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Gli errori (dis)umani dietro il disastro ferroviario in Puglia

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società

(Opinione) Il disastro ferroviario di Andria è lo specchio di un'Italia a due velocità: viaggia a 300 km/h da Roma in su, mentre si affida ad un "patto tra gentiluomini" tra i capistazione per coordinare il traffico ferroviario al Meridione. L'errore che ha portato all'incidente è umano. Quelli del sistema che spreca, ruba e malgestisce, che hanno permesso esso si verificasse, sono disumani.

Martedì 12 luglio, ore 11:38, stazione di Andria. Il capostazione dà l’ok per la partenza al macchinista del treno fermo in banchina. Il treno parte: destinazione Corato, centro abitato del nord barese. Anche a Corato c’è un treno che attende il verde, in direzione Andria. Il verde arriva, tutto libero. Il problema è che no, non è tutto libero: i due treni stanno viaggiando non solo in direzione contraria, ma lo stanno facendo sullo stesso binario. L’unico binario esistente, in una tratta come quella tra Corato ed Andria da anni oggetto di un piano di sdoppiamento della linea e per cui, nel 2013, era stato effettuato l’esproprio dei terreni. Poi, il vuoto pneumatico della burocrazia. Il bando di gara per il raddoppio della linea era stato prorogato fino al 19 luglio 2016. Troppo tardi, evidentemente. Una manciata di minuti dopo aver abbandonato le rispettive stazioni accade l’irreparabile. Lo scontro avviene a piena velocità, subito dopo una curva. I due macchinisti non fanno neanche in tempo a toccare la leva del freno per tentare di ammorbidire la violenza dell’urto, o forse semplicemente realizzano sarebbe completamente inutile. Si saranno anche visti, Luciano e Pasquale, avranno incrociato i loro sguardi per una frazione di secondo, attraverso i finestrini delle loro postazioni, prima del contatto. Poi l’inferno.

Si tratta di due treni locali, pieni di pendolari che fanno su e giù da scuola, dall’università, dal lavoro, ma anche di gente che si reca all’aeroporto di Bari Palese per prendere un volo. 23 di loro moriranno. Le immagini dello scontro lasciano poco spazio all’immaginazione. La parte anteriore dei due treni semplicemente non esiste più. Si è quasi vaporizzata, spargendo pezzi di acciaio dilaniati per centinaia di metri intorno al luogo dello schianto. Le ultime carrozze non esplodono, ma si compenetrano irrealmente in un unico organismo morente, un groviglio di acciaio, sangue e corpi umani.

Errori (dis)umani

L’essere umano, per sua natura, è quello che cerca un colpevole. Un responsabile che permetta di convogliare tutta la rabbia, la disperazione e l’incredulità di chi a quel disastro è fortunatamente sopravvissuto, o nella tragedia ha brutalmente perso qualcuno. Ed è di errore umano che infatti si tratta, considerando che l’intero sistema di gestione del traffico ferroviario in quel tratto si affida al cosiddetto "blocco telefonico", un accordo a voce tra i due capistazione per stabilire quale treno passi e quale rimanga fermo in banchina. Un patto tra gentiluomini risalente alla metà del secolo scorso, irreale in un sistema ferroviario dove esiste ed è correntemente implementato (in altre tratte) un sistema di blocco automatico, non dipendente dalla volontà e dall’attenzione dell’uomo, fallaci per definizione. Errore umano quindi, in un’Italia in cui gli errori, quelli organici e sistemici, sono invece disumani.

A cominciare dalle cifre che, secondo il decreto Sblocca Italia e la legge di stabilità, saranno destinate all’ammodernamento ferroviario: 4.859 milioni di euro, di cui 4.799 da Firenze in su e "ben" 60 per il resto della penisola. In percentuali, per gli amanti delle statistiche: l’1.2% di queste risorse verrà destinato al Mezzogiorno, il resto al Nord. Con smisurati potenziamenti previsti per le già efficenti linee ad alta velocità: circa il 50%, il resto verrà sparso sul territorio nazionale, tra Regionali ed Intercity. Viene da chiedersi se forse non sarebbe più opportuno spendere una frazione di quel 50% per far scomparire il sistema del blocco telefonico sull'intera rete ferroviaria italiana. Forse si farebbero così arrivare i passeggeri dell’alta velocità cinque minuti più tardi, però si permetterebbe, a chi vive dove i treni veloci non passano, di arrivarci in stazione. A morire a Corato è stata gente comune, non manager in prima classe.

Potremmo inoltre parlare del fatto che a Matera, capitale della cultura 2019, non arriva la ferrovia: colpa di un tratto mancante di 20 km che, stando alle carte, sarebbe dovuto essere pronto per il 1986.

Il cancro che si autoalimenta

Due esempi, che però descrivono bene una situazione malata al suo interno: la cattiva gestione della pubblica amministrazione al Meridione, figlia di uscite economiche senza freni dovute a clientele, assunzioni di massa in esubero ed enti completamente inutili, continua a causare l’arretratezza e le inefficienze del Mezzogiorno, che ora non è in grado di fare quello scatto di reni necessario per sfruttare gli aiuti e le risorse che la tanto vituperata Europa invia. Specchio di uno stato che sembra composto da due nazioni che viaggiano a due diverse velocità. Un cancro che si autoalimenta.

Già, perché da Bruxelles i fondi per costruire il secondo binario tra Corato ed Andria erano arrivati, precisamente con la Decisione C(2012) 2740 della Commissione Europea del 27 aprile 2012. E tutto sarebbe dovuto essere pronto per il 30 giugno 2015: il ritardo non sarebbe potuto costare più caro. Colpa degli ampollosi, schizofrenici, assurdi iter autorizzativi della burocrazia. Il problema non è applicare le regole, quanto la degenerazione delle stesse. Quando queste, pensate per assicurare la regolarità della costruzione delle opere e scongiurare abusi e conflitti di interesse, si trasformano in un mostro fatto di carta e firme in grado di divorare qualsiasi valido progetto e iniziativa per il territorio. Qualcosa da far rivoltare Bismarck nella tomba.

La caccia alle responsabilità è aperta. È interessante notare però il fatto che oggi disponiamo di una tecnologia che ci permette di sapere immediatamente se un pallone ha varcato la linea di porta di 1 mm, ma se due treni viaggiano l’uno contro l’altro ad alta velocità in aperta campagna ce ne accorgiamo solo dopo il botto. Ecco, sarebbe interessante sapere chi è il responsabile di questo.