Giovani in Grecia: quando Facebook batte i media tradizionali
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Valentina CisbaniI giovani greci non guardano più i telegiornali. O per lo meno non lo fanno spesso, e non si vergognano a dirlo. Ma se leggono le news in modo selettivo e sempre pieni di dubbi, come rimangono informati?
Un report pubblicato quest'anno dal Reuters Institute for Journalism ha rivelato che i greci hanno il livello più basso in assoluto di fiducia nei media, pari a solamente il 23% (il livello più alto registrato è 62% in Finlandia). La Grecia inoltre è l'unico paese europeo che si fida dei social media più che dei mezzi di informazione tradizionali.
In più, oltre la metà degli intervistati (57%) in Grecia e Turchia evitano di ascoltare le news, in confronto a meno di uno su dieci in Giappone (6%). Una delle ragioni di questa "fuga dai media" è che le notizie sono quasi sempre negative, sull'economia, la politica, la corruzione, incidenti, guerre, conflitti sanguinosi e attacchi terroristici nel mondo. Queste notizie non solo contribuiscono a diffondere paura e angoscia per un futuro già incerto, ma finiscono anche per contribuire a peggiorare un morale già abbastanza depresso. Così, le persone preferiscono non sapere, avvalorando l'idea che l'ignoranza sia una benedizione.
Evitare le notizie con non offrono niente di positivo
“Leggo solo le notizie che catturano la mia attenzione” dice Dimitris, un tecnico sistemista di 28 anni che vive ad Atene. “I media non ci dicono la verità. E non c'è niente di piacevole da vedere. Si tratta sempre di disastri, conflitti, guerre, crimini, e i politici sono costantemenre in televisione”. L'esperienza di Dimitris mostra chiaramente quanto sia importante per un popolo la fiducia nell'organizzazione nazionale dei mezzi di comunicazione. Più questa fiducia diminuisce, meno le persone si tengono informate.
Molti giovani greci credono che le notizie siano spesso di parte, e che i titoli siano creati appositamente per essere 'cliccabili'. Andreas, 26 anni di Corinto, condivide questa opinione: “I media ingannano le persone manipolando le notizie per attrarre pubblico e lettori. Spesso i titoli non sono attinenti al contenuto dell'articolo. E le interviste sono così spezzettate che non hanno coerenza, e di conseguenza la verità si perde”, aggiunge. Come in molti altri paesi, i telegiornali in Grecia sono sensazionalistici, spesso riportano male di proposito le citazioni o manipolando le vicende per mostrare al pubblico qualcosa di più ‘scioccante’, che abbia un impatto - spesso negativo - sul pubblico. Questo non significa che tutte le notizie siano negative. Ma solo che spesso questo attrae di più l'attenzione.
La grande co-dipendenza tra politica e giornalismo
Questa onda di pessimismo diffusa tra i giovani greci è anche dovuta anche alla convinzione che i politici abbiano troppa influenza su quel che viene pubblicato. La Grecia ha una cattiva reputazione di correlazione tra politica e organi di stampa e comunicazione. "Qui, la principale caratteristica dei media è la co-dipendenza di politica e giornalismo", dice Maria, una 33enne esperta di comunicazione di Atene. "Ogni giornale è affiliato a un partito politico e ne segue la 'linea', aggiunge, notando che "le eccezioni di media indipendenti sono molto rare". A parte Rizospastis, che è l'organo del partito comunista, gli altri media del paese non sono ufficialmente schierati. E tuttavia, i Greci, giovani e vecchi, sanno facilmente distinguere dai titoli e dal tono generale delle notizie l'affiliazione politica di uno specifico media.
Anche se la maggior parte dei giovani greci ritiene che i lettori stessi sappiano mettere le notizie in relazione e determinare la credibilità di quel che stanno leggendo, cercando di eliminare le 'fake news', le fonti di notizie indipendenti sono limitate.
E tuttavia, se Dimitris ritiene che "le persone sono trattate come pecore; mangiano quel che viene dato loro dai media, e sembrano temere di poter essere puniti se fanno altrimenti", George, un esperto IT di 23 anni del Peloponneso, invece, pensa che ci sia spazio per migliorare: "Le notizie devono essere più oggettive, mostrare più punti di vista, studiare e analizzare le vicende, in modo da permette al pubblico di formarsi una visione completa [di quel che succede]".
La svolta verso i social media
Avendone ormai abbastanza di notizie inaffidabili diffuse dalle fonti tradizionali, i giovani Greci si rivolgono ai social media. Infatti uno sconvolgente 69% della popolazione usa i social network come fonte di informazione. Facebook è utilizzato dal 62% della popolazione, e il 32% usa YouTube per tenersi informato. Inoltre, la Grecia è l'unico paese al mondo che ritiene che i social media siano migliori dei giornali tradizionali nel separare i fatti dalla finzione, ma questo è dovuto più alla bassa fiducia dei Greci nei media che alla qualità dell'informazione offerta.
Il diffuso uso dei social media da parte dei Greci può essere anche associato al fatto che i greci in generale amano commentare e giudicare i fatti di attualità, che si tratti di politica, sport o semplice gossip. Forse per questo sono così presenti sui social media e tendono a fidardene, perché possono - in qualche modo - partecipare, reagire, ed esprimere la loro opinione.
I social media, usati ampiamente dai giovani greci, sono ritenuti veloci e diretti; una fonte di notizie che possono consultare sempre e ovunque. Tassos Morfis, editor e co-fondatore di AthensLive, una piattaforma non-profit per i social media, dice di preferire l'informazione online perché "La televisione greca è di bassa qualità e la stampa è troppo cara". Infatti, spiega che AthensLive è stato il primo media non-profit finanziato inizialmente con il crowdfunding, nella "speranza che fornire una alternativa sostenibile ai centri di informazione tradizionali possa ispirare un cambiamento nel panorama di un sistema di informazione ampiamente corrotto".
“Uso i social media per tenere d'occhio gli sviluppi e poter meglio giudicare le decisioni dei nostri politici”, dice Andreas. E tuttavia, il fatto che i social media non abbiano strumenti di verifica dei fatti e siano aperti a chiunque significa che non sono sempre affidabili. Vasia, 25 anni, assistente amministrativo di Corfu, ne è consapevole e nota che "è facile per i media online manipolare la verità, visto che danno voce alle opinioni di chiunque".
“Il paradosso è che i social media non producono informazione, ma si basano sulla ridistribuzione di quello che viene fornito dai media tradizionali” afferma Stylianos Papathanassopoulos, docente di Organizzazione dei Media e Politica presso la Facoltà di Comunicazione e Informazione dell'Università nazionale e capodistriana di Atene (UoA).
Il grado di esagerazione che si trova nei media è quel che disturba di più, come anche il crescente numero di ‘giornalismo d'opinione’ in cui i reporter diventano commentatori, intervenendo nelle news che invece dovrebbero solo riportare.“In passato, i giornalisti sono stati importanti guardiani di democrazia, tenendo alto lo standard dei discorsi politici e criticando i comportamenti inappropriati di funzionari pubblici quando possibile” osserva il professor Papathanassopoulos. Oggi, i giornalisti non hanno solo perso la fiducia del pubblico, ma per la diffusione dei social media “rischiano di diventare dei follower invece che dei leader” aggiunge.
Il più evidente esempio della propaganda svolta dai media riguarda il referendum del 5 luglio 2015 per decidere se la Grecia doveva o no accettare le condizioni di salvataggio proposte dalla Commissione Europea, dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Centrale Europea, per risolvere la crisi economica del paese. Quel periodo è sentito come denso di propaganda, in particolare dei media affiliati alla politica tradizionale, e come risultato “fino all'ultimo dei nostri concittadini che ancora credevano nei media tradizionali perse ogni fiducia”, secondo Tassos.
Il fatto più eclatante del modo in cui il referendum è stato rappresentato da tutti i media (inclusi i social media) è stato che la domanda se accettare o meno le condizioni richieste si è rapidamente convertita in quella se la Grecia doveva o meno rimanere parte dell'Europa. Quello che è stato percepito come un lavaggio del cervello dei media ha avuto una parte importante (e negativa) nel disinformare i cittadini riguardo alla vera questione in gioco. La maggior parte dei media produssero allarmismo, riferendosi apertamente al 'si' come a un “segno di assenso nei confronti dell'UE”.
Ribaltare la sfiducia?
Come si può ribaltare questa sfiducia nei media? I giovani pensano che le cose non cambieranno o che ci vorrà molto tempo prima che succeda. Con il pessimismo negli occhi, Dimitris dice che “è tutto il sistema politico che deve cambiare, perché sono stati i politici a privare il popolo di un giudizio indipendente e sono loro a tirare le fila”, mentre Andreas pensa che “serve più giornalismo indipendente, che guardi ai fatti a prescindere dal partito al governo”. Il professor Papathanassopoulos sottolinea che “i centri dell'informazione tradizionale devono tornare ai loro valori originari e produrre contenuti che si rivolgano alle nuove generazioni”, mentre il giornalista Tassos ha una proposta anche più radicale: “i media tradizionali senza il supporto dello stato dovrebbero fallire e i giornalisti rimasti senza lavoro dovrebbero creare dei media cooperativi e non-profit, senza pubblicità e con report primari".
La crisi finanziaria, sentita così profondamente in Grecia, ha portato i giovani greci a lavorare senza stipendio e oltre l'orario, per una quantità di ore ingiustificabile o a fare un secondo lavoro per sopravvivere. Non gli resta molto tempo per il resto. Guardare i telegiornali non è tra le loro priorità soprattutto da quando, secondo loro, questi si limitano a ripetere l'abiezione della società attuale e a perpetuare ciò per cui la situazione è diventata così cupa.
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Translated from Greek youth: When Facebook trumps traditional media