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Giacomo Lariccia, il cantautore emigrante che guarda Sempre Avanti 

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Cultura

Intervista a Giacomo Lariccia, cantautore italiano "emigrante", da 14 anni a Bruxelles, fresco della pubblicazione del terzo album Sempre Avanti

Più che cantautore in esilio, Giacomo Lariccia preferisce definirsi "emigrante". E del resto nel suo sito la biografia è scritta in tre lingue: dopo l’italiano, il francese e il fiammingo. Perché la storia dell'artista romano è il percorso di una generazione partita in cerca del futuro con una valigia carica di speranze. Sospeso tra due paesi, l’Italia natia e il Belgio, è stato stregato da Bruxelles, quella città “di tutti e di nessuno” punto d’incontro di culture diverse. Finalista e secondo classificato al premio Tenco per la miglior canzone, con il singolo Sessanta Sacchi di Carbone tratta dal terzo album Sempre Avanti, si racconta e la nostra chiacchierata diventa un’occasione per andare oltre la musica e parlare della gioia di vivere, dell’emigrazione italiana, delle inquietudini e speranze di una generazione partita lontano alla ricerca del futuro, con un velo di ottimismo che porta, appunto, sempre avanti. 

Vivi in Belgio da 14 anni, ti consideri un cantautore in esilio?

In “esilio”? (ride). Non mi considero né in esilio, né in fuga, ma nella condizione di molti giovani che vivono nel paese in cui non sono nati. Sono un emigrante. Siamo tutti migranti, nonostante siamo partiti con il laptop sotto il braccio e non con la valigia di cartone. Dal punto di vista umano mi trovo benissimo qui, una città che ho amato sin da subito. Mi sono trasferito nel 2000 per frequentare il conservatorio per pochi mesi e poi, tra una cosa e l’altra, sono rimasto 14 anni.

Com'è la vita del cantautore all'estero, c’è spazio per la musica italiana?

La vita qui è una continua scoperta. Siamo con un piede in due staffe. Parlo al plurale perché mi riferisco al mio amico e produttore Marco Locurcio. Cerchiamo di fare della promozione in Italia, ma dall’altra parte suoniamo anche tra Belgio e Francia e questa è un’altra sfida. In molti mi chiedono che spazio ci sia per la musica italiana e come venga accolta. Lo spazio di per sé non c'é, bisogna crearselo ed io lavoro anche per questo.

Andando dritti all’album, colpisce la canzone Bruxelles, meta sempre più frequentata da giovani italiani in cerca di fortuna. Com’è nata questa canzone? C’è qualcosa di autobiografico?

Dedicare una canzone a Bruxelles mi sembrava obbligatorio. L’esperienza è anche quella che ho vissuto in questi 14 anni, perché quando sono arrivato ero alla ricerca del futuro e non sapevo bene in che direzione andare, così sono venuto qui per costruirlo. Si tratta sicuramente di una situazione nella quale tanti altri si possono rispecchiare, perché il futuro si costruisce con tante piccole scelte, ma anche con sacrifici e rinunce e persino con qualche discesa. Amo Bruxelles forse proprio perché è la capitale di un piccolo paese dove vengono accolte le proposte culturali non belghe. Quando pubblicai il primo album da chitarrista jazz, ricordo che "Le Soir" cultura mi dedicò la prima pagina... 

Sessanta Sacchi di Carbone... Come mai hai deciso di dedicare un pezzo ad una vicenda storica così importante ma così lontana nel tempo come la tragedia di Marcinelle?

Sessanta Sacchi di Carbone affronta il patto del carbone. L'Italia e il Belgio si accordarono e decisero di scambiarsi uomini che venivano dall'Italia e andavano in Belgio contro carbone che proveniva dal Belgio e arrivava in Italia. Un patto che umiliava molto le persone che si sentivano, in qualche modo, il contenuto dell'accordo, vendute per un mucchio di carbone, la misura della vita umana. La vecchia emigrazione italiana in Belgio mi interessa molto perché sono storie di cui dobbiamo essere orgogliosi e perché ha concimato in qualche modo la cultura, la politica e gli ambienti di lavoro. Del resto l'ex primo ministro Elio di Rupo (di origini abruzzesi ndr), non tradisce le sue origini...

Sessanta Sacchi di Carbone 

A proposito d'italianità. Cosa dire della « campagna su internet » contro l'uso del « piuttosto che » in forma disgiuntiva, come l'omonima canzone nell'album? Fai parte di coloro che pensano che la lingua italiana si sia impoverita ?

Mi sono divertito molto, ma la grammatica non è che lo spunto per parlare dell'Italia e degli italiani. Ho postato quest’immagine chiedendo il sostegno e la partecipazione al videoclip. Poi l’Accademia della Crusca l’ha ripreso, un giornale ha scritto un articolo condiviso circa 30mila volte su facebook e per un paio di giorni è stato un fenomeno virale. Stiamo continuando con la realizzazione del videoclip montando tutti i contributi ricevuti da coloro che non sopportano questo utilizzo di "piuttosto che" in forma disgiuntiva. È un divertissement, ma non troppo, perché è vero che la lingua cambia, ma ci si può pure opporre a questo cambiamento (ride).

Quali sono i tuoi modelli musicali?

Ho preso tanto da tanti. La musica mi fa vivere bene e meglio da tempo. Da diverse settimane non riesco a smettere di ascoltare il nuovo disco di Damien Rice (My Favourite Faded Fantasy ndr). Mi ha stregato, ma non so dirti quanto influirà sulla mia musica. Probabilmente lo farà, come lo sta facendo con la mia vita. Un altro disco che mi piacque molto è Ecco di Niccolò Fabi. E penso di ci sia una traccia di lui in Sempre Avanti. Un disco molto intenso, sentito e ben proposto, senza mai essere banale… Ecco, questa è una cosa che ho cercato di riproporre. Il fatto di essere densi, senza mai cadere nel didascalismo e allo stesso tempo riuscire ad essere piacevoli, leggeri, in modo da poter regalare momenti di distensione.

Un po' come Il Primo Capello Bianco

La canzone non ha nessuna pretesa d’intellettualità, vuole essere un pezzo di leggerezza. Tuttavia c’è un pensiero di fondo. Ci si riferisce a chi non riesce ad accettare i segni del tempo e a gustarsi la propria età o il momento in cui vive. Trovo che ci sia un limite grosso in questo e che sia invece molto bello godersi la vita in qualsiasi istante. Io ho quasi 40 anni e mi li sto godendo tutti, ho una famiglia, ho dei figli... Fingere di rimanere a vent'anni sarebbe abbastanza triste. 

Il Primo Capello Bianco 

Parliamo invece del Premio Tenco. Che cosa si prova ad essere finalisti?  

In verità ero già arrivato nella famosa cinquina nella categoria "migliori opere prime" con Colpo di Sole, il mio secondo disco. Ma quest'anno sono stato letteralmente "sconvolto" perché sono arrivato secondo e non gareggiavo per le migliori opere prime ma per la miglior canzone in assoluto (Sessanta Sacchi di Carbone ndr.) con artisti affermati e importanti. Sono arrivato ad un passo dal primo posto, secondo per un solo voto. Questo non lo sa nessuno ma io sono molto orgoglioso. 

A proposito di aneddoti, come componi le canzoni e scrivi i testi? 

Di solito parto da un'idea di base, la voglia di parlare di qualcosa. E questo deve essere chiaro nella mia mente sin da subito. È difficile che mi metta a scrivere ed esca fuori una canzone coerente. Per cui cerco di avere delle idee chiare e poi arrivare ad un pezzo. A volte si può arrivare all'idea attraverso una frase, una parola, uno stimolo, che di solito non sono canzoni degli altri. Non riesco proprio a copiare la struttura della scrittura di qualcun altro. Tuttavia ci sono delle cose nella vita di tutti giorni che mi fanno di dire "aspetta questa me la segno". Allora ho un blocchetto nel quale scrivo qualche parola, qualche frase, qualche racconto e da lì può maturare qualche settimana, qualche mese o anche qualche anno. 

Perché Sempre Avanti?

All’inizio si trattava semplicemente di raccolta fondi, perché anche questo disco è stato prodotto da un centinaio di persone. Alla fine, quando il disco era completo, era venuto fuori un pezzo intitolato Sempre Avanti, così ho deciso che meglio di così non si potesse chiamare. In un periodo in cui la discografia si trova in crisi nera, per fare un nuovo disco ci vuole molto coraggio, voglia di mettersi in gioco e sfidare il futuro. Sempre avanti perché indietro non si può andare.