Galeotto fu il teatro: recitare dietro le sbarre
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Il migliore degli attori s’immedesima, si fonde col personaggio da interpretare. Il migliore degli attori recita come se in scena ci fosse nato. Se la pièce è ambientata in una prigione, l’attore si sottopone ad un processo di empatia particolare. Se l’attore è un ergastolano, è lo spettatore a vivere un’esperienza unica.
Nel 1988, ventidue anni fa, sarà sembrata proprio un’utopia coinvolgere un gruppo di galeotti, rinchiusi in un carcere di massima sicurezza, in un progetto teatrale: molti di loro erano analfabeti e condannati all’ergastolo.. Eppure qualcuno ci ha pensato, qualcuno ci ha creduto,e in tanti hanno assistito ai risultati. È così che è nata la Compagnia della Fortezza all’interno del carcere di Volterra, in Italia.
Una tournée carceraria
Il progetto del Laboratorio Teatrale nel Carcere di Volterra nasce nell'agosto del 1988 a cura dell'associazione Carte Blanche, sotto la direzione di Armando Punzo. Da allora sono stati messi in scena tanto testi di teatro contemporaneo quanto testi di teatro classico: da “La gatta Cenerentola” fino al recente “Alice nel paese delle meraviglie – Saggio sulla fine di una civiltà”, dall’ “Orlando Furioso” ad “I Pescecani, ovvero cosa resta di Bertolt Brecht”, senza dimenticare quello che è diventato il cavallo di battaglia della compagnia, il “Marat Sade”.
«Semplicemente io non vedevo un carcere – dichiara Armando Punzo, mentre ci racconta la nascita di questo progetto - io vedevo un teatro tra le sbarre. Il mio sguardo non si fermava alle recinzioni. Io, nei detenuti ho iniziato a vedere qualità, potenzialità che normalmente non sono palesi. È per questo che loro hanno creduto in me e nel mio progetto, e così abbiamo iniziato a lavorare assieme ottenendo risultati straordinari». Tournée in tutta Italia secondo l’Ordinamento Penitenziario, rappresentazione degli spettacoli aperte al pubblico all’interno del carcere, attività di formazione che oggi coinvolgono una cinquantina tra attori, tecnici e macchinisti. All’interno di una prigione, i detenuti hanno scoperto il fascino del palco, perché su un palco «hanno avuto l’opportunità di guardare dentro sé stessi, occupandosi di problemi culturali e filosofici che difficilmente avrebbero affrontato fuori; – continua il regista - il teatro rappresenta per chiunque, detenuto o incensurato, una ricchezza di esperienze di vita profonda».
Esperimenti di reinserzione
Il Carcere di Volterra è diventato, così, un teatro stabile a tutti gli effetti. Per il ventennale sono stati aperti e resi visibili tutti gli spazi che in vent'anni di storia hanno ospitato le attività teatrali. È diventato uno spazio professionale in un ambiente atipico, fatto da persone che professionisti non sono. «Ma è proprio con i non professionisti che volevo lavorare», ribadisce Punzo.
L’esperimento pian piano è diventato un seme di rivoluzione culturale, proprio laddove la cultura sembra non dovervi entrare: nel 2000 è stato firmato un protocollo d'intesa per l'istituzione del "Centro Nazionale Teatro e Carcere" tra il Ministero della Giustizia, dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, la Regione Toscana, la Provincia di Pisa, il Comune di Volterra e l'Ente Teatrale Italiano. Nel 2001 il Ministero dello Spettacolo ha riconosciuto a Carte Blanche il Progetto Speciale per il lavoro della Compagnia della Fortezza.
Volterra come esempio
Quello di Volterra è un carcere famoso non solo per il suo passato ma anche per il suo presente: l’esperimento che potremmo definire di “drama therapy” ha avuto un tale successo a Volterra, da esser stato esportato addirittura nel carcere di Roumieh, a Beirut, novità assoluta per un carcere del mondo arabo.
Volterra è il luogo in cui sono stati rinchiusi gli anarchici alla fine dell'Ottocento, è il carcere duro dove venivano mandati per punizione i detenuti in lotta alla fine degli anni Sessanta e fino all'istituzione delle carceri di massima sicurezza nel 1977. Questo è il luogo in cui oggi, i colpevoli di parricidio possono diventare dei Marchese de Sade, e gli ergastolani possono denunciare i "Pescecani" che, fuori dalla fortezza, rimangono.
Foto: Compagnia della Fortezza