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Giacca, cappello e violino: la musica in viaggio dei Guappecarto'

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Cultura

Quando pensi al viaggio, pensi alla musica e, anche se ancora non lo sai, stai pensando ai Guappecarto’. Musici girovaghi, grands vivants, ma soprattutto “guappi di cartone”, cinque mariuoli fasulli - bulli fuori e amabili cialtroni dentro - che fanno del loro nome un mantra di autoironia.

Espatriati in Francia da qualche anno, i guappi creano sonorità proprie, in un connubio di melodie dell’est e ritmi mediterranei: un inedito ibrido che ha il sapore del mare. CafeBabel li incontra al Marcovaldo, il riparo italofono preferito da tutti i nostri connazionali esuli nella Ville Lumière.

cafébabel: Prima di tutto, perché Guappecarto’?

Perché siamo guappi sì, ma solo in apparenza. Guappo è una parola che deriva dallo spagnolo, vuol dire “bello”, ma in italiano ha preso una definizione diversa: colui che fa paura, l’affiliato alla mafia. Il peggiore insulto per queste persone è dire che sono di “cartone”. La nostra apparenza è quella di guappi, con tanto di giacca e cappello da mariuoli. La gente si spaventa, poi ci sente parlare, e cantare, e capisce che siamo di cartone.

cafébabel: Allora chi siete, da dove venite, com’è avvenuto il vostro incontro?

Malamente, Frank e il contrabbassista dell’epoca si sono incontrati in una scuola di liuteria a Gubbio. Dopo pochi mesi mi sono unito anch’io come fisarmonicista, anche se in origine ero un tamburellista.Siamo partiti da Perugia nel 2004 grazie alla nostra mamma artistica, Madeleine Fischer, che ci ha accolto nel suo paradiso musicale: un casolare tra Gubbio e Perugia. Da questa esperienza abbiamo capito due cose: uno è che malgrado ci mancasse un po’ la tecnica, avevamo una comune affinità... 

cafébabel: …E la seconda?

La seconda è che non volevamo cantanti: solo la musica. È stata un’unione di intenzioni e di scopi. Nel 2007 siamo rimasti in tre e oggi abbiamo raggiunto la nostra formazione con un nuovo contrabbassista e un percussionista. 

cafébabel: E dopo Perugia ci sono state Parigi e la Francia. 

È stato tutto puramente casuale. Nell’agosto del 2005 abbiamo iniziato una traversata musicante verso nord. Ci fermavamo solo per fare benzina con i soldi del cappello e così siamo arrivati fin qua a Parigi.

cafébabel: Le vostre sonorità sono un sapiente mix di Jazz e suoni ripresi dalla tradizione folkloristica tzigana. Quali sono le influenze da entrambi i fronti?

Le influenze sono tantissime... ma mai troppe. Ognuno di noi viene da un’esperienza musicale diversa e cerca di dare il suo contributo. Io a 16 anni suonavo metal. Malamente era punk-rock, Frank era blues, molto blues, ma anche reggae. Il percussionista, 'O Professore è il più hippy e folk: è progressivo.

cafébabel: La vostra musica viene anche definita "tzigana"…

Non è proprio così. La musica zingara ha codici precisi che non ci appartengono. La nostra è fatta di influenze eterogenee. Anche il jazz per noi è una delle tante contaminazioni, ma che non dà vita ad improvvisazioni. Tutta la nostra musica viene da un lavoro meticoloso di studio. Ci mettiamo in cerchio e cerchiamo di buttare giù quello che canticchiamo.

cafébabel: Ed è una musica improvvisata?

Durante la creazione sì, ma non nel concerto. È una nostra scelta stilistica. Abbiamo dovuto imparare a suonare come Guappecarto’. Ci siamo evoluti anche sull’aspetto compositivo. Tutto è voluto, pensato e discusso … e litigato. 

cafébabel: Se non siete tzigani, perché la parola "zingaro"? 

È un concetto legato al viaggio, a una sensazione di libertà. Non abbiamo nulla a che vedere con la musica balcanica, zingara, se non qualche sonorità legata al violino. La nostra è una sfida. Sono otto anni che cerchiamo di spiegare alle persone che la nostra non è musica tzigana. Anche se ci siamo un po’ arresi perché abbiamo bisogno di definizioni. Sennò ci perdiamo. 

cafébabel: Adesso siete in tour?

Abbiamo attraversato la Germania, la Francia, siamo passati in Spagna e poi in Portogallo. Il prezzo del nostro CD segue la crisi, il Pil e lo spread: dai 15 euro della Germania ai 10 in Francia e i 5 in Portogallo e Italia. Il mercato non è unico.…

cafébabel: E in Italia tornate spesso? 

Oggi si arriva al pubblico senza intermediari, direttamente in strada, come si faceva una volta

Sì, ma stiamo perdendo la voglia di organizzare concerti. Anche con le raccomandazioni, e gli amici che organizzano grossi festival nella mia regione, la Basilicata. Non ti dicono “no”. Magari! Ti lasciano in sospeso. “... ‘Mo vediamo... è sicuro, ma non sappiamo il budget. Voi, quanto volete?”. È triste, perché i Guappecarto’ amano suonare nella loro terra natale. 

cafébabel: Qua a Parigi, immagino che incontriate tantissimi italiani?

La colonia è vasta. Noi abbiamo la fortuna di accompagnare un grande italiano a Parigi, Tonino Cavallo, qui da 35 anni, che fa musica popolare. Ci piace. Lo fa in maniera grezza, com’era una volta. Con lui ci siamo trovati a suonare per gli immigrati di seconda generazione tra la Francia e il Belgio. Sono loro i più attaccati all’idea dell’Italia. Con loro non ci si deve permettere neanche una critica all’Italia di oggi… meglio limitarsi a suonare una tarantella…

cafébabel: Progetti per il futuro?

Fra qualche giorno, uscirà il nostro primo album ufficiale con la nuova formazione. Ma ultimamente abbiamo scoperto nuove realtà: uno spettacolo teatrale intorno al concerto e all’album. E poi la formula del ballo.

cafébabel: Che va molto qui a Parigi…

Va anche troppo. Però diffidate delle imitazioni. L’idea è quella di cambiare la formula del concerto canonico. Vogliamo creare un evento di almeno 12 ore di musica, che comprenda l’occupazione di spazi vuoti, senza palco.

cafébabel: Vi siete incontrati per strada, così facendo ritornate un po’ alle origini?

Anche, sì. Siamo in un momento di transizione. Il modello classico di produzione musicale non è più valido oggi. Si può arrivare direttamente al pubblico senza intermediari: il gruppo investe nella produzione di un album, di brani e poi porta tutto questo direttamente in strada, come si faceva una volta …e funziona!

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Foto: copertina e nel testo (cc) Giacomo Rosso. Video: © TheGuappecarto/YouTube