti, «la differenza tra la Germania e la Grecia è che, - citando Jean-Jaques Rousseau, - “nel regno dei ciechi i guerci son dei Re”». Parola di esperto.
Foto: skantzman's Visual Communication/flickr; Piazza del Popolo/flickr; schaltzeit/flickr. Video: alzazil/Youtube
Translated from A Berlin, un mur de différences sépare Grecs et Allemands