Gli europeisti chiedano un referendum britannico sul Trattato
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Adriano FaranoBlair lo aveva promesso per la Costituzione. Ora Brown lo nega. Colpevolmente spalleggiato dall’ipocrita opinione pubblica pro-Ue.
Un referendum sulla Costituzione Europea. Tony Blair lo aveva promesso nel 2004 agli inglesi. Quattro anni e due referendum negativi dopo in Francia e Olanda, la Costituzione è uscita dalla porta... per rientrare dalla finestra. Con gli stessi contenuti ma sotto mentite spoglie, quelle del Trattato di Lisbona. Gordon Brown, però, nuovo inquilino di Downing Street ed erede politico del leader laburista, vuole far approvare per via parlamentare il nuovo testo chiamato a regolare i meccanismi istituzionali dell’Europa a 27. Suscitando l’indignosa reazione dei (numerosissimi) euroscettici del Paese.
Le ragioni degli euroscettici
Commentando il voto positivo della Camera dei Comuni del 5 marzo scorso, Ian Martin, editorialista del Telegraph, così fustigava l’attitudine di Brown: «Quando gli storici racconteranno l’intera storia, le generazioni future rimarranno stupite da come gli euro-fanatici che hanno complottato contro la sovranità e democrazia britannica non siano stati rinchiusi nella torre per il loro alto tradimento».
Il premier inglese Gordon Brown, quello olandese Jan Peter Balkenende e il Presidente della Commissione Europea Barroso, durante il summit di Lisbona del dicembre 2007 che ha licenziato il Trattato di Lisbona. La strada è ora aperta per le ratifiche che, dopo il doppio No dei referendum francese e olandese, saranno per lo più parlamentari. (Foto Commissione Europea)
Certo potrei benissimo essere annoverato tra coloro che l'editorialista del Telegraph definisce euro-fanatici: credo infatti in uno stato federale europeo. Tuttavia non posso non condannare la farsa orchestrata dal Presidente francese Nicolas Sarkozy col concorso dello stesso Brown e dell’intero establishment europeo per “salvare” la Costituzione Europea dall’assalto dei popoli. Valéry Giscard d'Estaing, il padre della Costituzione Europea, ha confermato, nel suo blog, che nel Trattato di Lisbona «si possono trovare tutte le proposte istituzionali» della defunta Costituzione. Ma sono meno stupito dal doppiogiochismo dei leader europei che dall’ipocrisia generale dei commentatori eurofili che appartengono alla cosiddetta società civile e che, incoscientemente, stanno sancendo il divorzio dei popoli dalla costruzione europea.
Possiamo dunque concordare con Ian Martin quando definisce «antidemocratica» l’Unione Europea così com'è oggi. Ma – attenzione – l’errore degli euroscettici è un altro. E cioè che non riescono a capire che nel Ventunesimo secolo gli stati-nazione non sono più in grado di esercitare la loro sovranità. Le questioni politiche sono sempre più “globali” e i piccoli paesi possono davvero poco quando si trovano di fronte a giganti come la Cina o la Russia. Specie se si parla di temi quali l'ambiente, il commercio o l’energia. Il Commissario europeo al commercio, il britannico Peter Mandelson, lo sa molto bene.
Per un referendum pan-europeo
Credo in una democrazia paneuropea. Per questo motivo penso che l'Ue dovrebbe indire un referendum sul Trattato di Lisbona – in tutti i 27 paesi e nello stesso giorno – chiarendo che un rifiuto del testo significherebbe un'uscita dall’Unione.
La politica mi piace quando è efficiente, quando le democrazie possono avere un impatto sul mondo che le circonda. E oggi per essere efficienti abbiamo bisogno di un attore transnazionale come l’Ue. Non si tratta di svendere la sovranità come temono Iain Martin e gli euroscettici ma di condividerla. Gordon Brown dovrebbe spiegare questo al suo popolo, attraverso una campagna referendaria che sia gli inglesi che gli europei meritano.
Translated from No Lisbon treaty referendum for the Brits