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Gli Oscar, "La grande bellezza" e il Belpaese

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Cultura

Notte degli Oscar 2014: l'Italia torna sul gradino più alto del cinema mondiale. Ma cosa è cambiato dall'ultima volta? Fenomenologia del Belpaese.

15 anni per at­ten­de­re il ri­tor­no del­l’u­gua­le. Da Be­ni­gni a Sor­ren­ti­no, da La vita è bella a La gran­de bel­lez­za. Se c’è una cosa di cui il no­stro Paese non sem­bra poter fare a meno, è pro­prio quel­la pa­ro­la dal suono ro­ton­do e gra­de­vo­le. Che venga in­to­na­to a mo' di sa­lu­to nel bar al­l’an­go­lo, che sia un com­pli­men­to lan­cia­to in aria al pas­sag­gio di una ra­gaz­za/o, che sia il no­mi­gno­lo as­so­cia­to a una delle tante pizze nei menù dei ri­sto­ran­ti: la ca­te­go­ria del "bello" – non im­por­ta se fi­gu­ri come ag­get­ti­vo o so­stan­ti­vo – sta al­l’I­ta­lia come un ade­si­vo ina­mo­vi­bi­le at­tac­ca­to sul fian­co di una vespa.

Ep­pu­re, vo­len­do re­la­ti­viz­za­re l’ac­ca­du­to è bene ri­cor­dar­si che, al­me­no in an­ti­chi­tà, il "bello" era  sol­tan­to uno dei 3 va­lo­ri su­pre­mi in­sie­me al "vero" e al "buono". Per i Greci e i Ro­ma­ni sem­bra che il ter­mi­ne aves­se una con­no­ta­zio­ne ben più ampia di quel­la odier­na: dagli og­ge­tti alle idee, il "bello" era una ca­te­go­ria piut­to­sto vaga, che tro­va­va nella "pro­por­zio­na­li­tà" il suo re­la­ti­vo fi­si­co.

Am­mes­so che la sag­gez­za po­po­la­re aves­se già in­cor­po­ra­to nel detto "non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace" tutta la sag­gez­za degli an­ti­chi, sem­bra che, in un­ cer­to senso, con La gran­de bel­lez­za ci si sia di nuovo ri­con­giun­ti con il sog­get­to in­de­fi­ni­to, an­ti­co e, per certi versi, in­quie­tan­te dei no­stri an­te­na­ti. E seb­be­ne Paolo Sor­ren­ti­no abbia spie­ga­to a Re­pub­bli­ca.​tv come il suo film "non sia una cri­ti­ca al­l’I­ta­lia, ma rap­pre­sen­ti piut­to­sto il suo amore verso di essa", c'è an­co­ra chi, ma­ga­ri tra altri 15 anni, il Bel­pae­se (sic!) lo vor­reb­be un po' meno "bello", ma, in cam­bio, un po' più "vero" e "buono".