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Gli strumenti di democrazia diretta a disposizione della cittadinanza napoletana

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Napoli

Le modalità di partecipazione popolare alla vita politica sono più di quante si immagini

Viviamo un periodo storico caratterizzato dalla comune sfiducia nei confronti della politica. Alle ultime elezioni politiche italiane,l'astensionismo ha raggiunto quasi il 25%: mai prima di allora si era registrata una tale cifra. Un sondaggio svolto poco più di un mese fa, rivela come solo il 5% degli italiani abbia fiducia nelle attuali forze politiche in parlamento.

Il vero problema non è però la semplice disillusione verso le istituzioni. Oggi questo sentimento è troppo spesso confuso con il rifiuto della politica, la negazione di ciò che era stato reso un’arte nell’antica Atene. Di solito, chi fa ciò si giustifica lamentando che il popolo non è sufficientemente integrato nei circuiti di decisione politica. Su questo punto potremmo trovare consensi, ma la questione è più sostanziale che formale. 

Il Sud Italia è la zona del paese dove si sono registrati i picchi di astensionismo più alti e dove la pratica del voto di scambio desta maggiori preoccupazioni. I problemi del Meridione sono noti: basti pensare alla disoccupazione, ai beni culturali abbandonati a sé stessi, alla Terra dei Fuochi. E' incredibile come in una città del calibro storico e umano di Napoli, dove sarebbe dovuta una risposta politica pari, aleggi un diffuso senso di rinuncia alla vita della gestione comunitaria. Per capirlo non sono necessari sondaggi: basta fermarsi, il tempo di un caffè, ad un bar. 

Alcuni non lo sanno, ma il Comune di Napoli dispone di uno Statuto in cui sono disciplinati anche gli istituti di democrazia diretta. Se politica e società civile sono diventate due realtà distinte e separate, come affermano alcuni, questi istituti assumono un'importanza vitale per coloro che credono ancora nelle istituzioni e meritano perciò di ricevere un'adeguata considerazione. Dunque quali sono? Come funzionano? 

Innanzitutto, i cittadini napoletani possono, anche singolarmente, presentare petizioni e proposte agli organi comunali e delle Municipalità. Se una petizione è sottoscritta da 500 elettori residenti nel Comune o da 100 elettori residenti in una singola municipalità, le istituzioni comunali o municipali saranno tenute a pronunciarsi sul merito della questione entro 60 giorni. La proposta legislativa è uno strumento più complesso, poiché consiste nella presentazione di un atto deliberativo sottoscritto da almeno 10.000 elettori residenti nel Comune o 500 residenti nella Municipalità; inoltre, una proposta dev'essere presentata da un comitato promotore, composto da almeno tre cittadini iscritti nelle liste elettorali comunali, che si occupi della raccolta delle sottoscrizioni. Le istituzioni dovranno pronunciarsi sulla proposta attraverso una vera e propria deliberazione, prendendo una precisa posizione politica sul punto. Oltre a ciò, i cittadini dispongono dell'istituto del referendum. Si tratta di un referendum di tipo consultivo, e che quindi non comporta alcun vincolo giuridico per l'amministrazione comunale, indetto per iniziativa di un numero di cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune non inferiore a 20.000. Esso può riguardare modifiche o revoche di atti a competenza comunale o municipale, con esclusione delle materie che riguardano imposte, tariffe, la nomina o revoca degli organi locali e gli atti concernenti la salvaguardia delle minoranze e degli immigrati. Il referendum consultivo può essere richiesto anche dal comitato promotore di una proposta, qualora questa sia stata rigettata o l'organo competente non abbia adottato alcuna deliberazione nel termine prescritto; in tal caso, le sottoscrizioni raccolte per la proposta vengono computate ai fini del quorum per la richiesta di indizione di referendum. Se la portata del referendum consultivo non è minimamente paragonabile a quella del tipo abrogativo, è chiaro comunque che pone dinanzi agli occhi dei governanti una chiara richiesta popolare. Il senso è: se non puoi togliergli la poltrona, almeno rendigliela scomoda.

A questi strumenti di democrazia diretta locale vanno aggiunti quelli del livello regionale: in quest'ambito compaiono anche le figure del referendum abrogativo e di quello approvativo. Nel primo caso, è possibile abrogare una legge regionale, che non riguardi però specifiche materie (come tributi e bilancio), qualora lo richiedano 100.000 elettori. Il referendum approvativo comporta invece l'entrata in vigore di una legge regionale proposta da almeno 50.000 elettori; se questa non viene approvata nel termine di sei mesi o venga approvata ma con modifiche sostanziali, essa è sottoposta al voto popolare.

Finora lo strumento del referendum comunale non è mai stato utilizzato nella città di Napoli, mentre degli altri istituti di democrazia diretta si è fatto un uso estremamente ridotto, talmente ridotto da poter dire che, ad oggi, questo strumenti di democrazia sono inutili.