Generation What?: i giovani europei davanti allo specchio (1/2)
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Riccardo Santini«Siete la generazione più istruita che il mondo abbia mai conosciuto, è assolutamente necessario che emergiate come forza e fattore di dinamicità». I creatori dell’operazione "Generation What?" offrono ai giovani i mezzi per disegnare il proprio ritratto. Una gigantesca introspezione comparativa per conoscersi meglio e finalmente costruire un collettivo che agisca.
«Sì». Già quasi 10 milioni di risposte, più di 250mila persone che hanno risposto, 12 paesi diffusori in Europa e una versione internazionale per tutti gli altri. Dal 15 aprile l’inchiesta "Generation What?" si è impadronita della rete, con lo scopo di rispondere al "bisogno collettivo" dei cittadini europei disseminati nel continente. Abbiamo fatto quattro chiacchere con Christophe Nick, fondatore della società di produzione co-creatrice del progetto.
cafébabel: Qual è l’idea di fondo, da dove nasce questo forte impulso?
Christophe Nick: Sono ormai 15 anni che lavoro alla raccolta di documentari che si focalizzano sulle grandi fratture della società francese. All’inizio degli anni 2000 ho realizzato una serie sulla violenza ordinaria. Abbiamo poi continuato a scavare a fondo, analizzando il sistema educativo e in seguito ci siamo concentrati sul lavoro. Nel 2010, in piena crisi economica, è apparso evidente che la frattura più profonda restava quella che imbavagliava i giovani. Ci siamo quindi voluti concentrare, per la nostra quarta ricerca, sulla nuova generazione. Ma non ci siamo limitati ai nostri soliti documentari, abbiamo cercato di far partecipare i giovani stessi. Se la televisione fa il ritratto di una generazione, il web poteva veramente far sì che i giovani facessero il proprio stesso ritratto. Dopo mesi e mesi di lavoro ci siamo imbarcati in questa operazione in Francia e abbiamo visto che ha avuto un successo enorme. Abbiamo quindi voluto ripeterlo a livello europeo, cercando di vedere se la crisi che viviamo in Francia riguarda solo noi o se è percepita anche altrove, e in che modo. E non ci fermeremo qua. Vogliamo anche allargarci al mondo arabo, siamo stati contattati dai giapponesi, e anche dagli Stati Uniti nell’ambito delle prossime elezioni. Potrebbe diventare un'iniziativa a livello mondiale.
cafébabel: Vi aspettavate un successo di questa portata?
Christophe Nick: Non a questo livello. È assolutamente incredibile, perché il ritmo è più veloce di quello francese, che già avevamo trovato eccezionale. C’è qualcosa che si impadronisce della rete, anche nei paesi poco connessi, come la maggior parte dei paesi dell’est Europa o dei Balcani. Funziona a meraviglia, abbiamo addirittura un grande traffico da parte degli Stati Uniti. Il Massachusetts Institute of Technology (MIT) incoraggia tutti a parteciparvi. Certo, ci sono delle domande sull’Europa su cui non hanno ovviamente niente da dire, ma per il resto tutto ciò è sbalorditivo.
cafébabel: Cosa vi motivava di più durante la realizzazione di questa piattaforma?
Christophe Nick: La cosa più difficile è stata far partecipare e collaborare assieme canali di diffusione diversi provenienti da diversi paesi, perché di solito essi vanno nel panico quando si viene a parlare di giovani. Questo sostanzialmente perché il fatto che i giovani non li guardino più li angoscia. Abbiamo detto loro che «è ora di mandare i giovani in onda e sui vostri siti». Di questo sono sì abbastanza convinti, ma è anche qualcosa che li terrorizza allo stesso tempo. È il segno rivelatore della crisi dell’Europa nel suo senso più ampio. Quando guardiamo la televisione è evidente, quello che ne viene fuori è: «Ci piacerebbe, ma non sappiamo più parlare ai giovani o lasciare loro dello spazio». La nostra missione è stata convincerli a dare uno spazio ai giovani senza coprirli, ad ascoltarli, a lasciare che parlassero e a dire loro di aprire la bocca e prendere il potere. E per loro è stato come ricevere uno schiaffo.
cafébabel: Pensate che permettendoci di "aprire la bocca" quest’operazione avrà un vero impatto a livello politico?
Christophe Nick: È possibile. Prima di tutto, se tutto ciò continua a questa velocità, da qui a 15 giorni ci sarà più di un milione di giovani europei che avranno detto la loro, ed è una voce di un certo peso. Poi, quando rispondi al questionario, hai voglia di farlo con i tuoi amici. E insieme potete mettervi a discuterne e a prendere consapevolezza che non siamo una somma di individui ma un vero collettivo che viene ignorato. E questa è la cosa più importante per poter avere un peso nella vita sociale in generale. Inoltre ci si pone talmente tante domande che si è pronti a consultare la rete in maniera più qualitativa, dove ci viene chiesto di fare delle proposte. Bisogna estendere il progetto a delle proposte di azione, a delle riforme o a delle leggi. E all’improvviso tutto può trasformarsi in una serie di rivendicazioni concrete. Più nel profondo la base è l’idea di aiutare i giovani a prendere consapevolezza del fatto che in questo momento il limite che impedisce loro di integrarsi a pieno titolo nella società va oltrepassato, e tocca a loro farlo! "Generation What?" è uno strumento a vostra disposizione per poter essere ascoltati. L’assenza dei giovani nelle decisioni danneggia tutta l’Europa, è una responsabilità generazionale, è assolutamente tempo che vi muoviate e che prendiate il vostro posto!
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L’operazione è accessibile a tutti i giovani? In che modo sono state scelte le domande? Il digitale è la nuova arma di protesta? Qui la seconda parte di questa intervista.
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Pubblicato dalla redazione locale di cafébabel Bruxelles.
Translated from Génération What? : le premier portrait de la jeunesse européenne (1/2)